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jon kabat zinn

La matematica della vita

28/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molto spesso calcoliamo la felicità come un’addizione. Sono felice se ho raggiunto una serie di passi o realizzato una serie di obiettivi. E quindi ci muoviamo per costruire la nostra addizione: questo + questo + questo + questo. La somma dovrebbe essere la felicità.

In realtà, i conti non tornano. Perché arrivare a mettere insieme tutto diventa sempre più faticoso e soggetto ad imprevisti. Diventa una moltiplicazione dello stress, della tensione, della fatica e, stranamente, dell’infelicità perché malgrado moltiplichiamo e sommiamo siamo sempre focalizzati su quello che manca.

Temiamo però la sottrazione.

Perchè la identifichiamo con la perdita. O con il fallimento o con la morte. In realtà possiamo vederla anche in una diversa prospettiva. Sottrazione come semplificazione della propria vita e, anziché aggiungere impegni, moltiplicare attività, scegliere l’essenziale per ogni giorno.

Sottrazione come pausa dalla ricerca spinta dall’insoddisfazione e gratitudine per quello che abbiamo. Sottrazione come consapevolezza di quanto le persone della nostra vita, le cose che già abbiamo siano essenziali. E di quanto sarebbe doloroso non averle più.

Divisione come presenza momento per momento, perché forse essere presenti sempre è irrealizzabile ma essere presenti ora, per quello che dura, è già un compimento. E allora potremmo scoprire che praticare la sottrazione, la semplificazione, la divisione in piccoli compiti da onorare per la loro realizzazione ci mette molto di più nella prospettiva di ciò che abbiamo. E chiude la persecuzione di quello che ci manca, permettendoci di fare una diversa matematica della nostra vita.

Sono frequentemente spinto dall’impulso d’inserire un elemento estraneo in una determinata situazione. Una telefonata, una sosta durante un percorso, anche se comporta un cambiamento di direzione. Ho imparato a riconoscere questo impulso e a diffidarne, sforzandomi di reprimerlo. Mi costringe a far colazione leggendo per la centesima volta la composizione della scatola di cereali. Si insinua per occupare il mio tempo, cospira con la mia mente per mantenermi in uno stato di incoscienza (…) Amo la semplicità volontaria per oppormi a questi impulsi e garantire che il nutrimento venga assorbito a livello profondo. Questo significa fare una sola cosa per volta e assicurarmi di essere partecipe. Jon Kabat Zinn

Pratica del giorno: La consapevolezza delle sensazioni

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR

 

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Il silenzio e l’immobilità

26/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Sono infiniti gli aggiustamenti fisici che facciamo per non essere scomodi: come ci aggiustiamo sulla sedia, nel letto, quando leggiamo o quando stiamo al computer. Tolleriamo una certa quantità di scomodità oltre la quale interveniamo.

Il punto è che quasi ogni movimento nasce dal bisogno di correggere un disagio – fisico o emotivo – e lo facciamo automaticamente, senza rendercene conto. A volte ci muoviamo prima ancora che ci sia chiara la ragione per la quale abbiamo bisogno di muoverci. Eppure quel movimento ha una spinta: quella di farci evitare un disagio.

Ecco perché stare fermi, in silenzio, può essere così difficile: perché in quella quiete i disagi che ci sono vengono a galla e non c’è il movimento ad attenuarli. I disagi fisici ed emotivi emergono. In quel momento abbiamo due possibilità: scappare prendendo la distanza da quello che ci colpisce. oppure occuparcene con lo stesso atteggiamento con cui una madre consola il suo bambino e gli offre una nuova possibilità.

Se rimaniamo sempre nel rumore, nell’azione, nel movimento tutta questa attività funzionerà come un silenziatore della voce del corpo. Se ci fermiamo il nostro corpo inizierà a parlarci e ci dirà molto di più di quello che siamo abituati a sentire.

A volte il silenzio dà la parola. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del corpo

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

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Essere risoluti

05/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando iniziamo ad aprire la nostra consapevolezza non è insolito attraversare periodi di incertezza. È l’incertezza che nasce dall’essere in una diversa prospettiva. L’incertezza che nasce dal rallentare. Quella che ci fa perdere l’equilibrio nella meditazione camminata.

È una incertezza salutare perché ci permette di non procedere per false certezze e ci offre il tempo di scegliere qual è la risposta che davvero vogliamo dare.

Non significa però essere indecisi: significa essere aperti al campo delle possibilità e scegliere quella che vogliamo percorrere. Proseguendo poi, per quella strada con un atteggiamento risoluto.

Risoluto – parola usata pochissimo – eppure così ricca. Non è severo, non è duro. È il participio passato di risolvere. Significa essere sciolto, deliberato a fare da una spinta interiore che nasce dalla mente cuore, determinato. È parte di una pratica informale che Jon Kabat Zinn suggerisce e che è la pratica informale di oggi. Da fare per pochi minuti, semplicemente portando l’attenzione all’interno, al respiro. E da ripetere, all’occorrenza, in qualsiasi momento.

Pratica informale: Respirate, lasciate correre; astenetevi dal voler produrre qualcosa di diverso in questo momento; mentalmente ed emotivamente lasciate che questo momento sia esattamente com’è e lasciate a voi stessi la libertà di essere così come siete. Poi, quando sarete pronti, muovetevi nella direzione dettata dal cuore, consapevoli e risoluti. Jon Kabat Zinn

© Nicoletta Cinotti 2023 Serata di presentazione del protocollo MBSR e MBCT

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Guardare indietro

31/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando parliamo di consapevolezza intendiamo, in genere, la consapevolezza del momento presente. Di ciò che accade nel momento in cui accade, senza giudicare e senza presumere di sapere.

C’è un effetto a lunga scadenza della consapevolezza di cui io parlo poco e che, pure, ha tanta importanza nella mia vita e nel mio lavoro. Dentro di me lo chiamo “la consapevolezza dei momenti passati”. Giorno dopo giorno chiarisce il senso di certe scelte, gli effetti di alcune decisioni, le loro motivazioni, sfumature e il loro significato. Potrei dire che questo ci permette di diventare consapevoli di ciò che abbiamo fatto e di come ha influenzato il nostro percorso personale. Spesso questa consapevolezza conduce al rimprovero o all’inutile tentativo di correzione ma c’è un’alternativa.

Nel momento in cui abbiamo preso certe decisioni non era possibile avere la piena consapevolezza del loro spessore perché non si erano ancora materializzati gli effetti e gli effetti contribuiscono al significato. Questa consapevolezza arriva dopo, e fa cogliere la traiettoria che ha dato alla nostra vita e alla vita degli altri.

La frase che a volte mi è parsa tanto misteriosa, “essere consapevoli e presenti, nel presente della propria vita, è il miglior modo per prepararsi al futuro”, diventa comprensibile. Perché le scelte quotidiane sono quelle che disegneranno il percorso e se nascono da uno stato mentale confuso o non salutare non possono che portare confusione. Se nascono dalla presenza portano altrettanta presenza e realizzano la nostra crescita senza mettere in campo la volontà, la decisione e il rimpianto. Quando siamo in uno stato mentale non salutare, che ci spinge magari all’impulsività, l’azione migliore sarebbe non fare niente e riportare la mente in una condizione di chiarezza. Quel momento siamo ad un bivio: il bivio non è tra una scelta giusta e una scelta sbagliata perché non possiamo sapere prima cosa succederà poi. Il bivio è tra uno stato mentale propizio o infausto.

Così, strano a dirsi, la consapevolezza del momento presente coagula fino a diventare la consapevolezza della direzione che abbiamo dato alla nostra vita. E questo cambia la prospettiva.

Aspiriamo a trovarci altrove, dove speriamo che la situazione sia migliore, più felice, come preferiremmo che fosse o com’era un tempo. il più delle volte siamo solo in parte consapevoli di questa tensione interiore, ammesso che non la ignoriamo del tutto. Questo vale anche, nel migliore dei casi, per quanto riguarda ciò che stiamo facendo esattamente nella e della nostra vita, ossia per gli effetti che le nostre azioni e, più velatamente, i nostri pensieri hanno su ciò che vediamo e non vediamo, facciamo e non facciamo. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: Stare lì

© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione. Early bird fino al 15 settembre

 

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Il tempo che corre e quello che scorre

12/07/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Capita a tutti di sperimentare, a volte con sorpresa, il correre veloce del tempo o, all’opposto, la sensazione che il tempo non stia passando. Anche se la durata cronologica è uguale, la stessa esperienza può essere vissuta da due persone diverse con una durata soggettiva opposta.

Rincorriamo le nostre giornate con la sensazione di un tempo che corre, oppure che si dispiega come un lenzuolo al vento, dandoci ampio spazio. C’è una spiegazione per questa sensazione così soggettiva legata al tempo: è la relazione tra il disordine e gli eventi significativi. Noi misuriamo il tempo come distanza tra un evento significativo e un altro. Non è detto che un evento significativo sia un grande evento: può essere semplicemente qualcosa a cui abbiamo dedicato tutta la nostra attenzione. Quando diminuisce l’ordine e aumenta il caos la percezione del tempo rallenta. E, viceversa, quando aumenta l’ordine e diminuisce il caos la percezione del tempo accelera. Tanto più siamo programmati tanto più il tempo accelera e si ferma solo quando qualcosa di interessante o di nuovo incontra la nostra attenzione. Se vogliamo è come un ritmo musicale veloce e lento, lento e veloce.

I bambini vivono tantissimi eventi significativi nelle loro giornate. Chi non ha in mente un bambino che sulla strada si ferma a guardare una cosa che a noi sembra insignificante come se fosse la scoperta più bella del mondo? È questo che, nell’infanzia, dava quel meraviglioso senso di dilatazione del tempo, per cui un mese ci sembrava anni. E le vacanze estive sembravano non finire mai, tanto da non vedere l’ora (o temere?) che tornasse la scuola. Se poi l’intervallo tra un evento significativo e un altro è breve la sensazione arriva addirittura ad essere quella di assenza di tempo. Questa assenza di tempo o questa sensazione di un tempo ampio e dilatato è quella che costituisce il terreno per l’appagamento e la felicità. Anche nei momenti difficili, ancorarsi all’esperienza e non pensare a quando finirà – o cercare di farla finire prima possibile – ci salva. Ci salva dalla sensazione che il presente sia sabbia che ci scorre tra le dita troppo velocemente per essere afferrato e, soprattutto vissuto. Così l’estate – così ricca di eventi diversi dal solito – può essere lo spazio perfetto per la vita vissuta. E più momenti di presenza vivremo e più ci sembrerà lunga!

Se desiderate rallentare la percezione interiore della vita che passa – o forse che vi passa accanto – avete due possibilità. Una è riempire la vostra vita del maggior numero possibile di esperienze miliari, nuove e piene di speranza. Molte persone si dedicano a vivere in questo modo, sempre in cerca di una nuova esperienza forte che renda la loro vita degna di essere vissuta: lunghi viaggi in paesi esotici, sport estremi o anche solo un’altra cena da gourmet. L’altro modo possibile per rallentare la percezione del tempo che scorre è rendere degni di nota i momenti ordinari, prendendone nota. L’attimo più piccolo può diventare una vera e propria pietra miliare. Se foste davvero presenti ai momenti che vivete mano a mano che si susseguono, qualunque cosa stia accadendo, scoprireste che ogni momento è unico e nuovo e perciò pieno di slancio. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness:Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

 

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Arrivare sul posto

10/06/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Alcuni uomini di una tribù africana furono ingaggiati da una troupe televisiva americana perchè li guidassero, con tutto il loro equipaggiamento, nel percorso di ritorno dalla giungla fino alla città. I giornalisti, pressati dalla fretta, insistettero per tenere un’andatura piuttosto veloce, per più giorni di seguito. A un certo punto, ad una giornata di distanza di cammino dalla meta, i portatori si rifiutarono di muovere un passo in più; a nulla valsero le implorazioni, gli incoraggiamenti e le promesse. La troupe televisiva li implorava dicendo che erano quasi arrivati, che bastava un ultimo sforzo per portarli a destinazione, ma i portatori erano irremovibili. La ragione? Dissero che avevano viaggiato a un ritmo così innaturale che dovevano proprio fermarsi un po’ ad aspettare che la loro anima riuscisse a raggiungere il rispettivo corpo.

È così: riusciamo a raggiungere un luogo solo quando arriviamo davvero e siamo presenti, al di fuori del pensiero, pienamente in noi con tutti i sensi. Forse è qui che sta la continua frammentazione, i problemi, la confusione del genere di vita che facciamo. In fin dei conti riusciamo alla fine di tutte le nostre esplorazioni ad arrivare là da dove eravamo partiti e conoscere il luogo per la prima volta? Sentiamo cosa dice T.S. Eliot

Non smetteremo di esplorare e la fine di tutte le nostre esplorazioni sarà arrivare là da dove eravamo partiti e conoscere il luogo per la prima volta. Attraversiamo il varco ignoto ma che poi ricordiamo quando l’ultima terra che resta da conoscere è quella in cui eravamo da principio; alla sorgente del fiume più lungo la voce della cascata nascosta e i bambini fra i rami del melo non conosciuti, perchè non cercati, ma uditi, intrasentiti, nella quiete che c’è fra un’onda del mare e quella dopo. T.S.Eliot, da Lieve vertigine in Quattro quartetti[

Jon Kabat Zinn Riprendere i sensi

© Addomesticare pensieri selvatici www.nicolettacinotti.net

 

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