Molto spesso ci troviamo a lottare con la proliferazione mentale: una testa piena di idee. Alcune connesse alla nostra realtà, altre solo stravaganti divagazioni. Così facendo arriviamo alla fine della nostra giornata con la sensazione che il peso specifico della nostra testa sia pari a quello del piombo.
Questa modalità di funzionamento della mente non è attiva, è una modalità passiva perché la mente segue gli stimoli che le si presentano senza scegliere davvero in quale direzione andare. Ci facciamo trascinare da sensazioni fisiche – e dai pensieri che producono – da sensazioni emotive, ricordi e varie catene associative. La nostra mente, in quei momenti, è come una barca non ormeggiata. Segue la corrente.
Più lasciamo che la nostra mente funzioni così, più ci sarà difficile darle una direzione quando ne avremo bisogno. Perché si comporterà come un bambino viziato, che non tollera limiti né restrizioni.
Inoltre, in quel vagare, proliferante ma passivo insieme, tenderemo a ripetere solo strade già conosciute. Perché sono le uniche che possiamo percorrere senza prestare una vera attenzione. Quelle nuove richiedono presenza e consapevolezza. Ci sembrerà così di vivere in un eterno ritornello: sempre la stessa musica, sempre le stesse cose.
Allora quello che abbiamo bisogno di fare è esattamente la stessa cosa che faremmo con la nostra barca alla deriva: riprenderla e ormeggiarla. Ormeggiarla al corpo o al respiro. Oppure iniziare a coltivare stati mentali positivi per avere una direzione verso cui andare e insegnare altre rotte. Rotte che offrono l’immediata sensazione del ritorno a casa.
Quando si agisce con il pilota automatico, i frammenti di pensiero negativo hanno scarsa probabilità di essere notati e, se non vengono riconosciuti, possono assemblarsi in configurazioni che danno origine a sentimenti di tristezza più intensi. Williams, Teasdale, Segal
Pratica del giorno: L’agenda come un giardino
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