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bioenergetica

Sto male (o bene) e non so perché!

28/05/2023 by master Lascia un commento

Quante volte ahi avuto la sensazione di stare male o di stare bene senza sapere il motivo. Il che è molto piacevole quando si stratta di stare bene ma davvero difficile quando si tratta di stare male e non sai davvero da che parte girarti. Fino ad anni molto recenti l’attenzione prevalente è stata per i processi espliciti, mentali, di regolazione emotiva, malgrado sapessimo che la regolazione delle emozioni opera spesso più a livello implicito che esplicito.
Negli ultimi dieci anni la regolazione implicita delle emozioni ha ricevuto una attenzione prevalente.

Cos’è la regolazione implicita delle emozioni

La regolazione implicita delle emozioni può essere definita come quel processo che opera senza una consapevolezza intenzionale o esplicita e ha lo scopo di modificare la qualità, intensità e durata della risposta emotiva. Può essere esplorata anche quando le persone non realizzano che sono coinvolti in una regolazione delle emozioni o quando non hanno l’intenzione consapevole di regolarle.
Infatti, malgrado sia spesso non intenzionale, la regolazione implicita delle emozioni, è sempre attiva, con lo scopo di confortare, ammorbidire o ridurre l’impatto delle emozioni che sperimentiamo.
La non intenzionalità è spesso ciò che distingue la regolazione esplicita – che invece è intenzionale – da quella implicita.  Per fare un esempio una delle strategie implicite più utilizzata è la strategia di evitamento che mettiamo in essere in modo molto automatico.

Non ci rendiamo conto che stiamo evitando, eppure lo facciamo anche quando, invece, vorremmo essere presenti.

Perché è importante la regolazione implicita delle emozioni?

Noi siamo continuamente sottoposti a stimoli emotivamente significativi – in alcuni momenti siamo addirittura bombardati dalle emozioni – e le emozioni che proviamo entrano nel tessuto della nostra vita quotidiana facilitando o interrompendo attività e compiti a volte vitali. Questa è essenzialmente la ragione per cui abbiamo strutturato una modalità implicita di regolazione emotiva: possiamo in questo modo “abbassare” o “regolare” il volume delle nostre emozioni mentre continuiamo a fare ciò che stiamo facendo. Non solo, le emozioni che emergono, contribuiscono al processo di valutazione delle situazioni che viviamo, ci permettono “di interpretare” le cose, dal nostro punto di vista. Un compito che viene svolto lasciando le emozioni sullo sfondo.
Il deliberato tentativo di cambiare questa modalità di valutazione non è destinato ad avere molto successo: non sappiamo bene perchè ma rimaniamo fedeli alla sensazione (spesso poco percepita) e in questo modo condizioniamo anche la nostra valutazione esplicita delle cose. In senso evolutivo possiamo addirittura dire che è la regolazione implicita delle emozioni che ha strutturato la nostra personalità, orientando in un senso o nell’altro sulla base delle emozioni più frequenti nella nostra esperienza di base

Cambiare…

…qualcosa di cui non siamo chiaramente consapevoli è praticamente impossibile e quindi ci ritroviamo a ripetere le stesse risposte, magari con la convinzione che siano gli stimoli esterni ad essere sempre uguali. Il punto è che la regolazione implicita delle emozioni dipende da una efficiente interazione mente-corpo. Se la regolazione esplicita delle emozioni può essere considerata una strategia cognitiva, le forme implicite di regolazione sono esperienze corporee, embodied come dicono gli anglosassoni. Per questa ragione un cambiamento nelle strategie di regolazione implicita è facilitato da una buona qualità di interazione mente-corpo.

Confini tra implicito ed esplicito

I confini tra la regolazione esplicita ed implicita sono “porosi” e non netti, per cui una variazione nelle modalità implicite di regolazione delle emozioni può comportare un cambiamento anche in quelle esplicite e viceversa ma rimane il fatto che il miglioramento delle interazioni mente-corpo – alla base di una migliore regolazione implicita delle proprie emozioni – necessita di esperienze corporee, ossia esperienze che siano percepite:

(1), con consapevolezza

(2), capaci di modificare il passaggio dall’impulso all’azione

(3) almeno per qualche volta.

Quello che poi incide in maniera trasformativa è che queste esperienze abbiano un profilo di ripetizione e continuità di stile. Nulla quindi cambia con una sola volta! In questo senso unire il lavoro corporeo alla pratica di mindfulness e di self-compassion è lavorare pienamente sulla regolazione implicita. È un modo per essere felici senza sapere bene perché.

Se poi saltiamo direttamente ad uno stato mentale positivo, senza preoccuparci di sapere prima perchè eravamo infelici, abbiamo fatto davvero una rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, silenziosa, gentile. Abbiamo disarmato gli ostacoli difensivi che ci impediscono di essere felici senza passare dalla strada del trauma. ti sembra poco? A me sembra la vera rivoluzione!

© Nicoletta Cinotti 2023

Mindful Self-Compassion: intensivo residenziale

 

Archiviato in:approfondimenti, esplora, gruppo, ritiro

Lasciar finire al momento giusto

19/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ho sempre pensato che essere riflessivi fosse un merito, una qualità in parte naturale e in parte coltivabile. Ma, come spesso accade, ogni cosa ha il rovescio della medaglia. E così, pochi giorni fa, mi sono apparse, in una lunga lista, come vestali sul proscenio, tutte le cose che non ho lasciato finire al momento giusto. Tutte quelle esperienze che ho fatto durare un po’ di più di quello che sarebbe stato naturale. Apparentemente le ho tenute in vita per non agire impulsivamente. Ma in realtà le ho trattenute per la convinzione che una cosa che mi piaceva non poteva finire.

Ho visto la fatica, la sottile insistenza, la fermezza, la determinazione che sta dietro il mio far durare tutto un momento in più. E ho capito che alla fine questo è il prolungare, oltre la sua fine naturale, qualcosa, solo perché mi piace. O perché spero che accadrà qualcosa che desidero. Non è essere riflessivi: è trattenere. Come se il ritmo dovesse essere scandito dal piacere e dal dispiacere e non da un processo più ampio della nostra sola vita.

Questa pretesa infantile mi ha accompagnato finora. La pretesa che quando qualcosa non mi piace scompaia e che, se mi piace, duri più a lungo possibile.

Mi ha sorpreso quanto bene l’avevo nascosta nelle pieghe della mia riflessività. La verità della consapevolezza però agisce davvero con sottile eleganza e alla fine vince, rendendoci liberi: non mi illudo che non tratterrò più per la gonna mia mamma (metaforicamente) ma almeno mi sarà più semplice esserne consapevole.  E aprirmi come gli occhi al risveglio, occhi che ancora non sanno cosa vedranno nel giorno.

(La consapevolezza è) Una ladra che porterà via tutto ciò a cui abbiamo sempre tenuto, tutte le nostre credenze, tutte le nostre idee, tutte le nostre filosofie, finché non rimarrà altro che la sua brillante. John Astin

Pratica del giorno: La classe del mattino

© Nicoletta Cinotti  2023 Il programma di Mindful self-compassion online

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Un impegno serio con me stessa

10/05/2023 by nicoletta cinotti

Sono tornata dal ritiro monastico che ho fatto in queste settimane. I post che hai ricevuto erano stati scritti prima perché in un ritiro monastico non c’è nessun contatto con il mondo esterno ma solo con la piccola comunità di monaci in cui sei e con il mondo interno.

Guardare in modo così totale al proprio mondo interiore è un vero e proprio viaggio. Trovi luoghi inesplorati, cumuli di spazzatura, e luoghi di grande bellezza. Ma, soprattutto, ti perdi, quel senso di te che ti fa dire Io, me, mio svanisce gradualmente e ti lascia libera di essere davvero te stessa. Forse potresti pensare che è spaventoso o che assomiglia alla pazzia. Invece no: è uno stato mentale salutare che è la salute stessa.

È stato intenso fare un ritiro monastico. È un periodo in cui accetti di rinunciare a tutto (anche ai capelli) per dedicarti ad una pratica intensiva di meditazione. Rinunci a truccarti, ad abbellirti e ogni cosa comune viene fatta in fila, per ordine d’età. Ho scoperto così che ero al quarto posto e ogni giorno facevo i conti con un dato, quello dell’età. Un dato che tendo a dimenticarmi: mi sento dentro con un’età variabile che va dai 5 anni ai 40. Mai di più. Non è per vanità, infatti non mi sento mai giovane o adolescente. Mi manca il tratto dai 16 ai 30: anni che sono stati molto difficili per me. Proprio non riesco a pensare di avere 64 anni nemmeno quando mi guardo allo specchio. Rimane una constatazione razionale. In questo ritiro è stata una considerazione fattuale. Prima di me c’erano tre uomini che giudicavo “anziani” e che mi davano uno specchio di quello che potrebbe avvenire, anche a me.

Desideravo farlo da quando ero bambina. Forse ti sembrerà strano ma ricordo benissimo che, a quattro anni, con estrema serietà l’ho detto in risposta alla domanda, “Cosa vuoi fare da grande?”. Ho risposto, “non mi sposerò mai e diventerò suora”. Ecco, una monaca rinuncia, temporaneamente, anche al proprio matrimonio e anche alla sessualità fuori dal matrimonio. Rinuncia per non alimentare la macchina del desiderio, una macchina che ci dà velocità ma anche guai.

La domanda, “cosa farai da grande” implicava la condizione di “essere grande”. Una condizione che non ho raggiunto con l’età adulta. L’ho raggiunta adesso. Adesso ero abbastanza grande da poter rinunciare a tutto e ho trovato che in questo c’era una grande ricchezza. Forse adesso ero abbastanza grande per farlo e l’ho fatto. E credo che non sarà l’ultima volta che lo faccio, ma solo la prima.

Venerdì condurrò io un ritiro sulla crescita e sul cambiamento: mai preparazione è stata più appropriata.

Con Metta e Mudita

Nicoletta alias Sumanadevi

© Nicoletta Cinotti 2023

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La crescita e le storie del leader negativo

20/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molto spesso ci sembra che le nostre difficoltà siano in relazione a un tratto del nostro carattere, ad un aspetto del nostro muoverci nel mondo. Il ripetersi di alcuni fatti, l’emergere di tensioni della stessa natura ci fanno pensare che il problema non sia il mondo ma noi stessi.

Spesso questi momenti sono benedetti perché ci spingono in una direzione dove, altrimenti, non saremmo andati. La domanda però è quale sia il cambiamento possibile e quale sia la trasformazione rispettosa di noi stessi. Non possiamo chiederci di essere “altro” da quello che siamo e, nello stesso tempo, vorremmo mettere alle catene quel leader negativo che dorme dentro di noi e spesso ci mette nei guai.

Il punto è che il nostro leader negativo è comunque un leader, energico, forte, trascinante. E le sue ragioni, quando ci parla e agisce, non ci sembrano così sbagliate. Solo dopo ci accorgiamo del danno.

Allora rispetto all’emergere del nostro desiderio di cambiare e alla paura che il nostro leader negativo prenda il sopravvento abbiamo bisogno di un criterio. Uno dei criteri è quello della crescita. La direzione verso cui stiamo andando promuove la crescita? O è solo una azione di controllo? Possiamo mettere l’intenzione nella direzione della crescita o solo nella direzione di raggiungere un obiettivo definito?

Perché la crescita ha in sé un aspetto misterioso e sorprendente che è quello che garantisce l’autenticità del cambiamento e la novità della direzione. Il cambiamento diretto verso un obiettivo, invece, è come costruire una diga: richiede continua manutenzione perché, prima o poi, l’acqua vuol riprendere il suo corso naturale.

Il cambiamento terapeutico, che significa un cambiamento del carattere, è simile alla crescita, in quanto è un processo interiore che non può essere compiuto con uno sforzo cosciente. Questo non significa che il fare non abbia nessun ruolo nel processo di crescita. Per acquisire un’abilità è necessario ripetere alcune azioni consciamente in modo che possa avvenire l’apprendimento ma l’apprendimento in sé avviene a livello inconscio. Alexander Lowen

Pratica di Mindfulness: Mindful bioenergetics

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: crescita e cambiamento. Ritiro di bioenergetica e mindfulness

 

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La sfumatura del cambiamento emotivo

03/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molti di noi possono credere che le emozioni siano collegate solo a ciò che sentiamo. Che nascano da una interazione con una situazione o con una persona e che la loro origine stia in qualcosa che succede o che è successo.

In realtà moltissime delle emozioni che proviamo in una giornata nascono da quello che pensiamo. A volte, volutamente, andiamo a ripescare un ricordo per poter provare di nuovo una certa emozione. E non sempre lo facciamo con le emozioni positive. Anzi, moltissime volte lo facciamo proprio con le emozioni spiacevoli. Possiamo dire che qualsiasi emozione può essere suscitata dai pensieri e l’effetto che ha sul corpo è proprio come quella prodotta dall’esperienza diretta di una situazione.

I nostri pensieri quindi ci espongono ad una realtà aumentata di trauma, dolore e sofferenza. Una realtà che va ben al di là di quello che abbiamo vissuto. Tendiamo a sottovalutare l’impatto che hanno su di noi ma per il nostro corpo l’emozioni prodotta dal pensiero o l’emozione prodotta dall’esperienza è diversa solo di una sfumatura leggera: la sfumatura del cambiamento

Possiamo pensare a quello che dovremmo fare per ore e giorni ma questo non cambierà quello che sentiamo. Potrà aiutarci momentaneamente a fare qualcosa di diverso ma se non continueremo ad esercitare uno sforzo quello che sentiamo riemergerà. Per cambiare quello che sentiamo abbiamo bisogno di passare dal corpo. Un corpo diverso percepisce in modo diverso e “pensa” in modo diverso.

C’è un processo di cambiamento che avviene dall’interno e non richiede sforzi coscienti. È chiamato crescita e migliora l’essere. Non è qualcosa che si può fare: quindi non è una funzione dell’Io ma del corpo. (…). Alexander Lowen

Pratica del giorno: La classe del mattino (Video di esercizi)

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: crescita e cambiamento

 

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L’inganno della sicurezza

31/03/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Il nostro desiderio di sicurezza è uno degli elementi più importanti delle nostre scelte. Abbiamo bisogno di sentirci sicuri come dell’aria che respiriamo. Per questo impariamo a costruire delle difese.

Difese dal dolore. Difese dai rischi e pericoli che il vivere comporta. Ci difendiamo dall’amore e dalla mancanza di amore. Ci difendiamo dal rischio di fallire e dal rischio di andare troppo avanti. Arriviamo a casa la sera che non sappiamo se siamo stanchi perché abbiamo vissuto o perché ci siamo difesi. Ci vestiamo la mattina e non sappiamo se stiamo indossando abiti o un’armatura, un’abile maschera capace di nasconderci e proteggerci dagli agguati del quotidiano. Alla fine di tutte queste manovre ci sembra di essere al sicuro.

Questa sensazione di sicurezza però ci inganna. Perché ci toglie la vulnerabilità. Abbiamo bisogno di essere vulnerabili per sentirci vivi. Per crescere e cambiare. Per innamorarci e osare qualcosa di nuovo.

Camminare tra il nostro bisogno di sicurezza e la nostra necessità di quell’apertura che ci offre la vulnerabilità è ciò che rende ogni giornata un nuovo apprendimento.

L’anima è dotata di molteplici movimenti, il corpo di uno solo. Theodore Roethke

Pratica di mindfulness: Incontrare le difficoltà

© Nicoletta Cinotti 2023 be real not perfect: verso un’accettazione radicale

 

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