C’è una regola base della psicoterapia che spesso è considerata tanto ovvia e scontata da non essere nemmeno dichiarata: “Dire la verità e censurare il meno possibile”. Non ci sono strumenti per sapere la verità se non l’intento di dirla e di farla conoscere perchè la psicoterapia possa procedere.
In realtà molto spesso portiamo in psicoterapia quello che crediamo raccontabile e lasciamo fuori quello che temiamo ci farebbe “giudicare male” Eppure è proprio quello che avremmo bisogno di dire. perché omettiamo, minimizziamo ed evitiamo il cuore della questione?
Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno. Mark Twain
Costruire un segreto
Tutti noi abbiamo dei segreti: non parlo di cose che non diciamo che a pochi intimi. Parlo proprio di cose che non diciamo e che percepiamo come segreti. Questi segreti rimangono chiusi strettamente dentro di noi. In psicologia sappiamo che spesso questi segreti sono portatori di patologia: soprattutto i segreti familiari. Questa trasformazione di un segreto in patologia avviene per diverse ragioni.
La prima ragione è la vergogna. La vergogna è un’emozione che ci fa sentire non degni ed esclusi dal proprio gruppo di appartenenza: due condizioni che non solo sono ragione di patologia ma che, anticamente, portavano addirittura alla morte. Gli uomini primitivi non riuscivano a sopravvivere fuori dalla loro tribù.
La seconda ragione è la non accettazione: il segreto è una verità considerata inaccettabile e tutto ciò che è inaccettabile deve rimanere segregato, attivando così delle difese per questa segregazione. Costa quindi molte energie emotive: troppe
La limitazione del senso di appartenenza: noi siamo animali sociali. Nasciamo e viviamo in contesti relazionali e l’approvazione o disapprovazione che riceviamo è un elemento importante della nostra autostima. Se crediamo che delle parti di noi non meritino appartenenza, costruiamo una immagine menomata di noi.
Come facciamo a mantenere un segreto?
Per mantenere un segreto abbiamo bisogno di attivare delle difese sia corporee che emotive.
Dal punto di vista corporeo abbiamo bisogno di trattenere. Ogni emozione infatti attiva una risposta muscolare, consapevole o inconsapevole. E per non esprimere quell’emozione dobbiamo attivare una contro risposta muscolare di direzione opposta e di forza almeno uguale. E’ in questa qualità di trattenimento che perdiamo le nostre risorse migliori: la nostra creatività e la nostra motivazione, la nostra vitalità e la nostra spinta curiosa. Con il passare del tempo l’effetto della contrazione diventa cronico e quindi non percepiamo più quella parte del corpo che è connessa al trattenere. Quindi all’inizio trattenersi dal dire richiede uno sforzo consapevole e intenzionale. Nel tempo è come se dimenticassimo. Sono entrate in azione le nostre difese psichiche
Le difese psichiche legate al mantenere il segreto sono principalmente due: l’evitamento e la dissociazione. L’evitamento ci porta a ridurre le esperienze in modo che questa verità non emerga. La dissociazione ci induce a chiudere in un cassetto quello che c’è in modo da non sentire gli effetti. Sono due difese che hanno conseguenze significative nella qualità della salute emotiva.
Essere spontanei
L’effetto più evidente è quello di una perdita della spontaneità e della libertà espressiva: non siamo liberi di muoverci come vorremmo se abbiamo bisogno di tenere nascosto qualcosa. Arrivati a questo punto sarebbe piuttosto facile pensare che questo sia un argomento che non ci riguarda. Sono gli altri che non dicono la verità: noi non abbiamo niente da nascondere. In realtà le cose non funzionano così. Tutti abbiamo qualcosa da nascondere perché la nostra mente giudica continuamente quello che è accettabile e lo separa da quello che considera inaccettabile. Siamo continuamente divisi da una piena presenza che è quella che possiamo definire verità.
Allora cosa fare?
La prima cosa è la più semplice e la più disattesa: mettere l’intenzione di non essere distratti. Non è perché vogliamo diventare dei buddha (c’è chi dice che buddha lo siamo già e che basterebbe non nascondere la nostra vera natura per esserlo) ma perché se non siamo consapevoli di quello che succede quello che rimane non riconosciuto va ad alimentare la nostra riserva di ansia. E l’ansia è una emozione che non vale mai la pena di coltivare.
Per alcuni custodire un segreto è come trattenere il respiro. Roberto Gervaso
Siamo continuamente sul crinale tra segreto e verità
Siamo continuamente sul crinale tra segreto e verità. Tra presenza e distrazione. Non possiamo farci niente ma riconoscerlo è già un modo semplice perché questo si trasformi in presenza e la presenza apra uno spiraglio di verità. A volte nascondiamo la verità perché nascondiamo a noi stessi un evento. I segreti possono metterci in un continuo stato di dubbio e aumentano la proliferazione mentale.
Cosa significa allora dire la verità? Significa sapere che cosa sentiamo e non censurarlo. Non renderlo un elemento escluso dal nostro panorama interno. Significa rimanerci in compagnia fino a che non sapremo dargli un nome e riconoscere il modo in cui si esprime nel corpo.
Poi potremo scegliere se dirlo o non dirlo. Perché spesso le prime persone a cui non diciamo la verità non sono gli altri ma noi stessi. Mi succede spesso di ascoltare storie di tradimenti. E, ad un certo punto, nella maggior parte delle volte, le persone mi dicono che lo sapevano ma non avevano voluto crederci. Ecco questo è l’effetto del dubbio. Non sappiamo più riconoscere la verità perché non sappiamo più se fidarci di quello che sentiamo oppure no.
Tutti custodiamo un segreto chiuso a chiave nella soffitta dell’anima. Carlos Ruiz Zafón
La verità è semplice, le bugie no
Dire la verità nelle nostre giornate non è una impresa impossibile. È un atto quotidiano che possiamo coltivare con la presenza, la consapevolezza e una attenzione non giudicante alla nostra esperienza. Spesso non sono i grandi segreti quelli che creano inquietudine ma il non saper più conoscere la verità di quello che sentiamo e pensiamo tanto ci siamo abituati a nascondere le cose per paura di guardarle. Guardare la verità non è pericoloso. Il pericolo è non sapere.
Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale e’ invisibile agli occhi. Antoine de Saint-Exupéry
© Nicoletta Cinotti 2023
Il Protocollo di Mindfulness interpersonale: un modo per imparare a dire la verità a sé stessi e non vergognarsi di dirla agli altri