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Protocollo MBCT

Guarire, respiro dopo respiro

09/11/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando ci apriamo alla consapevolezza non è insolito che emergano sensazioni lungamente tenute sopite. Possono essere vecchi ricordi, possono essere emozioni della giornata che abbiamo tenuto da parte nello sforzo di controllare come stavano andando le cose.

In quel momento inizia un nuovo aspetto della nostra pratica: possiamo esplorare quel luogo – spesso ferito – oppure volgere lo sguardo altrove. A quello che abbiamo da fare, ai nostri programmi, alla ricerca della calma che sta dentro a molte delle intenzioni di pratica.

In realtà la pratica è la ricerca della consapevolezza: abbiamo bisogno della calma per andare in profondità ma la mindfulness non è, in se e per sé, un calmante. Può avere un effetto calmante ma è funzionale all’offrirci la possibilità di esplorare l’esperienza in corso. Così, quando nella nostra pratica emerge qualcosa che ci agita o ci turba, facciamo riferimento al respiro non per mandare via l’agitazione ma per avere il gentile coraggio di esplorare quello che sta emergendo. Sapendo che, questo venire a galla, è proprio l’aspetto curativo della pratica stessa. Può essere scomodo però guarisce. Guarisce perché non permette che avvenga la trascuratezza e l’evitamento nei confronti delle nostre ferite, dei nostri unfinished business. Guarisce perché offre un’attenzione affettuosa. Guarisce perché riconosce che c’è bisogno di cura, di soffermarsi, di guardare. Non guarisce perché ci calmiamo o perché ci forziamo a stare tranquilli. Ci calmiamo perché – respiro dopo respiro – veniamo guariti.

Rilassandovi nel momento, forse potete sviluppare una maggiore presenza al corpo. Le sue tensioni emergono nel momento presente in forma di sottili disagi (…) Invitate il corpo a lasciarsi andare senza combattere o resistere ma, piuttosto a cedere, ammorbidendosi. Gregory Kramer

Pratica del giorno: La classe del mattino

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo di Mindfulness interpersonale: un evento che avviene una sola volta all’anno. Non perderlo!

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Essere vivi

28/10/2023 by nicoletta cinotti

Essere vivi
Essere vivi essere vivi ora vuol dire avere sete
essere abbagliati dal sole fra gli alberi ricordare all’improvviso una melodia
starnutire
tenerti per mano

essere vivi
essere vivi ora
vuol dire minigonna
un planetario
Johann Strauss
Picasso
le Alpi
vuol dire imbattersi in tutte le cose belle e poi
essere attenti e opporsi al male che vi si nasconde

essere vivi
essere vivi ora vuol dire poter piangere
poter ridere
potersi arrabbiare
vuol dire libertà

essere vivi
essere vivi ora
vuol dire un cane che abbaia in lontananza ora
la terra che sta girando ora
da qualche parte il primo vagito che si alza ora
da qualche parte un soldato ferito ora
è un’altalena che dondola ora è l’ora che passa ora

essere vivi
essere vivi ora
vuol dire il battito d’ali degli uccelli
vuol dire il fragore del mare
il lento procedere di una lumaca
vuol dire gente che ama
il tepore della tua mano
vuol dire vita.

©Tanikawa Shuntarô in Poeti Giapponesi, a cura di M.T. Orsi e A. Clementi degli Albizzi, Giulio Einaudi editore

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I dubbi sull’amore

19/10/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

È vero che, molto spesso, ci innamoriamo di ciò che ci porta piacere. Anche se non è una regola generale, come insegna l’esperienza di chi, pur rifiutato in amore, rimane fortemente legato al suo partner ideale. Generalmente finiamo per amare ciò che ci dà ripetute esperienze piacevoli ma non è una regola valida sempre.

Questo accade perchè piacere e amore sono due emozioni che possono essere sia legate che indipendenti. Possiamo provare piacere sessuale senza essere innamorati del nostro partner. Oppure essere innamorati ma non avere una forte intesa sessuale. Sono moltissime le sfumature che si intrecciano tra piacere e amore. Tanto che, a volte, possiamo essere noi stessi confusi e non sapere se qualcuno ci piace o lo amiamo.

C’è un momento in cui però la distinzione è chiara: non lascia dubbi. È il momento in cui perdiamo la fonte del piacere, in cui perdiamo la fonte dell’amore. In quel momento di separazione le reazioni emotive sono molto diverse.

La perdita del piacere produce rabbia, frustrazione, forse delusione.

La perdita dell’oggetto amato produce dolore e lutto.

Sono due risposte diverse che non trovano facile consolazione e che spesso riattivano le nostre difese, le nostre vecchie risposte caratteriali. Quelle che ci hanno fatto credere che, per essere amati, dobbiamo essere diversi da come siamo. Non è vero eppure continuiamo a crederlo. Continuiamo a pensare che, se fossimo stati diversi, le cose non sarebbero finite.

Le perdite hanno un effetto: riattivano le vecchie ferite e aprono la possibilità di nuove risposte. Abbiamo bisogno, in quei momenti, di consolazione intima per non cadere nei soliti schemi, nei soliti film.

Se cerchiamo rapidi sostituti, in entrambi i casi, siamo esposti a confusione e insoddisfazione. Sia il piacere che l’amore sono esperienze intime. La perdita dell’oggetto d’amore o dell’oggetto del piacere richiede una intima consolazione e non l’affannosa ricerca esterna di un sostituto.

Il fatto che dipendiamo dall’approvazione – e dalla disapprovazione – ci rende basicamente nevrotici perché ci porta a credere di dover essere diversi. Cinotti, Nicoletta. Amore, mindfulness e relazioni (Italian Edition) (p.57). Hoepli. Edizione del Kindle.

Pratica di mindfulness: Cullare il cuore

© Nicoletta Cinotti 2023 Amore, mindfulness e relazioni

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L’arte di essere fragili

16/10/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Siamo cresciuti pensando che la ricerca della sicurezza fosse sia un must che un segno di successo. Abbiamo misurato il successo in gradi di sicurezza. Più sicurezza – economica, di personalità, di status, professionale – più successo.

Fino a che qualcosa nel mondo è cambiato. Qualcosa che riguarda tutti. Non siamo lontani dai migranti che arrivano – quando arrivano – sulle nostre coste bagnati, poveri, disorientati e arrabbiati. Non siamo lontani dall’Ucraina e nemmeno da Israele e dalla Palestina. Non siamo lontani per tante ragioni: una di queste è che il terrorismo ha battuto forte nelle nostre coscienze.

Così ci viene chiesto un cambiamento radicale. Quello di imparare a trovare la felicità nell’incertezza. Con un lavoro a tempo molto determinato e che, dall’altra parte, ci chiede sempre più tempo. Guerre alle porte che sono già dentro i nostri pensieri. Cambiamento climatico in atto. È una sfida. Non è nuova. Siamo umani perchè – da sempre – siamo stati consapevoli dell’incertezza dell’esistenza. Forse è questa che ci differenzia dagli animali. Oppure anche loro imparano a correre per la stessa ragione.

Mi rendo conto che questa incertezza non ci rende vulnerabili ma fragili. Elementi fragili di un sistema in precario equilibrio. Non possiamo scappare da questa fragilità. Della consapevolezza della fragilità non possiamo che farne un’arte. Che ha la stessa bellezza, poesia, forza e vitalità di qualsiasi arte. Non sono tempi facili ma possono essere tempi in cui impariamo a stare nella nostra fragilità senza scappare. Tempi in cui possiamo imparare l’arte di essere fragili.

A tutti gli uomini e le donne
che difendono le cose fragili,
perchè sanno che sono
le più preziose.

Alla mia famiglia
nella quale imparo ogni giorno
l’arte di essere fragile. Alessandro D’Avenia “L’arte di essere fragile

Pratica di mindfulness: Pratica di accettazione

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT

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I sei aspetti della rabbia

08/10/2023 by nicoletta cinotti

La rabbia assume molte forme nella nostra vita. C’è la frustrazione che proviamo quando siamo ostacolati e i nostri obiettivi sono bloccati, quando lavoriamo duramente e le cose non vanno come vorremmo. La rabbia può nascondersi appena sotto la superficie quando ci sentiamo irritabili, pronti a rispondere alla più piccola frustrazione. C’è la rabbia impulsiva che proviamo quando ci sfoghiamo: può essere così rapida e potente che quasi ci salta addosso con una vita propria. C’è la rabbia moralista, che emerge quando ci troviamo di fronte a un’ingiustizia o sentiamo di aver subito un torto o una critica ingiusta. La rabbia può anche derivare da un senso di impotenza, dal sentirsi inascoltati, quando tutto ciò che vorremmo è che qualcuno si accorgesse di noi e ci ascoltasse. Esistono nomi diversi per i vari tipi di rabbia, termini come “frustrazione”, “irritazione” e “indignazione”, ma queste esperienze sono tutte il riflesso degli stessi sistemi nel nostro cervello, che hanno lo scopo di aiutarci a rispondere alle minacce.

Persone vulnerabili alla frustrazione possono avere una giornata meravigliosa rovinata da un improvviso contrattempo e la nostra capacità di tollerare la frustrazione può essere abbassata da condizioni come la fretta o dal fatto di avere troppe cose da fare. Il paradosso è che, anche se lo sappiamo, non evitiamo di sovraccaricarci. Se invece il nostro problema è l’irritabilità è possibile che funzioni più come l’umore e che si diventi particolarmente sensibili proprio quando siamo stressati o depressi.

La rabbia può avere livelli diversi

La rabbia può avere livelli diversi, dall’irritazione alla furia. Salire lentamente o velocemente; può avere diverse durate. Per alcuni è un rapido scoppio, per altri una lunga marea. Alcuni non possono trattenersi dall’esprimerla, altri non lo farebbero mai. Ma anche chi non la esprime può passare ore a fantasticare su come “avrebbe messo a posto” (con le mani o con le parole) la persona che gli ha suscitato rabbia.
Il punto è che, ci piaccia o no, la rabbia fa parte della vita e non è evitabile. Per questo è importante imparare come lavorare con la rabbia perché, quando non è gestita è una delle emozioni che possono essere più dannose sia sul piano fisico che mentale e relazionale. Quando ci identifichiamo con la rabbia che proviamo possiamo attraversare la vita come se fosse un campo di battaglia, fare fatica a fidarsi degli altri e avere poca empatia per le loro emozioni.
Una cattiva gestione della rabbia può comportare, nel tempo, una ridotta funzionalità del sistema immunitario, ipertensione, aumento del rischio di ictus e incidenti cardiovascolari mentre un eccessivo controllo della rabbia è associato a depressione e ansietà

Le emozioni di base

La rabbia è una delle cinque emozioni di base insieme al disgusto, alla paura, alla gioia e alla tristezza. Questo vuol dire che è presente fin dalla nascita e che è presente in tutte le culture studiate finora. Può far emergere, come emozioni secondarie, vergogna, orgoglio o imbarazzo. Nel mio libro, Mindfulness ed emozioni (da cui sono tratte le immagini che vedi) racconto come per Lucia diventasse ragione di vergogna. Ma non è solo Lucia a provare vergogna dopo un’esplosione di rabbia, visto che le sue scenate assumevano caratteri epici. Per molti di noi perdere il controllo e arrabbiarsi è fonte di ansia o di vergogna o di una modalità di controllo che poi paghiamo a caro prezzo sia in termini di salute mentale che di salute relazionale.

Malgrado sia presente fin dalla nascita non possiamo identificare un’area cerebrale definita che risponde alla rabbia. Sappiamo che quando siamo arrabbiati questa emozione interagisce con molte aree del corpo e del cervello provocando uno stato mentale che Paul Gilbert definisce con 6 elementi presentati in questo diagramma.

Sappiamo anche che l’amigdala determina il quando ci arrabbieremo. È un sistema contraddistinto dalla velocità perché, dovendo difenderci, deve funzionare in modo tempestivo. Per questa ragione può succedere che ci troviamo arrabbiati senza nemmeno sapere come abbiamo fatto a passare da zero a 100 in un secondo. È importante capire che questo tipo di funzionamento non è una nostra colpa ma semplicemente il modo in cui funziona il nostro cervello. Se non riesci a cambiare il tuo modo di gestire la rabbia non significa che non ti stati impegnando abbastanza. Significa che hai bisogno da capire meglio come funziona la rabbia

Un approccio compassionevole alla rabbia

Lavorare in modo compassionevole sulla rabbia non significa che siamo pronti a sbarazzarcene ma che siamo pronti a non farci possedere da questa emozione e per questo dobbiamo conoscere:
– come funziona nel corpo. Il corpo, quando siamo arrabbiati, si prepara a combattere. La noradrenalina viene rilasciata nel flusso sanguigno, il cuore aumenta il ritmo, la respirazione accelera, la pressione del sangue aumenta, i muscoli si tendono la mascella si contrare e gli occhi si fissano sulla fonte della rabbia.
– l’attenzione. Quando ci arrabbiamo il focus dell’attenzione si restringe e raccogliamo solo le informazioni collegate alla minaccia percepita, sostenute da ricordi di minacce passate. Diventa difficile ampliare l’attenzione e finiamo per rimanere intrappolati nell’esperienza. Questo restringimento dell’attenzione è involontario ed è la causa della sensazione che a volte proviamo di essere intrappolati nella rabbia e che la rabbia ci spinge a decisioni che poi non riconosciamo successivamente. Il nostro sistema di pensiero perde flessibilità e mette insieme informazioni che ci convincono dell’intensità del pericolo ma che possono fuorviare la lettura della realtà. L’attenzione viene attirata solo dalle informazioni negative, eliminando quelle positive
– pensiero e ragionamento. Aumentano i pensieri automatici, pensieri che sono collegati alle cose che non ci piacciono. Tendiamo a prendere tutto in maniera personale e ad avere sospetti che riguardano la nostra relazione o le nostre relazioni in generale. Questi pensieri automatici possono essere sbagliati perché non sono motivati dalla realtà ma dal nostro sistema di risposta alla minaccia. Anche se sbagliati ci crediamo e danno benzina al fuoco che già brucia. Molto spesso questi pensieri riguardano il nostro essere isolati, non amati e sfruttati dagli altri. Coltivare compassione ci aiuta ad avere meno intensità in queste sensazioni. Anche il nostro ragionamento e il modo in cui interpretiamo le informazioni è influenzato dalla rabbia perché mettiamo insieme solo informazioni che confermano il nostro modo di pensare e tendiamo a formarci opinioni negative sugli altri. Il problema è che la rabbia, a differenza di altre emozioni difficili, correla con un senso di certezza rispetto a quello che pensiamo e quindi possiamo prendere decisioni che, passato il momento della rabbia, ci sembreranno molto inadeguate
– immaginazione e fantasia. L’immaginazione è uno strumento mentale molto potente che attiva, a livello cerebrale, le stesse aree che sarebbero coinvolte nell’atto reale. Sia le fantasie che l’immaginazione sono condizionate dal nostro umore. Nel caso della rabbia fantasia e immaginazione servono per tenere acceso il fuoco. Diventa un circolo vizioso in cui tendiamo a sperimentare rabbia, ad avere fantasie legate alla rabbia e queste aumentano l’intensità della rabbia stessa. Il nostro cervello non sempre riconosce la distinzione tra mondo interno e mondo esterno. La buona notizia è che possiamo usare il potere dell’immaginzazione e della fantasia per creare uno stato mentale compassionevole che ci faccia sentire sicuri e connessi con gli altri in modo da riuscire a gestire più efficacemente le nostre emozioni
– motivazione. La rabbia si accompagna con una forte motivazione all’azione. Con la rabbia siamo motivati ad andare verso la situazione o la persona con la quale ci siamo arrabbiati. La sentiamo come un’urgenza. Anche in questo caso la compassione può aiutarci perché possiamo scegliere di non avere una motivazione aggressiva o immaginare le conseguenze della realizzazione di una motivazione aggressiva rispetto a quelle di una motivazione compassionevole. Il nostro cervello non ha solo un sistema di risposta alla minaccia ma anche un sistema di risposta alla cura.
– Comportamento. I comportamenti aggressivi sono gli aspetti potenzialmente più problematici perché creano distanza e ferite anche nei confronti delle persone che amiamo. Negare l’affetto, coltivare il risentimento, disapprovare, ignorare sono tutti comportamenti collegati con la rabbia, Comportamenti che possono intaccare gravemente il clima relazionale. Troppo spesso copriamo il dolore che proviamo con la rabbia che ci fa sentire potenti mentre il dolore si accompagna ad un senso di vulnerabilità. A volte la rabia è una strategia di evitamento che ci permette di allontanarci dalle emozioni difficili. Il problema è che questa temporanea anestesia del nostro dolore è molto costosa. La self-compassion può aiutarci ad avere più strumenti per consolare il nostro dolore senza usare questa strategia compensativa

Se vuoi saperne di più Mindfulness ed emozioni è una vera è propria guida per il tuo mondo emotivo. È in promo Gribaudo con il 20% di sconto fino al 27 Ottobre!

© Nicoletta Cinotti 2023

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La salute mentale

07/10/2023 by nicoletta cinotti

Il 10 Ottobre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della salute mentale, una ricorrenza istituita nel 1992 dalla Federazione Mondiale della Salute mentale – World Federation of Mental Health – e supportata dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS).
La missione della Federazione è quella di espandere la consapevolezza del ruolo della salute mentale in una visione della salute intesa come risultato di fattori biologici, psicologici, sociali e culturali, promuovendo iniziative a sostegno della prevenzione dei disturbi psichici, per favorire migliori cure e ridurre i processi di stigmatizzazione sociale ancora oggi attivi nei confronti dei disordini mentali. Ogni anno viene scelto un tema e quest’anno il tema sarà “La salute mentale è un diritto umano universale” per sottolineare l’importanza dell’estensione di questo diritto a cittadini di ogni cultura e condizione economica .

I dati della salute mentale nel mondo e in Italia

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il peso globale dei disturbi mentali continua a crescere con un conseguente impatto sulla salute e sui principali aspetti sociali, umani ed economici in tutti i Paesi del mondo. Secondo la stima OMS una persona su otto soffre di un disturbo mentale che comporta comportamenti ed emozioni disregolate, ideazioni confuse, rimuginazioni e paranoie. Condizioni che comportano una diminuzione nelle capacità produttive e relazionali con un impatto che si diffonde anche nella famiglia e nella realtà sociale. La depressione è il disturbo mentale più comune e una delle principali cause di disabilità. A livello globale sono stimate circa 280 milioni di persone che soffrono di depressione con una prevalenza superiore tra le donne. Sono circa 60 milioni le persone affette da disturbo bipolare e 23 milioni soffrono di schizofrenia, disturbi che, in questo caso, vedono una prevalenza tra gli uomini.
La pandemia ha comportato un significativo aumento sia dei disturbi d’ansia (+26%) che dei disturbi depressivi (+28%) in un solo anno . Questi dati riferiti alla popolazione generale includono anche bambini e adolescenti. I disturbi d’ansia riguardano 58 milioni di bambini e adolescenti, mentre per la depressione si parla di 23 milioni di bambini e adolescenti. Numeri che fanno riflettere soprattutto se si considera che alcuni disturbi mentali si accompagnano ad una aspettativa di vita considerevolmente inferiore alla media.

Nel mondo dal 10 al 20% di bambini e adolescenti soffre di disturbi mentali e di condizioni neuropsichiatriche che ne riducono le abilità personali ed emotive. La metà delle malattie mentali ha un esordio precoce, attorno ai 14 anni e il 75% inizia prima dei 25 anni . Queste condizioni mentali, se non trattate adeguatamente, diventano un enorme costo umano e sociale che molto spesso è affrontato primariamente dalle famiglie che si trovano di fronte ad una costante diminuzione degli investimenti in materia di salute mentale. Il divario tra le necessità di trattamento e l’offerta reale è ampio in tutto il mondo e nei paesi a basso reddito quasi la totalità delle persone con problemi mentali non riceve alcuna forma di trattamento mentre in quelli ad alto reddito la risposta copre solo una percentuale che va dal 35 al 50% della richiesta .

Un’epidemia di stress

Il disturbo mentale più prevalente rimane lo stress che in Italia riguarda il 56% della popolazione con un aumento di 8 punti percentuali tra il 2022 e il 2023. Il 48% degli italiani si sente solo, il dato peggiore in Europa, mentre incidono sullo stato di salute mentale anche l’impatto negativo della guerra, avvertito dal 52% del campione e l’impatto degli effetti negativi del cambiamento climatico (43%, terzi in Europa) .

La violenza contro le donne

Secondo l’OMS la violenza contro le donne rappresenta un problema di salute mentale di proporzioni globali enormi. L’ultimo report raccoglie i dati dal 2000 al 2018 ma anche in questo caso i dati successivi al lockdown riportano un considerevole peggioramento delle percentuali di violenza domestica denunciata. Anche in questo caso la stigmatizzazione sociale incide come volano di ampliamento sia nella difficoltà ad ottenere protezione che nella difficoltà a denunziare maltrattamenti e violenze.

La violenza contro i bambini

Tutto questo dovrebbe farci ricordare che la salute mentale conta come la salute fisica e che sono tra loro strettamente correlate come ha dimostrato, negli Stati Uniti la ricerca Ace Adverse Childhood Events. In questa ricerca longitudinale è stata valutata la correlazione tra eventi traumatici e avversi nella fascia d’età dalla nascita ai 17 anni e la correlazione tra lo sviluppo in età adulta di malattie fisiche rivelando che non solo i traumi emotivi in infanzia e adolescenza correlano con un maggior rischio di sviluppo di malattie mentali ma, anche, con una maggiore propensione allo sviluppo di patologie fisiche.

Non c’è salute senza salute mentale

Concludendo possiamo affermare che salute mentale e salute fisica sono strettamente intrecciate e che l’una ha ricadute significative sull’altra. In questo senso non esiste salute se si stigmatizzano i problemi mentali senza prevenirli e curarli adeguatamente, proprio come dovremmo fare per i problemi legati alla salute fisica. Tuttora sono troppo insufficienti le possibilità di cura offerte dai servizi pubblici e quasi inesistenti i programmi di prevenzione per la salute mentale.
Se ormai le campagne di sensibilizzazione per la medicina preventiva hanno raggiunto importanti risultati nell’incidenza delle malattie oncologiche altrettanto dovremmo fare per la prevenzione dei disturbi mentali con programmi di educazione alla regolazione emotiva nelle scuole, Interventi basati sulla mindfulness per la prevenzione delle ricadute depressive, interventi di riduzione dello stress che hanno dimostrato pienamente la loro efficacia attraverso il protocollo MBSR e MBCT .
Riteniamo, sbagliando, che comprendere e saper gestire le emozioni siano capacità innate e ci dimentichiamo che, come abbiamo fatto campagne per la profilassi delle più comuni malattie fisiche dovremmo considerare necessarie anche campagne che educhino alla regolazione delle emozioni. Nel Regno Unito, il National Institute for Clinical Excellence (NICE) ha suggerito che il protocollo MBCT sia una priorità da implementare per la prevenzione delle ricadute depressive . Così come abbiamo imparato a lavarci i denti dopo ogni pasto dovremmo considerare l’attenzione alle nostre emozioni un elemento base della nostra salute e intervenire con azioni informative che possono essere corsi, libri divulgativi e incontri che aiutino nella gestione delle proprie emozioni a partire dall’infanzia fino all’età adulta. Coltivare l’abitudine di prendere contatto con la propria interiorità dovrebbe essere un’abitudine per tutti noi, così come una sana educazione emotiva dovrebbe far parte della capacità di un buon genitore, sia rivolte ai figli che rivolte alla capacità di gestire e regolare le proprie emozioni.
Alda Merini, poetessa italiana che ha convissuto con la malattia mentale, affermava che alla base della follia sta l’emarginazione delle persone con disturbi mentali. Io aggiungerei che sta anche l’ignoranza di quelli che sono gli elementi basilari della salute mentale.
Se sappiamo come dovrebbe essere una dieta bilanciata rischiamo di non sapere quali sono gli ingredienti per una salute mentale equilibrata. Daniel Siegel e David Rock hanno provato a mettere insieme questi elementi facendo un elenco di sette attività mentali quotidiane che hanno un effetto sul benessere mentale:

• Tempo di concentrazione
Quando ci concentriamo sui compiti in modo mirato, affrontiamo sfide che creano connessioni profonde nel cervello.
• Tempo di gioco
Quando ci permettiamo di essere spontanei o creativi, divertendoci con esperienze nuove, contribuiamo a creare nuove connessioni nel cervello.
• Tempo di connessione
Quando entriamo in contatto con altre persone, possibilmente di persona, e quando ci prendiamo del tempo per apprezzare la nostra connessione con il mondo naturale che ci circonda, attiviamo e rafforziamo i circuiti relazionali del cervello.
• Tempo fisico
Quando muoviamo il nostro corpo, se possibile aerobicamente, rafforziamo il cervello in molti modi.
• Tempo interiore
Quando riflettiamo con calma all’interno, concentrandoci su sensazioni, immagini, sentimenti e pensieri, aiutiamo a integrare meglio il cervello.
• Tempo di inattività
Quando non siamo concentrati, senza un obiettivo specifico, e lasciamo che la nostra mente vaghi o semplicemente si rilassi, aiutiamo il cervello a ricaricarsi.
• Tempo di sonno
Quando diamo al cervello il riposo di cui ha bisogno, consolidiamo l’apprendimento e ci riprendiamo dalle esperienze della giornata.

Vuoi autovalutare la tua salute emotiva? Ecco una serie di test adatti all’autosomministrazione

  • La scala di self-compassion, per aiutarti a valutare la tua capacità di auto-conforto. Clicca qui
  • La scala per valutare la depressione e l’ansia (con punteggio calcolato automaticamente)Clicca qui
  • Una scala per valutare l’impatto di eventi stressanti. Clicca qui

© Nicoletta Cinotti 2023

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