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lasciar andare

A tutti piace il raccolto

19/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Seminare è qualcosa di entusiasmante: mette elementi di novità, attiva la speranza, fa crescere nuove opportunità. Possiamo sperimentarlo molte volte nelle nostre giornate: ogni volta che attiviamo un contatto nuovo; ogni volta che facciamo spazio ad una nuova idea, non facciamo nient’altro che seminare.

Poi viene il momento in cui dobbiamo coltivare: è fatto di piccoli gesti quotidiani, spesso ripetuti. Dobbiamo dare acqua, nutrimento, attenzione, giorno dopo giorno. Aspettare che spunti qualcosa. Vederlo esposto ai rischi della gramigna e alle stagioni avverse. Solo alla fine arriva il raccolto ma, dalla semina al raccolto, a volte, può passare moltissimo tempo.

In questo tempo possiamo provare sentimenti di noia, sfiducia. Temere che le nostre speranze siano mal riposte. Possiamo renderci conto che i semi che abbiamo gettato sono troppi o troppo pochi. Che non possiamo crescere in questo modo, con questo terreno. Oppure diventare consapevoli di aspetti che ci erano rimasti oscuri.

Queste tre fasi avvengono sempre nella nostra vita: semina, coltivazione e raccolto. I terreni sono, in genere, le nostre relazioni. È lì che mettiamo i semi anche nelle attività più individuali. Senza un terreno di relazioni non potrebbero crescere e prosperare.

Ci sono persone appassionate di semina, altre di coltivazione. A tutti piace il raccolto, quando va bene. Nessuno di questi tre momenti può essere disgiunto dall’altro. Tutti questi momenti richiedono movimenti del corpo e dell’anima. Abbiamo bisogno della generosità delle braccia e dell’ampiezza del cuore per la semina. Della dignità ed elevazione della schiena per la coltivazione. Della forza di tutto il corpo per il raccolto. Nessuna di queste fasi avrebbe bisogno del nostro ego.

Scegliendo di praticare, abbiamo dichiarato la nostra disponibilità a lasciar andare le nostre pretese. E le pretese sono i mattoni più solidi della nostra infelicità, soprattutto nelle relazioni sentimentali. — Amore, mindfulness e relazioni: Qualità mindful per amare senza equivoci by Nicoletta Cinotti

Pratica del giorno: Il filo del respiro

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT online

 

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La sicurezza e l’aggrapparsi

06/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ci sono pochi movimenti più istintivi dell’aggrapparsi: un neonato sano si aggrappa quando si sente nel vuoto. È uno di quei gesti che ci assicurano sicurezza se perdiamo l’equilibrio: la ricerca istintiva di un sostegno.

Come tutto ciò che è innato si continua ad usarlo a proposito e a sproposito. Così, se qualcosa ci ha dato sicurezza una volta, è facile che rimaniamo aggrappati a quella situazione anche quando non ci offre più nessun beneficio. Questo succede tantissime volte nelle relazioni affettive.

Una relazione ci ha fatto stare bene e rimaniamo aggrappati a quella persona anche quando sarebbe meglio lasciarla andare. Ci sembra impossibile che la situazione sia cambiata e rimaniamo appesi al ricordo di un piacere passato senza accorgerci del dolore presente. Viviamo quel lasciar andare come se fosse un salto nel vuoto, anziché l’aprirsi a piaceri nuovi, a nuove possibilità. E così facendo diventiamo noi stessi i costruttori della nostra infelicità. Cerchiamo di ricostruire un passato e in questo modo perdiamo il futuro.

Lasciar andare richiede un piccolo cambiamento di prospettiva: la fiducia in noi stessi.

Le espressioni del lasciar andare altro non sono che una pratica di fiducia: fiducia che ciò che andava fatto è stato compiuto. Nicoletta Cinotti

Pratica di mindfulness: Meditazione sul lasciar andare

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR. Ultimi giorni in early bird

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I ricordi e i trigger point

07/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

L’immaginario della vacanza è radicato: luoghi bellissimi, felicità e divertimento. Molte volte va così. Se per caso non va così il fantasma di una vacanza sbagliata può perseguitare molto a lungo. Perchè nella vacanza sbagliata c’è sempre un colpevole esterno e, purtroppo, un colpevole interno, che ha scelto quella vacanza con noi. Ogni volta che ricordiamo la sfortunata avventura, l’episodio si arricchisce di nuovi particolari e avviene una distorsione: quella che ci fa percepire cose senza importanza come se fossero tragedie. Pronte ad essere ritirate fuori anche quando l’argomento iniziale della discussione è di tutt’altra natura. Magari hai dimenticato di lavare la camicia preferita o di comprare il latte e dopo dieci minuti stai parlando di quello che è successo durante la vacanza, 5, 10, 15 anni prima.

Perché te lo racconto?

Perché questo non succede solo con le vacanze ma con le esperienze nei confronti delle quali abbiamo una aspettativa molto alta. Oppure succede con le piccole interruzioni della vita quotidiana: qualcosa va male e invece che chiudere e dire “È andata così” teniamo lì il trauma pronti a ritirarlo fuori appena dobbiamo colpevolizzare qualcuno o compatirci.

Potremmo smetterla? Anche le condanne prevedono una fine pena. Potremmo decidere che da oggi tutte le sfortune passate cadono in prescrizione? E tutte le volte che riemergono – perché tanto riemergono di sicuro con l’allenamento che abbiamo fatto per tenerle vive – le prendiamo per quello che sono: trigger point del dolore da non stimolare?

Unica controindicazione: potremmo trovarci senza argomenti nelle liti per futili motivi!

L’universo sfugge al nostro controllo e cerchiamo di solidificarlo con le nostre difese, con la nostra memoria generalizzante che, a partire da uno o più episodi sfortunati, pretende di sapere prima come andrà a finire e anche di saperlo evitare. Non è vero, ma facciamo di tutto per crederci. Cinotti, Nicoletta. Genitori di sé stessi (la pietra filosofale) (Italian Edition) (p.161). Enrico Damiani Editore. Edizione del Kindle.

Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT online

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La più piccola che riesci a vedere

02/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Siamo dei fanatici del cambiamento rapido e immediato? Oppure siamo affetti da una dose cronica di impazienza? Ci piace “voltare pagina”, dare un taglio netto, un colpo di spugna, una svolta radicale?

Bene, se hai risposto sì (ma non siamo su test on line!) sarebbe utile anche vedere quanti di questi tagli netti sono stati stabili e quante delle nostre svolte radicali sono stati atti di cui, a distanza di tempo, siamo ancora orgogliosi. Perchè di immediato, in natura, ci sono solo le catastrofi. Il resto, ossia tutto ciò che cresce, procede lentamente, con piccoli passi che non riusciamo a vedere se non a distanza di tempo. La nostra tendenza a dire – cosa vuoi che cambi se faccio 5 minuti di pratica, se mangio un cioccolatino in meno, se aspetto prima di reagire – è espressione del nostro desiderio di grandiosità più che della nostra intenzione di cambiare e di crescere. Ci convinciamo che solo quello che è grande, vistoso, enorme, totalizzante, funziona. Poi non riusciamo a farlo e quindi rimaniamo frustrati e avviluppati in vecchie abitudini che ci fanno male. Non mettere a fuoco il cambiamento definitivo – quello che ti sembra irrealizzabile o che ti spaventa – metti a fuoco la cosa piccola, alla tua portata proprio oggi. Eventualmente la più piccola che riesci a vedere. Con l’intenzione di arrivare a quella grande novità, domandati “Cosa posso fare oggi di piccolo e concreto?”

Ci sono cose nella tua vita che ti sembra impossibile accettare? Metti a fuoco quelle che, invece senti di poter accettare e lasciar andare. Metti a fuoco il sollievo che ti dà l’accettarle e ringraziati per aver fatto – ora – un movimento verso l’accettazione. È se è una cosa minima, ringraziati il doppia: quella cosa minima avrà, in prospettiva, un grande risultato. Costruisci con il piccolo, con il piccolissimo, la tua capacità di accettazione. Onorando e riconoscendo i tanti momenti in cui sei in grado di accettare, anziché rimanendo intrappolato in quelli in cui non sei in grado di accettare. E, forse, nel momento in cui sperimenti l’accettazione, hai già realizzato l’esperienza di libertà che nasce dall’accettare anziché opporsi, dal lasciar andare anziché rimanere aggrappato. Forse la meta finale è solo una illusione e quello che conta è il passo che facciamo adesso.

Qualsiasi cammino inizia con un passo che non è piccolo: ha la misura delle nostre gambe. E per andare avanti servono solo i passi successivi, nessun miracolo improvviso. Se guardiamo al cambiamento finale che desideriamo realizzare è facile diventare vittime dello scoraggiamento e della rinuncia. È facile diventare impazienti. Perchè l’impazienza è figlia della distanza: una figlia minore e ribelle. La pazienza invece è figlia della fiducia, in noi e nei nostri mezzi. È la fiducia che ci fa dire “Non affrettare il cambiamento che desideri, dai alle cose il tempo di crescere”.

Conta solo il cammino, perché solo lui è duraturo e non lo scopo, che risulta essere soltanto l’illusione del viaggio. Antoine de Saint-Exupery

Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

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Fattori di guarigione: le abitudini

31/07/2023 by nicoletta cinotti

Le abitudini non sempre godono di buona fama e, soprattutto in vacanza, quello che facciamo è cercare proprio di “rompere le abitudini” per gustarsi di più la vita.

Perché è vero: le abitudini possono comportare noia.

Ma perché te ne parlo nella serie “fattori di guarigione?” Perchè la nostra mente è molto sensibile alle abitudini, in bene e in male!

Di solito il problema che ci poniamo rispetto alle abitudini è come fare a prendere buone abitudini e lasciare vecchi e cattive abitudini. Sembra facile a dirsi ma a farsi è tutt’altro che facile. Tanto che ci sono molte ricerche che si occupano proprio del tempo necessario per prendere delle buone abitudini e di quello che dobbiamo fare per lasciar andare le cattive abitudini. Un’infinità di ricerche che testimonia che nessuna di queste ha detto la parola definitiva e che molte hanno messo in luce aspetti comuni.

Io partirò a raccontarti cosa è stato importante per me, nel cambiare alcune abitudini e poi, solo alla fine, farò un breve riassunto di quello che già sappiamo dalle ricerche su questo argomento. Così, se già lo conosci, potrai saltarlo.

Saper dire di NO

Sembra abbastanza scontato che saper dire di no è fondamentale per cambiare abitudine. Ogni abitudine infatti ci dà un rassicurante senso di dipendenza che spesso supera la nostra capacità di dire di no e di cambiarla. Dietro a questa difficoltà sta la paura di rimanere esclusi, tagliati fuori, la paura – vecchia compagna – di perdere qualcosa o qualcuno. Così diciamo sì, senza discriminazione a cose che ci toglieranno energia per noi. Diciamo sì alla ripetizione di vecchi schemi. Diciamo si per principio e un po’ automaticamente, salvo poi pentircene amaramente alla fine della giornata. Insomma l’equilibrio tra il sì e il no è difficile da raggiungere e ha bisogno di qualche piccola regola. Proviamo ad elencarle:

  1. Dire no come atto di self compassion. Prendersi cura di noi e dei nostri bisogni non è un atto egoistico: è un atto di cura e di compassione. Quando entriamo a piè pari nelle nostre vecchie abitudini, ci stiamo rispettando? Oppure stiamo ripetendo qualcosa che serve più all’altro che a noi, nella speranza di guadagnare così un po’ d’amore? Se è così facciamo prima a darci direttamente amore, rispettando i nostri bisogni.
  2. Diamoci un permesso preventivo. Decidiamo prima a cosa diremo di no. Ecco un breve elenco di situazioni in cui dire di no è obbligatorio: favori irrazionali, lavori gratuiti, attività che non vuoi fare, persone che ti risucchiano, situazioni in cui sei scomodo e che ti condizionano negativamente.
  3. Metti un filtro. Dire No comunque non è facile. Così possiamo mettere un filtro SI: dire di sì solo alle cose che ci ispirano, alle persone che ci nutrono, ai piani che sostengono e realizzano i nostri sogni e il nostro benessere. Fai una lista personale di queste cose perché non c’è nulla di “giusto” in assoluto. Chiama questa lista “le cose che mi nutrono” e sceglile con priorità.
  4. Una volta fatta la lista delle priorità? Una volta che abbiamo ben chiaro la nostra lista di priorità ci sarà più facile dire di no. Potremo dire “Ho già un altro programma”, “Vorrei ma sono già impegnato” oppure, semplicemente “no, grazie”
  5. Immagina il futuro. Se proprio sei in difficoltà prova ad immaginare come ti sentirai dopo aver detto di NO e come ti sentirai dopo aver detto di SI e scegli la situazione in cui ti senti meglio. Puoi anche offrire un compromesso tra la richiesta dell’altro e la tua esigenza: non siamo sempre obbligati!

Il tempo è un patrimonio limitato

Il nostro tempo è un patrimonio limitato. Ce ne dimentichiamo e ci comportiamo come se potessimo sprecarlo senza conseguenze. È come l’acqua: una risorsa vitale, non infinita. È così che vuoi spendere il tuo tempo? Questa domanda per me è stata fondamentale rispetto alla capacità di dire Si o No. A volte penso al tempo in termini di 24 ore. Molto spesso penso in termini di arco della vita. Ho già vissuto molti anni e questo rende il tempo che ho molto prezioso. Non posso davvero sprecarlo! E nemmeno posso conservarlo senza fare nulla di quello che mi piace perché lo rimando ad un secondo momento. il momento è adesso!

La fatica della decisione

Decidere è faticoso e, come tutte le fatiche, richiede energia. Inoltre più decisioni dobbiamo prendere più si abbassa la qualità delle decisioni che prendiamo. Questo è il motivo per cui a fine giornata siamo poco propensi a prendere decisioni: abbiamo esaurito la nostra energia decisionale. Se rendiamo tutte le cose questione di vita o di morte, scelte imprescindibili, alla fine non sappiamo più cosa è importante davvero. Non sprecare la tua energia decidendo tutto: impiega la forza di volontà su poche cose: quelle che valgono davvero. Perché, alla fine aver controllato tutto ti darà una lista di cose mediocri che ti hanno tolto l’energia per le cose importanti.

Insomma riserva la tua energia alle decisioni importanti e prendile quando il tuo livello energetico è alto: non si cambia nessuna abitudine quando si è stanchi!

Metti a fuoco i successi

Siamo programmati per difenderci. Per questa ragione è più facile vedere quello che non funziona che quello che va bene: è un modo per metterci al sicuro. Se però in ballo c’è un cambiamento mettere a fuoco solo dove abbiamo fallito è decisamente scoraggiante. E impossibile: c’è sempre qualcosa – magari di piccolo – che è andato bene. Notalo e riconosci a te stesso che lì è andata proprio bene! Avere una fila di piccolissimi successi è meglio che avere un solo grande insuccesso. Ricordati che la goccia d’acqua – così fluida e dolce – scava la roccia!

Cosa dicono le ricerche sul cambiamento delle abitudini?

Nella mindfulness il tema delle abitudini è centrale per due motivi: il primo è che cerchiamo di inserire nuove abitudini che siano…non avere abitudini! in realtà il problema delle abitudini è che ci portano a muoverci con una specie di pilota automatico inserito che fa perdere il contatto percettivo e alimenta il proliferare dei pensieri. Quindi cerchiamo sistemi per dis-attivare il pilota automatico e attivare l’abitudine alle pratiche di consapevolezza.

Quanto tempo per prendere una nuova abitudine? In media 66 giorni ma è una media. Per alcuni possono bastare 21 giorni per altri 9 mesi ma questo non significa che siamo difettosi se non rientriamo nel gruppo dei veloci: significa che dobbiamo darci tempo e che ne vale la pena. la buona notizia è che saltare un giorno non è un problema.

Cambiare abitudine non è un evento ma un processo

Ci piacerebbe pensare che le cose cambino nello stesso modo in cui “voltiamo pagina”. In realtà le cose cambiano sempre, che lo vogliamo o no, ma cambiano come un processo. Un giorno in cui torniamo al punto di partenza è normale e non sarà mai un totale tornare indietro. Quando andiamo da qualche parte sappiamo che c’è una strada da percorrere. ogni passo di quella strada ha valore, non ha valore solo arrivare. E se, a metà strada facciamo un passo falso non è un problema: basta riprendere a camminare. Prima o poi arriveremo basta aver tenuto saldo il timone!

Prevedi le ricadute

Per qualche ragione – sbagliata – immaginiamo il cambiamento come un retta che procede lineare. In realtà il cambiamento ha una struttura circolare che prevede, proprio nel suo processo, delle ricadute.

Qualsiasi abitudine tu stia cercando di cambiare non scoraggiarti per le ricadute, che sono inevitabili, e riparti. Riparti una, dieci, cento volte. Non ha importanza quante volte è necessario ripartire. Altrimenti, se ogni ricaduta ti fa demoralizzare, sarà davvero difficile cambiare!

Ogni ricadute in vecchie abitudini o nella vecchia pigrizia, può insegnare qualcosa.

Avere chiara l’intenzione

Per questo motivo è importante avere chiara l’intenzione e tornare alla nostra intenzione ogni volta che abbiamo una ricaduta o un fallimento. Se la nostra intenzione è salda e ben definita, ci sarà più facile mantenere la rotta. Se, invece, abbiamo scelto di cambiare perchè altri lo fanno o perché per altri è andata bene, ricordiamoci che la motivazione, che sostiene qualsiasi cambiamento, deve essere personale.

Fai attenzione al critico interiore

Molte persone rinunciano perché hanno una voce scoraggiante che interviene alle prime difficoltà. Tratta la come se fosse una parte di te ma solo una delle parti in gioco. Puoi darle un nome, disegnarla come se fosse un personaggio, avere con questa parte un dialogo quotidiano fatto di curiosità e pieno di domande. Questo atteggiamento di dialogo spiazzerà il tuo critico interiore che, in genere, ha degli slogan ma poca capacità di argomentare. Rassicuralo sulle tue buone intenzioni. Chiedigli qualse sono le sue buone intenzioni e poi scegli cosa fare; val sempre la pena di correre il rischio del cambiamento!

© Nicoletta Cinotti 2023

 

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Un ciliegio ha paura di fiorire?

08/04/2023 by nicoletta cinotti

Siamo da pochi giorni entrati nella primavera. Abbiamo già sentito l’allungarsi delle ore di sole, le prime fioriture, i raggi più caldi del sole, le prime passeggiate in spiaggia.Amiamo la primavera perché è una promessa rispetto all’inizio di qualcosa di nuovo.

Una promessa di quello che potremo fare nelle vacanze e, forse un anticipo di vacanze.

Amiamo la primavera perché ci fa lasciare alle spalle il peso del freddo inverno e ci ricorda che è sempre possibile cambiare.Che è sempre possibile iniziare qualcosa di nuovo e lasciar andare qualcosa di vecchio.

“Solo chi ha la forza di scrivere la parola fine può scrivere la parola inizio”. Lao Tzu

Per iniziare qualcosa di nuovo abbiamo bisogno di lasciar andare qualcosa di vecchio: di concluderlo o di accettare che quello che era possibile è già stato fatto. Può darsi che non sia esattamente quello che volevamo ma se non lo lasciamo andare ci sarà molto difficile avere le energie per aprirsi alla novità. Questa è una delle ragioni che rende il cambiamento difficile e una delle spinte che la primavera sollecita.

La tendenza ad aggrapparsi allo stato di benessere o ad un ideale porta ad entrare in allarme quando la realtà differisce dalle nostre aspettative oppure ci spinge ad evitare le situazioni che producono emozioni negative e turbamento, finendo però in questo modo per restringere moltissimo il campo della nostra esperienza. Ci aggrappiamo ad un piacere che, con il tempo, diventa sempre meno piacevole e sempre più grigio per sfuggire alla nostra paura del cambiamento.

Cosa ci insegna la primavera sul cambiamento?

Il cambiamento della primavera è una piccola sorpresa: bastano pochi giorni e quello che sembrava fermo, prende vita e fiorisce quasi improvvisamente. Spesso il cambiamento è così: ci coglie alla sprovvista quando non siamo stati noi a deciderlo.

Quando avviene senza la nostra volontà è più semplice. Anche noi abbiamo aree della nostra vita in cui vorremmo portare delle novità e il modo – improvviso – con cui arriva la primavera ci apre alla fiducia che questo possa essere contagioso. È la stagione dei buoni propositi che passano all’azione. Forse nel freddo inverno abbiamo trascurato qualcosa e la vitalità della primavera ci aiuta a riattivarli.

Ciò che cresce porta nuova energia e richiede tutta la nostra attenzione e vitalità. Per questa ragione, a volte, la primavera può essere anche difficile. Ci rende un po’ bipolari, con improvvisi sbalzi d’umore e un’alternanza tra scoppi d’energia, pigrizia e demotivazione. Tanto che, per alcune persone, la primavera è anche la stagione più faticosa dell’anno.

Se cambiare quando non dipende da noi può esseer facile e avventuroso, quando siamo noi a dover decidere qualcosa può diventare insolitamente difficile.

Un ciliegio non ha paura di fiorire. Noi sì.

Uscire dal letargo

È a questo punto che possiamo nasconderci dietro al rimandare, dietro all’evitamento. Sia rimandare che evitare ci portano a vivere in una specie di torpore che assomiglia al letargo ma, quando arriva la primavera, che senso ha rimanere in letargo?

Ogni essere vivente attraversa fasi in cui funziona con meno vigore: per noi la procrastinazione, l’evitamento, il rimandare possono essere queste fasi. Sono fisiologiche, magari abbiamo bisogno di un riposo riparativo. Magari abbiamo bisogno di riprendere le forze ma se rimaniamo troppo a lungo nella stessa situazione il letargo di trasforma in stagnazione e quella perdita di vitalità diventa una perdita di colore della nostra vita.

In questi casi il sentimento dominante diventa la paura e abbiamo bisogno di riti di passaggio per uscire dalla paura. Riti di passaggio che possono essere riassunti in tre fasi:1) affrontare sé stessi allo specchio; 2) riconoscere le proprie risorse; 3) trasformare la pigrizia in azione.

Affrontare se stessi allo specchio

Alla fine quello che evitiamo è guardarsi allo specchio. Abbiamo paura di vedere i nostri limiti e in questo modo perdiamo la possibilità di vedere chi siamo davvero. A volte abbiamo paura di fare i conti con gli errori del passato. Altre volte di scoprire che non riusciamo ad imparare. In verità quando mettiamo i piedi nel fiume non ci sono più problemi. Affrontare se stessi è un’esperienza che ci restituisce un’immagine migliore di quella che pensavamo. Soprattutto se ci decidiamo a lasciar andare la nostra tendenza a pensare che un ideale sia la migliore soluzione per vivere. L’ideale che abbiamo è la migliore soluzione per svalutarsi.

Riconoscere le proprie risorse

Quando ci affrontiamo con onestà possiamo scoprire quali sono le nostre vere risorse. Le nostre capacità nascoste. Quelle che copriamo per paura di vedere chi siamo. Le nostre risorse nascono dalla connessione con la mente originaria. Una connessione che è possibile ristabilendo la calma, la quiete dalla quale nascono le giuste azioni. Il risveglio della primavera non è buttarsi a caso in qualcosa di nuovo: è sentire che cosa vogliamo sia il nuovo nella nostra vita e lasciare che questa spinta si concretizzi. Non vuol dire diventare impulsivi. Anzi, vuol dire lasciare che fiorisca la giusta azione.

[box] Puoi avere la pazienza di aspettare che il fango si depositi e l’acqua torni chiara? Puoi rimanere immobile fino a che non sorge la giusta azione? Lao Tzu[/box]

Non possiamo pensare però di riconoscere le nostre risorse se rimaniamo nascosti a noi stessi per coprire i nostri errori. Ecco quindi che lo svelamento della verità è il primo passo e solo dopo che l’abbiamo compiuto siamo pronti al passo successivo: nutrirsi con le nostre qualità.

Trasformare la pigrizia in azione

C’è un momento in cui l’azione ha inizio: se nel nostro corpo c’è troppa stagnazione questo inizio naturale risulta ritardato dal trattenimento.

Possiamo trattenere perché siamo abituati a tenere dentro. Trattenere perché siamo abituati a tenerci al di sopra delle esperienze difficili. Trattenere perché siamo abituati a tirarci indietro rispetto al flusso dell’azione. Tutte queste forme di trattenimento alimentano la pigrizia e rendono stagnante la nostra energia.

Insomma uscire dal letargo è la cosa più naturale che sia ma se leggiamo il processo nei singoli passaggi ci rendiamo conto di quante volte corriamo il rischio di fermarci. Perché abbiamo paura di vivere e abbiamo paura della nostra grandezza

[box] Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all’altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d’ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.[/box]

Il ritiro è un rito di passaggio

Quando vogliamo favorire il cambiamento abbiamo bisogno di riti di passaggio. Un ritiro di meditazione ha proprio questa funzione.Un rito di passaggio è una pratica che segna il cambiamento di un individuo da uno status socio-culturale ad un altro, da una situazione emotiva ad un’altra. Da un passato ad un presente nuovo. Spesso viene affrontato attraverso una sorta di iniziazione. Nella nostra cultura non abbiamo più veri e propri riti di iniziazione anche se, ovviamente, abbiamo anche noi molti momenti di transizione come ci insegna la primavera. Possono essere momenti stagionali di transizione o momenti di vita che segnano il passaggio da una situazione all’altra. I riti di passaggio permettono di legare la nostra storia a quella di altre persone. Permettono di ri-scoprire la nostra comune identità.

Permettono di comprendere che le difficoltà ci appartengono ma ci appartiene anche il coraggio, la nobiltà e la dignità. Ci chiedono di sapere dove vogliamo andare e tutta la nostra tribù ci accompagna e sostiene.

Arnold Van Gennep identifica tre fasi: uscire dal gruppo, isolamento e solitudine, tornare in un nuovo gruppo o tornare nuovi alla propria vita.

Spesso queste tre fasi sono quelle che attraversiamo quando avviene in noi un cambiamento e una crescita. Ci separiamo da qualcuno o qualcosa, passiamo un periodo di solitudine e poi costruiamo qualcosa di nuovo.

I ritiri di meditazione

Queste tre fasi sono presenti anche nei ritiri di meditazione: ci stacchiamo, lasciamo i nostri luoghi abituali per andare in un luogo altro, dove, con un gruppo di persone che condividono la nostra stessa esperienza, ci “isoliamo”, per poi tornare, diversi, ad una nuova aggregazione. Quella del nostro quotidiano. Non credo che sia possibile rinunciare a queste tre fasi dell’iniziazione: possiamo cambiare la forma ma ci è necessario separarci, isolarci per poi, infine, tornare alla socialità.

Qualcosa che ci rende grandi

Iniziare qualcosa di nuovo ci rende grandi. Indipendentemente da cosa iniziamo. Perché dichiariamo che siamo in grado di creare una novità, una discontinuità con il passato. Non permettiamo che la paura di vivere ci tolga questa opportunità!

La paura di vivere è quello spavento che ci coglie ogni volta che ci troviamo di fronte a “qualcosa che ci rende grandi”.È la paura di crescere e diventare chi siamo veramente. Vuol dire realizzare noi stessi, compiere quell’impresa che rende più significativa la nostra vita e che ci permette di sentirci vivi e padroni di se. Ecco perché risolversi a cominciare è la più nobile delle azioni: una volta iniziato basterà seguire il flusso. Ma aver iniziato avrà voluto dire essere stati in grado di sorridere alla paura.

© Nicoletta Cinotti 2023

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/be-real-not-perfect-crescita-e-cambiamento/

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