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silenzio

Il silenzio e l’immobilità

26/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Sono infiniti gli aggiustamenti fisici che facciamo per non essere scomodi: come ci aggiustiamo sulla sedia, nel letto, quando leggiamo o quando stiamo al computer. Tolleriamo una certa quantità di scomodità oltre la quale interveniamo.

Il punto è che quasi ogni movimento nasce dal bisogno di correggere un disagio – fisico o emotivo – e lo facciamo automaticamente, senza rendercene conto. A volte ci muoviamo prima ancora che ci sia chiara la ragione per la quale abbiamo bisogno di muoverci. Eppure quel movimento ha una spinta: quella di farci evitare un disagio.

Ecco perché stare fermi, in silenzio, può essere così difficile: perché in quella quiete i disagi che ci sono vengono a galla e non c’è il movimento ad attenuarli. I disagi fisici ed emotivi emergono. In quel momento abbiamo due possibilità: scappare prendendo la distanza da quello che ci colpisce. oppure occuparcene con lo stesso atteggiamento con cui una madre consola il suo bambino e gli offre una nuova possibilità.

Se rimaniamo sempre nel rumore, nell’azione, nel movimento tutta questa attività funzionerà come un silenziatore della voce del corpo. Se ci fermiamo il nostro corpo inizierà a parlarci e ci dirà molto di più di quello che siamo abituati a sentire.

A volte il silenzio dà la parola. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del corpo

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

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Quante cose può dire il silenzio

04/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

A volte mi capita di perdere qualcosa: piccoli oggetti di uso comune. Magari non li ho davvero persi ma solo dimenticati in qualche luogo insolito. Però, non trovarli, li rende improvvisamente importanti. Forse non tanto perché mi sono utili quanto proprio per la sensazione che si accompagna alla perdita. Come se la perdita disegnasse l’importanza dell’oggetto.

Poi lo ritrovo e tutto torna alla sua dimensione naturale. Questo ingigantimento che la perdita produce mi colpisce moltissimo perché mi sembra una misura di quanto ogni perdita venga vissuta come una minaccia e un silenzio. Una minaccia che chiede immediata solidarietà. Un silenzio che chiede ascolto. Come se le cose prima ti parlassero e poi, quando le perdi, non le sentissi più e ti mancasse proprio la loro voce.

La prima cosa che facciamo quando cerchiamo qualcosa che abbiamo perso è chiedere se qualcuno l’ha visto. Se ci aiuta a ricordare dove l’abbiamo lasciato. Non è per l’aiuto in se stesso, credo. È proprio per non essere soli nel momento in cui ci sentiamo più poveri.

Non è diverso quando la perdita è più importante e significativa. Cerchiamo solidarietà, la vicinanza silenziosa di altre persone. Come se questo fosse l’unico modo per attutire il dolore della perdita. Così, spesso le perdite vengono accompagnate da un minuto di silenzio negli eventi pubblici. Non è solo una forma di rispetto. È che la vera solidarietà si incontra nel silenzio. Questo è il silenzio che chiedo nei miei ritiri. Non è stare zitti: all’interno delle sessioni c’è condivisione verbale. Ci sono spazi per le domande e per la ricerca delle risposte. È entrare nel silenzio che offre rispetto e solidarietà. È astensione dalle conversazioni sociali, per qualche giorno. Quelle conversazioni sociali che attivano la mente che fa paragoni, la wanting mind e la mente di povertà. Non dovrebbe essere difficile astenersi da questo rumore di fondo che accompagna le nostre giornate perchè è nel silenzio rispetto a queste tre menti – wanting mind, mente che fa paragoni, mente di povertà – che possiamo ascoltare quali corde sta toccando la nostra vita.

Quell’uomo mi ha offerto, una sera, un bellissimo momento di silenzio. Non lo dimenticherò tanto presto. E’ uno dei miei ricordi migliori dell’anno. C’è chi serba il ricordo delle sue conversazioni, io rammento quel silenzio. Nina Berberova

Pratica di mindfulness: I suoni del silenzio

© Nicoletta Cinotti 2023 Reparenting ourselves. Diventare genitori di sé stessi

 

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Pensieri nella sala d’attesa del cuore

30/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Capita spesso di sentire, dentro di noi, un proliferare di pensieri: la mente divisa tra mille attività da programmare, le preoccupazioni per il futuro, le rimuginazioni sul passato. Attraversano la nostra mente e ci assorbono, ritirando il nostro contatto con la realtà e con il presente. Possiamo credere che siano pensieri ma in realtà sono emozioni che non riescono ad entrare nel cuore.

Bussano alla porta ma, siccome temiamo di sentirle, salgono veloci alla mente e si trasformano in pensieri. Ogni tanto provano a scendere di nuovo nel cuore ma vengono respinte dalla nostra decisione di essere razionali. Di tenere sotto controllo la vita. Poi, man mano che corrono nella nostra mente, questi pensieri, suscitano anche delle emozioni, un po’ generiche: ansia, preoccupazione, inquietudine. Ma siamo tanto presi dal correre dei pensieri che nemmeno in questo caso ci fermiamo per aprire la porta del cuore.

Avere la testa invasa dai pensieri non è pensare. È avere una emozione che non riusciamo a sentire e che dà il via alla proliferazione mentale. I pensieri senza emozioni nascoste si riconoscono subito: arrivano, sono aderenti alla situazione specifica e se ne vanno. Leggeri come nuvole bianche in un cielo d’estate. Quando le nuvole diventano pesanti, oscure, indugiano a lungo non sono pensieri: sono emozioni travestite da pensieri che aspettano nella sala d’attesa del cuore: la mente.

Allora, alla fine – come medici indaffarati – dobbiamo decidere di fermarci e farli entrare. Visitarli non è difficile. Richiedono di essere riconosciuti. Prima di riconoscere la famiglia a cui appartengono – pensieri sul passato, sul futuro, dialoghi, pensieri sul corpo o pensieri di fuga – poi di riconoscere l’emozione che contengono e li produce. Poi di fermarsi ad osservare la situazione alla quale sono collegati, rimanendo ancorati al corpo e al respiro. E infine, salutarli e ringraziarci perchè ci siamo permessi di ascoltare, con pazienza, anziché essere assorbiti. Non c’è nulla da fare con i pensieri: solo dipanarli per non farsi assorbire, con gentilezza e precisione. La precisione dell’amore.

Quando il respiro è affannoso, il pensiero è guidato dalla paura e dall’ansia. I tuoi stati mentali affondano le loro radici nel passato o nel futuro. Sei concentrato su ciò che fanno altre persone, su come puoi compiacerle o su come proteggerti dalle loro azioni. Praticamente stai innalzando una fortezza di pensieri attorno al tuo cuore. Respira profondamente e riportati nel tuo cuore. Paul Ferrini

Pratica di mindfulness: Inclinare la mente al cuore

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT

 

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Voce del verbo ascoltare

23/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

A volte mi capita di cercare soluzioni complesse e di avere, invece, risposte semplici proprio davanti ai miei occhi. Spesso sono le riflessioni apparentemente più banali quelle che, invece, mi sembrano più luminose.

Così in questi giorni, mentre dentro di me declinavo le tante sfumature del verbo permettere, mi è apparso chiaro che una delle sue più semplici declinazioni è ascoltare. Mentre ascoltiamo – se ascoltiamo davvero – permettiamo all’altro di svelare dov’è. Di mostrarci uno spiraglio del suo mondo interno. E il nostro ascolto più è profondo e silenzioso, più è accogliente e presente, più rassicura che permettiamo che le cose siano esattamente come sono, senza interferenze. Nell’ascoltare decliniamo la possibilità di permettere che l’altro mostri se stesso, al di là dei soliti discorsi.

Se arricchiamo il nostro ascolto con interventi, richieste di chiarimenti, spostamenti di attenzione, facciamo qualcosa in più che permettere: a volte approfondiamo l’ascolto. Altre volte portiamo l’attenzione su qualcosa di diverso. Dirigiamo la conversazione dove vogliamo noi. O forse evitiamo che la verità venga a galla. Perché alla fine, molto spesso, quello che temiamo di più, è proprio la verità.

Ascoltare compie anche un altro atto del permettere: ci rende sincronici. Tu parli, io ascolto e, nello stesso momento, realizziamo, nello stesso istante, il nostro reciproco bisogno di comunicazione.

Quindi come mai è tanto difficile ascoltare? Temiamo che non venga mai il nostro turno per essere ascoltati?

Quando ascoltate qualcuno, abbandonate tutte le idee preconcette e tutte le opinioni soggettive che avete; ascoltatelo, solo osservate com’è fatto. I concetti di giusto e sbagliato, di buono e cattivo, sono irrilevanti per noi. Guardiamo semplicemente le cose così come sono per lui, e le accettiamo. È così che si comunica. Shunryu Suzuki-roshi

Pratica di mindfulness: Il panorama della mente

© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful self-compassion

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Togliersi le scarpe e la delusione in amore

10/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando ci innamoriamo – e forse ogni relazione, anche di amicizia, inizia perché un po’ ci innamoriamo – tutto dell’altro ci appare gradevole o per lo meno accettabile. La spinta e la curiosità verso la nuova relazione a volte può farci essere anche un po’ incauti. Può farci pensare che con quella persona le difficoltà che avevamo avuto con altre non si ripeteranno mai.

E, infatti, a volte, non si ripetono le stesse difficoltà ma ne incontriamo di nuove. A volte, invece abbiamo proprio le stesse difficoltà. Sembra lo stesso film ma con attori diversi. E molto spesso, a questo punto, arriva la delusione e la rabbia. Così particolari insignificanti iniziano ad avere importanza e a darci fastidio, a volte fino all’avversione. E iniziamo l’altalena tra simpatia e antipatia che spesso si prolunga per molto tempo. Un tempo non felice.

È a questo punto che bisogna togliersi le scarpe. Cosa vuol dire? Vuol dire riconoscere con onestà e precisione quale fame nascosta l’altro doveva soddisfare nelle nostre intenzioni. Quale bisogno segreto doveva saziare, quale aspettativa e quale promessa di felicità – non dichiarata – aveva sottoscritto. Perché molta della nostra delusione nasce da quell’insieme, poco consapevole, di aspettative e di desiderio di trovare una risposta magica ai nostri bisogni. Così, prima ancora di vedere l’altro per com’è davvero, abbiamo visto la possibilità che rispondesse alle nostre necessità, necessità che non avevamo nemmeno tanto esplicitamente presenti ma che lavoravano nel sotterraneo.

Togliersi le scarpe è l’atto – simbolico – che facciamo quando pratichiamo. Possiamo stare in tutte le posizioni che vogliamo: seduti sulla sedia, sdraiati, nella posizione del loto, sul panchetto, sul cuscino o sullo zafu. Ma senza scarpe. Perché scegliendo di praticare abbiamo dichiarano la nostra disponibilità a lasciar andare le nostre pretese. E le pretese sono i mattoni più solidi della nostra infelicità.

Così meglio togliersi le scarpe, meglio abbandonare le pretese e guardare che cosa, con sorpresa, l’altro ci porta di nuovo. Anche se lo conosciamo da tantissimo tempo. Proprio perché l’abbiamo appena conosciuto.

Quando inizi a cantare dal cuore, i passaggi tra una frase e l’altra cambiano. Jennifer Lopez

Pratica di mindfulness: La pazienza

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT online

Vuoi approfondire? Leggi Amore, mindfulness e relazioni. Qualità mindful per amare senza equivoci

 

 

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Il dono del silenzio

29/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

La vita è piena di meraviglie, compresi suoni magnifici. Se riesci ad essere qui, se riesci a essere libero, allora puoi essere felice proprio qui e ora. Non devi più correre.

La pratica della consapevolezza è molto semplice

Ti fermi respiri e immobilizzi la mente

Torna a te stesso

in modo da poter assaporare il qui e ora

in ogni istante

Tutte le meraviglie della vita sono già qui. Ti stanno chiamando. Se riesci ad ascoltarle potrai smettere di correre. Quello che ti serve, che serve a tutti noi, è il silenzio. Ferma il rumore della tua mente in modo che i magnifici suoni della vita vengano uditi. A quel punto puoi cominciare a vivere la tua vita in maniera autentica e profonda. Thich Nhat Hanh

© wwwnicolettacinotti.net Dalla rubrica “Addomesticare pensieri selvatici”

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