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Il sollievo dell’evitamento

27/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Evitare non è una pratica insolita. Evitiamo i pericoli, evitiamo i conflitti. Cerchiamo di evitare gli errori e i fallimenti.

C’è poi un evitare che ha una natura particolare: è quello che ci fornisce un sollievo momentaneo e immediato da qualcosa di sgradevole. Dobbiamo fare qualcosa che non ci piace? Rimandiamo, evitando così quel fastidio. Dobbiamo rispondere a qualcuno e non sappiamo cosa dire? Rimandiamo ed evitiamo quella difficoltà.

L’evitamento, in questi casi, sembra una soluzione miracolosa. Fino ad un attimo prima proviamo disagio, un attimo dopo è passato perché abbiamo deciso di procrastinare, di spostare in avanti quello che dobbiamo fare e il sollievo che ne abbiamo provato è stato immediato.

È questa specie di piacere – leggero e pieno di sollievo – che rende l’evitamento una risposta così amabile. È come essere schiacciati e, evitando, essere liberi dalla pressione. Siccome il nostro orientamento primario è verso il piacere e solo secondariamente verso la realtà, la risposta istintiva sarebbe evitare. Evitare il dolore che nasce dall’andare incontro allo spiacevole a favore del sollievo che nasce dal rimandare.

Se guardiamo però in una prospettiva temporale più ampia, spesso quel rimandare non fa che accrescere il dolore che dovremo affrontare dopo. Non fa che peggiorare la situazione. Eppure, in quel momento, diventiamo i più convinti sostenitori della bontà del momento presente. Il futuro sparisce, il passato non esiste. Sotto tutto questo non c’è un incantesimo ma una vecchia compagnia. Si chiama paura. E, nello specifico, paura di muoversi. Se le lasciamo dominare la nostra vita ci convincerà che nulla è più sicuro che stare fermi, ad aspettare che siano gli altri a scegliere e noi ci ritroveremo con una vita che non ci assomiglia nemmeno un po’. Perché è quella disegnata dalle scelte degli altri. Noi, le nostre, le abbiamo rimandate. Per ansia.

La paura è utile per valutare i pericoli. Il coraggio per affrontarli. Nicoletta Cinotti, Mindfulness ed emozioni

Pratica del giorno: Lavorare con la paura

©Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT

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Emozioni: come nascono, come cambiano

16/09/2023 by nicoletta cinotti

Mi capita spesso di sentirmi chiedere la differenza tra emozioni e sentimenti oppure di sentirmi chiedere perché le emozioni sono più importanti dei fatti. Ho pensato quindi che un po’ di chiarezza potesse essere utile.

Intanto proviamo a vedere che cosa produce un’emozione

che cosa produce un'emozioneUn’emozione è frutto di 4 elementi continuamente in interazione tra di loro. Tutti questi elementi possono formare l’innesco all’emozione così come viene percepita.

I pensieri sono quelli che contribuiscono a rendere l’emozione più continuativa nel tempo e la legano alla nostra storia personale e relazionale. Le sensazioni fisiche danno il felt sense ed è quello che attiva o meno il segnale di pericolo. I sentimenti ci parlano invece della nostra storia relazionale e personale e danno un colore e un tono all’umore oltre che alla singola emozione. Gli impulsi sono le nostre tendenze di base, diverse da persona a persona anche se condivise da tutti gli esseri umani.

Il ruolo del corpo

Fino a non molto tempo fa non credevamo che il corpo avesse un ruolo nell’esperienza emotiva. Oggi sappiamo che non è così: ciò che accade nella mente non ha una esistenza autonoma ma è una parte fondamentale del corpo stesso e tra il corpo e la mente c’è un continuo scambio di informazioni reciproche. Molto di ciò che il corpo sente è influenzato dai pensieri e, contemporaneamente, tutto quello che pensiamo è mosso da ciò che accade nel corpo, come ha originalmente illustrato Alexander Lowen.

Johannes Michalak, dell’università della Ruhr, e il suo gruppo di ricerca, ha studiato le differenze di movimento tra un gruppo di persone depresse e un gruppo di controllo, attraverso 40 microsensori posizionati in tutto il corpo. Le persone depresse avevano meno mobilità dalla vita in su e una camminata con oscillazioni laterali, una posizione ingobbita e pendente in avanti. Non solo. Se il gruppo di controllo era invitato a simulare per un certo periodo di tempo questa posizione, pur non essendo depressi, il loro umore cambiava.

Minaccia interna e minaccia esterna

Non consideriamo diversamente una minaccia interna e una minaccia esterna. In presenza di un pericolo, il corpo si prepara a rispondere e la sua risposta muscolare condiziona il profilo di attivazione mentale e le emozioni che possono emergere. In questo modo attiviamo un circolo vizioso tra la mente e il corpo che rende difficile produrre emozioni diverse senza passare dal cambiamento delle tensioni fisiche.

Fortunatamente le emozioni sono variabili e quindi possiamo passare da una all’altra velocemente ma se le nostre tensioni fisiche sono stabili avremo più probabilità di provare sempre le emozioni che le hanno generate. Oppure, quelle stesse emozioni dureranno più a lungo.

Le costellazioni emotive

In superficie sembra che le emozioni siano poco collegate le une alle altre. In realtà le emozioni si muovono in gruppi coerenti di stati emotivi nei quali un singolo elemento dello schema innesca tutto il resto.

Ci capita di rado di provare solo tensione o solo tristezza. Queste finiscono per intrecciarsi con vulnerabilità, rabbia, amarezza, gelosia, dolore: tutti sentimenti che possono essere orientati verso gli altri o verso noi stessi.

Nel corso della nostra vita queste costellazioni possono combinarsi strettamente con determinati pensieri, sensazioni fisiche, comportamenti e così il passato comincia ad avere un effetto pervasivo sulle esperienze emotive del presente.

Il problema del perché

Una delle caratteristiche della mente umana è quella di cercare spiegazioni per quello che prova. Non ci basta sentire una emozione: abbiamo bisogno di sapere perché proviamo quella specifica emozione. La domanda “perché” è forse una delle domande più importanti nella storia dell’umanità. Ci ha permesso una crescita culturale e scientifica che ha disegnato la nostra possibilità di progresso. Non sempre però questa domanda ci aiuta. Soprattutto è una domanda che non ci permette di comprendere tutto e che rischia, invece, di diventare un chiodo fisso.

Quando siamo infelici è naturale cercare di scoprire perché ci sentiamo così e di trovare una maniera di risolvere il problema che ha causato la nostra infelicità. Solo che le emozioni non possono essere risolte: possono solo essere provate. Una volta che ne hai riconosciuto l’esistenza e hai lasciato andare la tendenza a spiegarle o a sbarazzartene, è molto più probabile che svaniscano da sole.

Quando si cerca di risolvere il problema dell’infelicità (o di qualunque altra emozione negativa) si mette in uso uno degli strumenti più potenti della mente: il pensiero razionale critico. Funziona così: ci si vede in un posto (infelici) e si sa dove si vorrebbe essere invece (felici). A quel punto la mente analizza la distanza fra le due alternative e cerca di elaborare il modo migliore per collegarle fra loro. Allo scopo utilizza la sua modalità del fare, detta così perché riesce bene a risolvere i problemi e a portare a compimento le azioni. Penman, Williams

La modalità del fare

La modalità del fare opera riducendo progressivamente la distanza che c’è tra il punto in cui siamo e quello in cui vorremmo essere. Lo facciamo frammentando il problema in parti più piccole, cercando di risolvere ognuna di queste parti per avvicinarsi all’obiettivo del benessere che andiamo cercando.

Rispetto alla  nostra vita emotiva questa modalità è controproducente: non possiamo costringerci a provare emozioni diverse da quelle che proviamo e la regolazione cognitiva non ha efficacia sulle emozioni. Rischiamo che questa modalità ci porti a farci domande senza soluzione: “Cosa c’è in me che non va?” Perché ho sbagliato?” Perché continuo a fare sempre questi errori?”. In questo modo entriamo in una modalità rimuginativa che non permette la fisiologia del cambiamento emotivo.

Le persone sono sinceramente convinte che se si preoccuperanno a sufficienza della propria infelicità finiranno per trovare una soluzione, che basterà solo fare un ultimo sforzo, ragionare ancora un po’ sul problema… La ricerca invece mostra il contrario: di fatto rimuginare riduce la nostra capacità di risolvere i problemi. Ed è assolutamente inutile per gestire difficoltà emotive. È evidente: rimuginare è il problema, non la soluzione.

© Nicoletta Cinotti 2023 Mindfulness ed emozioni

Ultimi giorni per iscriversi al Protocollo MBCT, Mindfulness per la prevenzione delle ricadute depressive

Il Protocollo MBCT: Protocollo per la prevenzione delle ricadute depressive

 

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Quando ti senti vivo o viva?

13/09/2023 by nicoletta cinotti

Tempo fa, parlando di un qualche sport estremo, un amico disse: “Io lo proverei, una volta, per sentirmi vivo.” C’era una ragazza con noi, lo guardó colpita, e disse semplicemente: “Io mi sento viva anche quando mi lavo la faccia alla mattina.” La percezione della propria vitalità, questo ‘sentirsi vivi‘, é una questione estremamente personale. Qualcuno si sentirà più vicino al mio amico, in cerca dell’adrenalina di una situazione estrema, qualcun altro alla ragazza. Inutile dirlo, é facile che a molti sia venuta in mente una circostanza ancora diversa, legata ad una personale esperienza sensoriale.

Abbiamo tutti le nostre ancore alla vita, i nostri intimi risvegli, più o meno frequenti.

Se il più delle volte siamo in realtà ‘sovrappensiero’, ci sono invece momenti in cui i nostri sensi si affinano, siamo connessi con il nostro corpo, con la certezza di trovarci propriamente nel posto giusto e al momento giusto. Momenti in cui tutto diventa opportuno.

Di sicuro ci ricordiamo questi attimi con un buon livello di dettaglio: siamo in grado di rivivere quelle sensazioni visive, tattili, sonore ecc. Semplicemente perché ci trovavamo davvero nel nostro corpo, più che persi nei nostri pensieri.

Quando accadono questi risvegli, non importa se sei in cima all’Everest o se stai camminando in mezzo al traffico: anche l’aspetto più ordinario può diventare importante e avere valore. Che tu sia in un posto lontano o dietro casa, il mondo é degno della tua viva attenzione.

Praticare la mindfulness é una ricerca costante di questo stato mentale. Alla consapevolezza ci si può allenare, ci si può allenare alla vita.

“Solo lo stupore conosce”. S. Gregorio

Pratica informale di mindfulness: Cambiare strada da casa al lavoro, soffermare lo sguardo su qualche particolare mai guardato, o comportarci in un modo diverso da quello che noi stessi ci aspettiamo può aiutare a spostare la prospettiva, facendo rinascere quello stupore che pareva congelato in una ferrea abitudine.

© Nicoletta Cinotti 2023

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La sicurezza e l’aggrapparsi

06/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ci sono pochi movimenti più istintivi dell’aggrapparsi: un neonato sano si aggrappa quando si sente nel vuoto. È uno di quei gesti che ci assicurano sicurezza se perdiamo l’equilibrio: la ricerca istintiva di un sostegno.

Come tutto ciò che è innato si continua ad usarlo a proposito e a sproposito. Così, se qualcosa ci ha dato sicurezza una volta, è facile che rimaniamo aggrappati a quella situazione anche quando non ci offre più nessun beneficio. Questo succede tantissime volte nelle relazioni affettive.

Una relazione ci ha fatto stare bene e rimaniamo aggrappati a quella persona anche quando sarebbe meglio lasciarla andare. Ci sembra impossibile che la situazione sia cambiata e rimaniamo appesi al ricordo di un piacere passato senza accorgerci del dolore presente. Viviamo quel lasciar andare come se fosse un salto nel vuoto, anziché l’aprirsi a piaceri nuovi, a nuove possibilità. E così facendo diventiamo noi stessi i costruttori della nostra infelicità. Cerchiamo di ricostruire un passato e in questo modo perdiamo il futuro.

Lasciar andare richiede un piccolo cambiamento di prospettiva: la fiducia in noi stessi.

Le espressioni del lasciar andare altro non sono che una pratica di fiducia: fiducia che ciò che andava fatto è stato compiuto. Nicoletta Cinotti

Pratica di mindfulness: Meditazione sul lasciar andare

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR. Ultimi giorni in early bird

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Guardare indietro

31/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando parliamo di consapevolezza intendiamo, in genere, la consapevolezza del momento presente. Di ciò che accade nel momento in cui accade, senza giudicare e senza presumere di sapere.

C’è un effetto a lunga scadenza della consapevolezza di cui io parlo poco e che, pure, ha tanta importanza nella mia vita e nel mio lavoro. Dentro di me lo chiamo “la consapevolezza dei momenti passati”. Giorno dopo giorno chiarisce il senso di certe scelte, gli effetti di alcune decisioni, le loro motivazioni, sfumature e il loro significato. Potrei dire che questo ci permette di diventare consapevoli di ciò che abbiamo fatto e di come ha influenzato il nostro percorso personale. Spesso questa consapevolezza conduce al rimprovero o all’inutile tentativo di correzione ma c’è un’alternativa.

Nel momento in cui abbiamo preso certe decisioni non era possibile avere la piena consapevolezza del loro spessore perché non si erano ancora materializzati gli effetti e gli effetti contribuiscono al significato. Questa consapevolezza arriva dopo, e fa cogliere la traiettoria che ha dato alla nostra vita e alla vita degli altri.

La frase che a volte mi è parsa tanto misteriosa, “essere consapevoli e presenti, nel presente della propria vita, è il miglior modo per prepararsi al futuro”, diventa comprensibile. Perché le scelte quotidiane sono quelle che disegneranno il percorso e se nascono da uno stato mentale confuso o non salutare non possono che portare confusione. Se nascono dalla presenza portano altrettanta presenza e realizzano la nostra crescita senza mettere in campo la volontà, la decisione e il rimpianto. Quando siamo in uno stato mentale non salutare, che ci spinge magari all’impulsività, l’azione migliore sarebbe non fare niente e riportare la mente in una condizione di chiarezza. Quel momento siamo ad un bivio: il bivio non è tra una scelta giusta e una scelta sbagliata perché non possiamo sapere prima cosa succederà poi. Il bivio è tra uno stato mentale propizio o infausto.

Così, strano a dirsi, la consapevolezza del momento presente coagula fino a diventare la consapevolezza della direzione che abbiamo dato alla nostra vita. E questo cambia la prospettiva.

Aspiriamo a trovarci altrove, dove speriamo che la situazione sia migliore, più felice, come preferiremmo che fosse o com’era un tempo. il più delle volte siamo solo in parte consapevoli di questa tensione interiore, ammesso che non la ignoriamo del tutto. Questo vale anche, nel migliore dei casi, per quanto riguarda ciò che stiamo facendo esattamente nella e della nostra vita, ossia per gli effetti che le nostre azioni e, più velatamente, i nostri pensieri hanno su ciò che vediamo e non vediamo, facciamo e non facciamo. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: Stare lì

© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione. Early bird fino al 15 settembre

 

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Quanto tempo è che non ti sorprendi?

22/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

I nostri pensieri hanno tanti pregi e tanti difetti. Come tutto del resto. però c’è una cosa che perdiamo quando siamo immersi nei pensieri e che è qualcosa di davvero insostituibile: la capacità di sorprendersi. È una sensazione connessa alla gioia e nasce da una sorta di risveglio improvviso dei sensi. La nostra mente è aperta, qualcosa colpisce la nostra attenzione sensoriale, attivandola. Quella sorpresa fa sobbalzare il cuore e, soprattutto, risveglia il corpo.

Se è tanto tempo che non provi più un senso di sorpresa è molto probabile che tu sia troppo attirato dai tuoi pensieri, troppo catturato dalla loro sonorità e poco catturato dalla vita. Forse puoi fare qualcosa, non per rimanere sorpreso perché quello è un evento spontaneo e naturale, ma per creare le condizioni perché qualcosa ti risvegli dalla trance dei pensieri.

  • Senti la forza di gravità, ascolta i tuoi piedi sul terreno, il peso delle cose che porti. La gravità è sempre presente e ascoltare questa sensazione riporta, con semplicità, al corpo. Può essere anche solo sentire il movimento dei piedi quando cammini. Visto che dobbiamo farci i conti, lasciati sorprendere dal peso. Questo ti permetterà di essere sorpreso dalla leggerezza.
  • Onora quello che succede: spesso non ci facciamo sorprendere perché tendiamo a correggere gli imprevisti prima di poter assaggiare la gioia della novità. E se ogni imprevisto fosse un regalo, un messaggio, un richiamo alla sorpresa e, quindi, alla presenza?
  • Sosta nella sensazione che la sorpresa ti dà, condividila con qualcuno. Contagia il mondo attorno a te con la possibilità che la sorpresa, la novità, sia una gioia inaspettata.

Un momento di gioia ci prende sempre di sorpresa. Non siamo noi ad afferrarlo, ma è lui ad afferrare noi. Ashley Montagu

Pratica del giorno: La classe del mattino

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

 

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