Avere bisogno non è confortevole. Spesso sentiamo il nostro bisogno come una minaccia; a volte, nella nostra cultura, diventa anche una situazione non dignitosa.
Dimentichiamo però che tutti noi abbiamo dei bisogni essenziali come il bisogno del contatto relazionale, il bisogno di essere conosciuti e compresi, il bisogno di essere visti e anche il bisogno di momenti di solitudine. Man mano che cresciamo i nostri bisogni cambiano ma noi continuiamo a trattarli come abbiamo imparato ad essere trattati durante la nostra infanzia.
Possiamo diventare esageratamente ansiosi, indifferenti o dipendenti dai nostri bisogni. E ognuna di queste modalità dipende da quello che abbiamo imparato – nella pratica – dall’aver bisogno.
Guardare al modo con cui rispondiamo ai nostri bisogni significa dipanare quel nucleo profondo che ci mette in contatto con l’ambiente. Se nel farlo portiamo la consapevolezza a ciò che accade, possiamo iniziare ad accorgerci che avere bisogno non è una vergogna né un merito. È il momento in cui ci rendiamo conto che non siamo un’isola: perché ogni bisogno – per incontrare risposta – incontra un’altra persona. Cosa accade in questo incontro? Diventiamo dipendenti? Prendiamo ciò che ci serve, indifferenti all’altro? Siamo avidi o timorosi della vicinanza? Proviamo soddisfazione o rimaniamo sempre un po’ insoddisfatti? Abbiamo fiducia o partiamo con la diffidenza? Temiamo la delusione o abbiamo ideali su come dovrebbe essere?
Abbiamo paura del nostro bisogno perché ci rende vulnerabili o perché ci mette in contatto?
Il diritto di essere al sicuro nella propria condizione di bisogno, deriva dalla funzione di appoggio e nutrimento assolta dalla madre nei primi anni di vita.(…)Se questi diritti fondamentali ed essenziali non si stabiliscono, ne consegue una fissazione all’età e nella situazione che ha causato l’arresto del pieno sviluppo. Alexander Lowen
Pratica del giorno: Grounding
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Gheorghia
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