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thich nhat hanh

Bilanciare e coltivare

03/07/2023 by nicoletta cinotti

Ho passato dei giorni molto intensi. Essere immersa nel contesto di Casa Cares per l’intensivo residenziale di Mindful Self-compassion è stato bellissimo e sfidante e spesso questi due aspetti sono intrecciati tra di loro. Come diceva Rilke, le nostre parti non amate sono draghi e mostri che aspettano di trasformarsi grazie alla luce dell’affetto. Quando ne diventiamo consapevoli la loro apparizione può fare paura perché rivelano il lato oscuro del non amore.

Quando il nostro affetto incontra queste parti non amate, la trasformazione che si verifica ha qualcosa di magico che può far pensare che sia un piccolo miracolo. In realtà quel miracolo è coltivato dalla pratica e dalla ripetizione che la pratica offre. Bisogna avere fiducia, pazienza e sospendere il giudizio perché l’inizio del cambiamento può sembrare difficile. Come diceva Thich Nhat Hanh non c’è loto senza il fango. Il momento in cui tocchiamo il fango possiamo perdere le speranza, la fiducia, Possiamo cercare la via breve della fuga. Quello è il momento in cui bilanciare gioia e dolore per non essere travolti dal ritorno di fiamma che è il dolore che abbiamo rinchiuso nel cuore e che esce nel momento in cui ci apriamo. Se continuiamo a coltivare senza fretta i frutti di quella fiducia maturano.

Quando siamo arrivati a Casa Cares c’era un fiore di loto nella giara vicino alla casa. Quando siamo partiti ce n’erano due e un altro sta per sbocciare, come puoi vedere nella foto. La nostra vita è così: ci ricorda che il fango è fertile e che il tempo fa maturare i fiori che vengono coltivati.

“La felicità è impermanente, come ogni altra cosa; per prolungare e rinnovare la felicità devi imparare ad alimentarla. Niente può sopravvivere senza cibo, neanche la felicità; la tua felicità può morire se non la sai alimentare.” Trasformare la sofferenza by Thich Nhat Hanh

Pratica di mindfulness: Incontrare le difficoltà

© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful Self-compassion

Archiviato in:Mindful Self Compassion, mindfulness, mindfulness continuum Contrassegnato con: trasformare la sofferenza, mindful bioenergetics, mindfulness trauma sensitive, mindful self-compassion, programma di mindful self-compassion, thich nhat hanh

Il dono del silenzio

29/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

La vita è piena di meraviglie, compresi suoni magnifici. Se riesci ad essere qui, se riesci a essere libero, allora puoi essere felice proprio qui e ora. Non devi più correre.

La pratica della consapevolezza è molto semplice

Ti fermi respiri e immobilizzi la mente

Torna a te stesso

in modo da poter assaporare il qui e ora

in ogni istante

Tutte le meraviglie della vita sono già qui. Ti stanno chiamando. Se riesci ad ascoltarle potrai smettere di correre. Quello che ti serve, che serve a tutti noi, è il silenzio. Ferma il rumore della tua mente in modo che i magnifici suoni della vita vengano uditi. A quel punto puoi cominciare a vivere la tua vita in maniera autentica e profonda. Thich Nhat Hanh

© wwwnicolettacinotti.net Dalla rubrica “Addomesticare pensieri selvatici”

Archiviato in:Addomesticare pensieri selvatici, mindfulness continuum Contrassegnato con: Bioenergetica e Mindfulness Centro Studi, blog nicoletta cinotti, consapevolezza, meditazione di consapevolezza, mente, mindfulness, pensieri, protocolli mindfulness, protocollo mbsr, protocollo mbsr chiavari, protocollo mbsr genova, silenzio, thich nhat hanh

Liberarsi dalla stagnazione

11/12/2022 by nicoletta cinotti

Questo periodo ci chiede tempo

[box] Vigilare è la capacità di ritornare a prendersi il tempo necessario per aver cura della qualità non puramente clinica e commerciale della vita. Carlo Maria Martini[/box]

Dicembre sembra essere il mese in cui il tempo si accorcia e non solo perchè si riducono le ore di luce. Le ore di lavoro aumentano in vista delle prossime vacanze. Gli impegni extra-lavorativi crescono, sempre per la stessa ragione. È il momento dell’anno in cui ho più chiara la limitatezza del tempo. Non credo che capiti solo a me. In più, come se non bastasse, ci sono un sacco di cose da organizzare: acquisti natalizi, menù, regali. Insomma se pianificare è qualcosa che dà a sensazione di avere poco tempo rispetto a tutto quello che dobbiamo fare, durante questo periodo di attesa possiamo arrivare a sentire che  di tempo proprio non ne abbiamo.

Se sentirci padroni del tempo dà un’illusione di potenza, il fatto che svanisca così facilmente tra le mani finisce per darci una sorta di pacata impotenza. La sensazione di essere persi in partenza. Così non ho trovato di meglio da fare, per riprendere tempo che semplificare. Semplificare la lista delle cose da fare lasciando quelle davvero essenziali. Semplificare mi ha fatto un regalo: mi sono accorta di quanta stagnazione appesantiva la mia vita.

Semplificare il menù, semplificare i regali. Sostituire qualche regalo con del tempo passato insieme a chiacchierare.  Una cosa però che mi ha restituito tempo è stato mettere mano alla stagnazione: cose lasciate immobili, un po’ abbandonate e  molto dimenticate. Oggetti, progetti, aspetti a cui dedicare attenzione e che invece ho lasciato impolverare dal tempo e dalla distrazione. Come se aspettassero qualcosa e visto che questo è il tempo dell’attesa ho voglia di dare a questa stagnazione un po’ di movimento.

La solitudine della stagnazione

È strano ma associo la stagnazione alla solitudine. Forse mi ricordo di qualche vecchio film da bambini in cui i giocattoli non più usati si sentono soli. Forse considero la stagnazione una sorta di abbandono di parti di noi che suscitano imbarazzo o che non vogliamo guardare. La solitudine non è una esperienza rara: è l’esperienza che ci permette di definirci e, in questo senso, è necessaria e positiva. L’abbandono non lo è: non è positivo né creativo. È un modo per aggirare il lasciar andare e il dolore della fine. In realtà a Natale non abbiamo bisogno di sentirci buoni: abbiamo bisogno di non sentirci soli e di sentirci liberi dalla polvere della stagnazione. Una polvere che si manifesta come noia. Anche la perfezione può essere noiosa perchè manca del senso della scoperta e della novità.

 

La perfezione e la delusione

Questo è il momento in cui possiamo essere tentati dalla perfezione. Dall’idea che le cose possano o debbano essere perfette: giuste, preparate, adatte. Aumentano le aspettative e quindi aumenta il rischio di delusione. Essere consapevoli della propria spinta perfezionistica e degli ideali che abbiamo sul il giorno di Natale può aiutarci a ridimensionare un po’ le cose. Un modo utile per non cadere nella trappola della perfezione.

Non lasciamoci condizionare dall’immagine patinata che ci viene offerta: la realtà è diversa. Forse, nella sua complessità, è anche più bella. Perchè è più autentica, ma non è patinata.

Mamma mia quanto cibo!

Qualsiasi festa è celebrata dal cibo e questa stagione è quasi dovunque una esaltazione del cibo. Cibo regalato, cibo comprato, cibo cucinato. Cibi esotici, cibi tipici. Cibo! Il cibo può essere anche un modo per aumentare la stagnazione e per compensare la noia della stagnazione perché correla con due aspetti: avidità e senso di colpa, ingredienti essenziali di ogni stagnazione.

A volte penso che il vero problema legato al cibo non sia tanto il sovrappeso – di cui solo alcuni sono colpiti – ma il senso di colpa che, invece, riguarda la maggioranza di noi. Salutisti in prima linea, che trasformano i pasti in un conteggio di colesterolo, trigliceridi, glicemia, in un misto di deprecazione per quello che mangiano gli altri e senso di colpa per quello che mangiano loro. C’è un bellissimo libro di Thich Nhat Hanh che consiglio Savor (Mangiare in consapevolezza) delizioso quanto un cibo prelibato. In alternativa – sul cibo non riesco a trattenermi – possiamo usare l’ABCDE

  • Attenzione: non mangiare senza accorgertene
  • Basta sentire il senso di sazietà perchè il cibo non faccia male
  • Continua a masticare prima di ingoiare
  • Degusta quello che mangi, per quanto semplice sia
  • Evita la distrazione: non usare il cibo come passatempo da fare insieme ad altre cose.

Potremmo usare l’ABCDE anche per la stagnazione, come antidoto a questa stasi:

Abbastanza: quello che eccede diventa stagnante

Basta così: riconoscere il limite nel dare e nel ricevere restituisce movimento

Creatività: quando la nostra vita è stagnante è perchè manca di creatività

Donare: quello che è stagnante per noi può essere utile per altri. Regalarlo lo rimette in circolazione

Esprimere: una parte rilevante di stagnazione è legata alle cose che non diciamo. Per paura o per compiacenza, poco importa: esprimere cambia il senso  e il significato delle cose.

La famiglia: che non sia il luogo della stagnazione

Il Natale è una festa familiare e, a dire la verità, non per tutti questa è una buona notizia. Riemergono vecchie tensioni, vecchie modalità di stare in relazione. Inoltre per molte famiglie la stagnazione è la regola: ti vedono sempre nello stesso modo, un modo di essere che non esiste più. Le famiglie possono aver paura degli aggiornamenti che testimoniano che il tempo passa e che le cose finiscono. Non è salutare mantenere troppa stabilità. Difficoltà e rancori possono tornare a galla. Ogni famiglia ha il suo modo di gestire le difficoltà. C’è chi preferisce l’indifferenza, parente stretta della stagnazione, chi esplode in un conflitto. Quanto più una famiglia è incapace di dare riconoscimento del cambiamento dei suoi membri, tanto più vira verso modi dis-funzionali di funzionamento.

Il segreto del Natale per me

Io a Natale cambio. È come se, dopo l’autunno in cui sto abbastanza in letargo, mi svegliassi con l’inizio dell’Avvento. Ogni anno è così. Faccio bilanci, cambio cose, mi riempio di ricordi, riflessioni. Verso lacrime : alcune di gioia e altre amare. Ogni anno il Natale mi ribalta. Vecchie memorie attivano nuove risorse: quest’anno il tema è liberarmi dalla stagnazione. Mi sono accorta che lascio delle cose stagnanti come se mi dovessi rassicurare che non cambierà nulla. Non è così e ho deciso di liberarmi dalla stagnazione. Vorrà dire buttar via qualcosa, scegliere cosa tenere ma soprattutto mettere insieme le mie due nature: il vecchio Bukowski e l’acuta Szymborska. Il vecchio Bukowski che abita in me è quella parte franca e diretta che mi fa dire la verità come se fossi sbronza anche quando sono sobria, anzi sobrissima visto che non bevo. Prende allegro il sopravvento e mette per un po’ in sordina Wislawa (Szymborska). Si stanno simpatici – gran fumatori entrambi anche se io non fumo – ma hanno caratteri diversi. Lui è la mia anima ribelle che ogni Natale torna, regalo spesso indesiderato quanto vitale e necessario. Lei è ironica e leggera e transita meglio la primavera. Lui, spesso, è un po’ dissacratorio, giusto per il piacere di scandalizzare. Poi arriva Gennaio e le cose tornano a posto. In modo diverso però perchè il Natale, per me, è la festa della creatività.

© Nicoletta Cinotti 2022

 

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L’insistenza e i segnali di stop

22/11/2022 by nicoletta cinotti 1 commento

Credo che siano poche le cose che garantiscono la salute della comunicazione. Una di questi è il rispetto dei limiti. Sapere riconoscere i segnali di stop è fondamentale perché si crei un campo condiviso di comunicazione. Sapere riconoscere quando l’altro ci dice di fermarsi non è banale perché spesso non viene comunicato esplicitamente. Magari per delicatezza viene fatto intuire.

Se siamo troppo focalizzati sui nostri bisogni, sulle nostre intenzioni è possibile che questi segnali vengano considerati modificabili. E più tentiamo di varcarli più perdiamo il nostro interlocutore. Non c’è domanda che abbia obbligo di risposta. Ci sono domande che hanno possibilità di risposta. La domanda però è sempre patrimonio di chi la pone e non obbligo di chi la riceve.

Accettare i limiti del nostro interlocutore è come accettare il vuoto, la pausa. Forse è per questo che lo temiamo tanto. Ma nessuna musica può essere solo suono. Senza silenzio perderemmo l’armonia e il ritmo.

Numerose coppie che stanno insieme da lungo tempo arrivano alla pratica della consapevolezza perché non riescono più a udirsi reciprocamente. A volte uno dei partner mi dice “Non serve. Lei non ascolta” oppure “Lui non cambierà mai.Parlargli è come parlare a un muro”. Ma può benissimo darsi che il partner che si lamenta sia quello che non ha lo spazio per ascoltare. Thich Nhat Hanh

Pratica di mindfulness: L’arte di perdere

© Nicoletta Cinotti 2022 Il Protocollo di Mindfulness interpersonale 

 

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Reclamare attenzione

22/10/2022 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Il non pensare è un’arte e, come ogni arte, richiede pazienza e pratica. Reclamare la tua attenzione e riconnettere mente e corpo anche per soli dieci respiri può rivelarsi molto arduo, all’inizio. Ma con la pratica continuata puoi reclamare la tua capacità di essere presente e imparare semplicemente a essere.

Trovare qualche minuto per rimanere seduto in silenzio è il modo più semplice per cominciare ad esercitarti ad abbandonare il tuo pensare consueto.Quando sei seduto tranquillamente puoi osservare come i tuoi pensieri irrompano rapidi, e puoi praticare il non rimuginarvi sopra ma lasciarli invece andare e venire mentre ti concentri sul tuo respiro e sul silenzio interiore.

Una mia conoscente decise che non avrebbe mai potuto meditare perché “non funzionava”, così le proposi di fare una passeggiata con me. Non la definii “meditazione camminata” ma passeggiammo lentamente e con consapevolezza, godendoci l’aria pura, la sensazione dei nostri piedi sul terreno e il semplice camminare insieme. Quando tornammo indietro aveva gli occhi brillanti e si sentiva rinvigorita e serena.

Se riesci a prenderti soltanto qualche minuto

per calmare il tuo corpo, i tuoi sentimenti e le tue percezioni in questo modo

la gioia diventa possibile.

La gioia della vera quiete diventa un quotidiano cibo risanatore.

Thich Nhat Hanh

© Nicoletta Cinotti 2022 Addomesticare pensieri selvatici

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Mettere insieme i pezzi

30/01/2018 by nicoletta cinotti 1 commento

Quando qualcosa non funziona – come raccontavo nel post di ieri – succedono cose tipiche. tendiamo ad essere abitudinari nelle risposte alle difficoltà. Una delle cose che succede – non solo quando finisce un amore ma anche quando abbiamo una difficoltà sul lavoro o una tensione familiare – è che tendiamo ad vedere “solo quello”

Ossia il nostro panorama interno risulta occupato dalla difficoltà e ci sembra di non avere che problemi. È un trucco della mente per costringerci a prendere sul serio la cosa. Non è però un trucco utile perchè ci separa dalla nostra forza e dalle nostre risorse. Avremmo bisogno di percorrere, piuttosto, la strada opposta. Come siamo nelle cose che funzionano? Possiamo fare qualcosa per connetterci all’energia che abbiamo in queste parti luminose della nostra vita?. Possiamo dare non solo profondità ma anche apertura al panorama della mente?

Io direi proprio di sì. Per farlo non abbiamo bisogno di molto: basta immergersi nelle sensazioni che sono legate alle parti che funzionano. Basta riconoscere la loro esistenza, sentirle nel corpo, lasciare che ci parlino. Permettere che entrino in comunicazione non giudicante con le nostre parti in difficoltà. Prenderci cura delle nostre difficoltà come farebbe un genitore con il proprio bambino, con pazienza e affetto.

Ricordarsi che ce l’abbiamo già fatta, che siamo già cresciuti, che abbiamo già superato molti ostacoli non è un esercizio narcisistico: significa vedere le due facce della stessa medaglia. Successo e fallimento non sono così distanti tra loro. Impariamo dai nostri errori e questo apprendimento costruisce il nostro successo. Il nostro successo non è statico e, prima o poi, incontrerà un punto di crescita e spesso apparirà come  momento di crisi.

Mettiamo insieme le due facce della stessa medaglia: quella medaglia è l’insieme di chi siamo.

È a causa della natura impermanente del dolore che possiamo trasformarlo. È a causa della natura impermanente della felicità che dobbiamo coltivarla. Thich Nhat Hanh

Pratica di mindfulness: Il panorama della mente

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione Foto di ©ol3loceano

 

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