In questi giorni mi è capitato di osservare una piccola storia. Crudele quanto ripetuta. Un bambino che veniva punito per la sua irrequietezza. È comprensibile che si possa perdere la pazienza con alcuni bambini molto vivaci. Ma il modo che la famiglia sceglieva per punirlo era quanto mai efficace. Per punirlo veniva lasciato solo. Non poteva giocare con gli altri fino a che non si era calmato.
La scena si è ripetuta per qualche giorno di seguito. Non so quanto fosse abituato a questo tipo di punizione. A giudicare dall’esterno sembrava molto abituato. Ovviamente, man mano che rientrava nel gioco con gli altri, era sempre più in difficoltà a giocare “bene”. Visto che la punizione era stare solo è difficile immaginare come possa imparare – da solo – a stare con gli altri.
Quello che mi ha colpito non è solo la severità della punizione. Ma il fatto che questa punizione colga un aspetto – quello sociale – delle emozioni, che è così delicato. Gli altri bambini non tentavano nessun “salvataggio” del piccolo amico. Continuavano a giocare tra di loro, aspettando che potesse rientrare nel gioco oppure, semplicemente, dimenticandosi del problema.
Escludere, isolare è una forma di controllo emotivo estremamente efficace. Efficace e crudele. Perché se c’è una cosa che non vorremmo perdere mai è il gruppo di appartenenza. Per ancestrale memoria sappiamo quanto è fondamentale non essere soli. Per apprendimento presente sappiamo quanto non sentirsi degno di fare parte di un gruppo possa incidere sull’autostima e l’umore.
Escludere è qualcosa che facciamo spesso: tutte le volte che ci vergogniamo di qualche aspetto di noi. È crudele tanto quanto silenzioso. Così oggi, anziché escludere perché non praticare l’inclusione? Di noi stessi e degli altri?
L’età dell’anima è diversa da quella registrata all’anagrafe. Credo che l’anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più. Etty Hillesum
Pratica di mindfulness: Addolcire, confortare, aprire
© Nicoletta Cinotti 2016 Le radici della felicità
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