Spesso iniziamo le cose con un’atteggiamento distratto e frettoloso. E le concludiamo anticipando, con il pensiero, quello che faremo dopo.
In questo modo, man mano che la giornata va avanti, maturiamo un senso di fretta, di urgenza e di esaurimento che si accompagna alla sensazione di impossibilità di fare tutto quello che dovremmo fare.
In realtà abbiamo fatto molto; forse di più di quello che crediamo ma siamo entrati nelle cose già pensando al compito successivo, con la mente dispersa in mille attività, prestando un’attenzione divisa tra quello che stiamo facendo e quello che faremo dopo. Questo non è multitasking: questa è difficoltà di concentrazione. Ma, soprattutto, è la difficoltà di onorare l’inizio di un’attività e di celebrarne la fine, con la piccola o grande soddisfazione, di aver fatto e concluso qualcosa. Trasformando la nostra attività in un ciclo continuo e incessante non ci diamo mai il tempo di sentire la soddisfazione, di gustare l’aver compiuto, di ringraziare chi ci ha aiutato e di ringraziare noi per aver fatto quello che potevamo.
Così il nostro matrimonio con il tempo diventa una corsa e una continua sensazione di infedeltà alla soddisfazione, al realistico accettare che non sarà mai possibile fare tutto ma, grazie al cielo, non è nemmeno necessario.
La concentrazione è la pietra angolare della pratica di consapevolezza, la cui forza sarà pari alla capacità di mantenersi serena e stabile. In assenza di calma lo specchio della consapevolezza presenterà una superficie agitata e turbolenta, che non riflette le cose con accuratezza. Jon Kabat Zinn
Pratica informale: Potremmo onorare l’inizio di un nuovo compito prestando attenzione solo a quello e celebrarne la conclusione prendendo 3 respiri consapevoli prima di passare ad una nuova attività. Potremmo scoprire così che non perdiamo tempo ma diamo ritmo alla nostra giornata. Il ritmo della presenza.
La pratica informale: file audio
© Nicoletta Cinotti Tornare a casa
Foto di ©candyaurelio
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