• Passa al contenuto principale
  • Passa al piè di pagina
Nicoletta Cinotti
  • Nicoletta
  • I miei libri
  • Blog
  • Contatti
  • Iscriviti al blog
  • Mindfulness
    • Cos’è la Mindfulness
    • Protocollo MBSR
    • Protocollo MBCT
    • Il Protocollo di Mindfulness Interpersonale
    • Il Protocollo di Mindful Self-Compassion
    • Mindful Parenting
    • Mindfulness in azienda
  • Bioenergetica
    • Cos’è la Bioenergetica
    • L’importanza del gruppo
  • Corsi
  • Percorsi suggeriti
  • Centro Studi
  • Nicoletta
  • I miei libri
  • Blog
  • Contatti
  • Iscriviti al blog
AccediCarrello

amore

Tornare adolescenti

30/09/2023 by nicoletta cinotti

Da innamorati torniamo adolescenti, con le stesse incertezze e le stesse eroiche grandiosità. Possiamo viaggiare tutta la notte per fare una sorpresa e, nello stesso tempo, sentirci imbarazzati perché abbiamo un po’ troppa pancia. Proprio come adolescenti possiamo fare di tutto per attirare l’attenzione e poi nasconderci aspettando che ci vengano a cercare. Visto che l’innamoramento è uno stato nascente, è pieno di promesse: alcune si realizzeranno, altre no. È importante riprendere il senso della possibilità, uscire dall’impressione che la nostra vita scorra su binari troppo conosciuti. È questo quello che rende l’innamoramento così simile alla mindfulness. Anche le cose che normalmente ci disturbano diventano di secondaria importanza, almeno per il momento perché poi, quando l’innamoramento diventa una relazione stabile e duratura, tutto può cambiare. Nel passaggio dall’innamoramento all’amore facciamo, molto spesso, il percorso inverso. Iniziamo a pensare che, se l’altro ci ama, non dovrebbe mai fare qualcosa che ci disturbi. Ovviamente non è vero e, soprattutto, questo genera un rapporto basato sull’accondiscendenza più che sulla sincerità. La diversità è una risorsa e il modo migliore per accoglierla è proprio lo stesso che abbiamo quando siamo innamorati: interesse, curiosità e non giudizio. Non è detto che ignoriamo la diversità dell’altro ma, nella fase dell’innamoramento, ci appare, giustamente, come una possibilità in più e non come una minaccia–cosa che spesso accade quando la relazione diventa più stabile. In fondo, innamorarsi è arrendersi, ma la capacità di arrendersi all’amore è molto condizionata dal nostro carattere: se abbiamo bisogno di dominare, sarà per noi molto difficile farlo. Arrendersi non vuol dire diventare accondiscendenti, anzi è proprio l’opposto: significa permettere che l’altro sia così com’è e consentire a noi di essere proprio come siamo; significa accogliere la possibilità di diventare diversi senza sforzarsi nella direzione di un cambiamento voluto. Accettare di essere differenti non è un obbligo, altrimenti diventa uno stress inutile e intenso. In qualche modo, impariamo ad amare nello spazio che le nostre difese lasciano libero alla possibilità di aprirsi.”

— Amore, mindfulness e relazioni: Qualità mindful per amare senza equivoci by Nicoletta Cinotti. Gratis su Kindle Unlimited

Per la Rubrica di recensioni e citazioni “Addomesticare pensieri selvatici”

© Nicoletta Cinotti 2023

Archiviato in:Addomesticare pensieri selvatici, mindfulness Contrassegnato con: amore, mindfulness relazionale, relazioni, stress relazionale

Perché facciamo fatica a coltivare

29/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Uno degli ostacoli più forti al cambiamento è lo scoraggiamento, quella specie di collasso che ti viene quando pensavi di essere fuori da un problema e invece si ripresenta di nuovo, in tutto il suo “splendore”. Un attimo prima eravamo entusiasticamente convinti che non si sarebbe ripetuto e un attimo dopo siamo lì – con i cocci – della nostra convinzione.

Eppure è normale che succeda: se abbiamo un’abitudine consolidata non se ne andrà perchè abbiamo capito che ci fa male. Non sparirà perché non vogliamo che ri-succeda. L’abitudine salterà di nuovo fuori quando saremo stanchi, quando saremo distratti, quando saremo tristi (Le abitudini legate alla tristezza sono le più resistenti al cambiamento!)

Quindi è normale che tornino a galla e, a quel punto, lo scoraggiamento gioca un ruolo fondamentale. Perchè se ci scoraggiamo penseremo che non sia possibile cambiare. Che sarà sempre la stessa storia e che non c’è niente da fare. Invece, in quel momento, bisogna fare lo sforzo del contadino. Quello che semina e vede spuntare, oltre a ciò che ha seminato, anche le erbacce. Non si scoraggia perché sa che è fondamentale tenere il terreno pulito e quindi le toglie (in modo più o meno ecologico!). E lo fa ripetutamente. Come ripetutamente ci laviamo e ci vestiamo. Mangiamo e dormiamo, Spolveriamo anche se sappiamo che domani ci sarà nuova polvere. Non c’è niente di strano. È solo la ripetizione delle stelle.

Se siamo di cattivo umore vedremo che ripetiamo le cattive abitudini. Se siamo di buon umore vediamo che abbiamo un sacco di nuove buone abitudini. Facciamo fatica a coltivare perché ci lasciamo convincere dallo scoraggiamento. Che è letteralmente la fatica di tornare al cuore delle cose.

È’ una specie d’amore vero?
Come la tazza contiene il tè,
Come la sedia si regge gagliarda sulle quattro gambe,
Come il pavimento riceve la suola delle scarpe.
O le dita dei piedi. Come la pianta dei piedi conosce
dove si trova.
Stavo pensando alla pazienza
delle cose comuni, come i vestiti
che aspettano rispettosamente negli armadi.
E il sapone che si scioglie quietamente sui piatti,
E gli asciugamani che assorbono l’umidità
dalla pelle della schiena.
E l’amorevole ripetizione delle stelle.
E cosa, infine, è più generoso di una finestra?Pat Schneider

Pratica informale: Tenere una poesia con sé per curare la morbidezza del cuore

© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione

Archiviato in:mindfulness continuum, Protocollo MBCT, Protocollo MBSR Contrassegnato con: amore, bioenergetica, cambiamento, mente, mindfulness, Nicoletta Cinotti, pazienza, poesia, pratica informale

Il body scan e la lettura del corpo

20/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando portiamo attenzione e consapevolezza al corpo e alla percezione che ne abbiamo possiamo trovarci pieni di domande. Come mai mi sta succedendo questo? Cosa vuol dire? Cosa devo fare perché non succeda più o, se è stato piacevole, ri-succeda ancora?

Domande che nascono in parte dallo stupore e in parte dalla curiosità che la percezione che abbiamo di noi ha suscitato.

Per vecchia abitudine però le domande le poniamo all’esterno. O poniamo all’esterno la ricerca della risposta a queste domande. Chiediamo che sia un altro, chiediamo che sia un esperto, a leggere il nostro corpo. Forse perché pensiamo che dall’esterno le cose si vedano meglio.

Eppure con il corpo non è proprio così. La lettura del corpo fatta dall’esterno, fatta dall’esperto, ci toglie informazioni invece che offrircene, rende la nostra esperienza una esperienza di categoria generale, privata delle sfumature che, invece, sono presenti nell’esperienza personale. La lettura del corpo quindi deve essere un dialogo tra chi cura e chi è curato. Un dialogo che consenta una esplorazione e un approfondimento. Un dialogo in cui possa tornare l’intimità con la nostra esperienza e la capacità di radicare, nell’esperienza, l’apprendimento.

La lettura del corpo è leggere noi stessi: è leggerci con amore, affetto e rispetto. Leggerci dimenticando la parola sintomi e dichiarando la parola segni: segni di amoroso dialogo con noi stessi. Questa è la lettura del corpo. Il resto è l’elenco – necessario – dei capitoli di un libro.

Amare qualcuno significa leggerlo. Significa saper leggere tutte le frasi che ci sono nel cuore dell’altro, e leggendolo liberarlo. . Cristian Bobin

Pratica del giorno: La consapevolezza del corpo

© Nicoletta Cinotti 2023  Il protocollo MBCT online

Archiviato in:mindfulness continuum, Protocollo MBCT, Protocollo MBSR Contrassegnato con: amore, bioenergetica, Bioenergetica e Mindfulness Centro Studi, blog nicoletta cinotti, consapevolezza, dimorare nel corpo, dimorare nel presente, meditazione di consapevolezza, mindfulness cinotti, mindfulness e bioenergetica, mindfulness e psicoterapia, Nicoletta Cinotti, poesie e mindfulness, pratica di mindfulness, pratica di mindfulness. consapevolezza, pratiche di mindfulness, protocolli basati sulla mindfulness, protocolli mindfulness, protocollo di mindfulness interpersonale, protocollo MBCT, protocollo mbsr, protocollo mbsr chiavari, protocollo mbsr genova, protocollo mindfulness, protocollo mindfulness interpersonale, protocollo mindfulness torino, respiro

L’ansia del rientro

11/09/2023 by nicoletta cinotti 1 commento

Mi capita spesso, in questi giorni, di sentirmi dire “Ho appena iniziato ma mi sembra che le vacanze siano lontane anni”, oppure “Ho appena ripreso e avrei già bisogno di andare in vacanza”. Io lo chiamo effetto immersione. Quando riprendiamo la nostra quotidianità – che sia lavoro o quotidianità in senso ampio – riprendiamo il nostro consueto meccanismo di vita. Che ci stritola non solo perché è troppo pieno ma anche, e soprattutto, perché è meccanico. Non ha posto per gli imprevisti, non ha posto per la pausa.

È come se la nostra vita diventasse più grande di noi: una specie di macchina gigantesca che ci ingloba fino a soffocarci. In questo senso la vacanza rischia di essere una fuga momentanea che ci permette di tornare a farci stritolare, senza pietà e senza ritegno.

Perché costruiamo dei meccanismi, degli schemi, delle routine? Per amore dell’efficienza. Per timore di non farcela. Il meccanismo acquista così una vita propria ma ci soffoca. Il punto allora è incominciare a mettere la vacanza nella propria vita quotidiana: non nel fine settimana ma proprio nella giornata. In ogni giornata. Dei momenti di assoluta gratuità, in cui dedicarci a quello che accade, senza bisogno di produrre nulla.  Momenti in cui siamo semplicemente presenti. In cui trattiamo la nostra agenda come se fosse un giardino. Momenti in cui, ogni giorno, ci prendiamo una vacanza. Senza l’ansia dell’inizio, senza l’ansia della fine.

Per essere un artista della fine bisogna lodare
Non solo ciò che è stato prima, ma anche ciò che verrà.
Il fatto di finire è di per sé sorprendente;
Le linee che la definiscono non vengono mai tracciate.
L’inizio è un dono che arriva inaspettato,
ma la fine può essere creata come un’arte. Pat Schneider

Pratica di mindfulness: Un cuore sicuro

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR

 

 

Archiviato in:mindfulness continuum Contrassegnato con: amore, ansia, destinazione mindfulness, felicità, Nicoletta Cinotti, pratica di mindfulness, protocolli mindfulness, protocollo mbsr, protocollo mbsr chiavari, protocollo mbsr genova, protocollo MBSR torino Niccolò gorgoni, vacanze

Due viaggiatori

10/09/2023 by nicoletta cinotti

Ci sono sempre due viaggiatori?

Quante volte abbiamo l’impressione che ci sia una parte di noi che rema contro? Quante volte ci ritroviamo ad auto-sabotarci con una piccola – o almeno apparentemente piccola – dimenticanza? Moltissime volte, almeno per me. Volte in cui ho perso un biglietto aereo, altre in cui ho perso le chiavi (le mie chiavi sono distribuite in almeno 5 posti diversi tra amici, parenti e vicini). Perché succede? Perché siamo consapevoli del gioco che vogliamo giocare con la volontà ma non sempre siamo consapevoli di quello che vuole la nostra parte interiore: quella che va in ansia. Quella che ripete sempre gli stessi errori. Quella che vorrebbe essere vista ma che ha, anche, paura di mostrarsi.

Così potremmo facilmente dire, in molte occasioni, che ci sono due viaggiatori. Uno va avanti e l’altro indietro. Uno o una fa il gioco della volontà e l’altro o l’altra fa il gioco inconscio. E che, spesso, non sappiamo chi ci rappresenta di più. A volte ci sabotiamo con la volontà, altre volte con l’inconscio.

Ma come mai ci sono due viaggiatori? E, soprattutto, ci sono sempre due viaggiatori?

La voce autocritica

Non so se avete mai osservato che i bambini danno voce ai loro personaggi. A volte si raccontano che cosa stanno facendo. Lo fanno perché c’è una parte più grande che guida un’altra parte che sta crescendo. La parte “grande” ha spesso le sembianze del genitore interno. Le regole di quel genitore magari non sono ancora le regole del bambino ma lui le sta introiettando e se le ripete così, dando voce ai personaggi del gioco. O raccontandosi sommessamente cosa deve fare. Per gli adulti a volte è così, anche se sono cresciuti. Solo che, nello sviluppo, questa voce interna è diventata una voce che fa parlare il nostro caro, vecchio Super-Io. La parte doveristica di noi, che è sempre un po’ più severa  o crudele di quello che sarebbe necessario. A questo dobbiamo aggiungere un altro aspetto di divisione: spesso separiamo la mente dal corpo. Lo facciamo per essere più produttivi. A volte impariamo a farlo per trattare il dolore emotivo che, altrimenti, potrebbe essere troppo intenso. Altre volte lo facciamo perché mettiamo su il nostro caro, vecchio, pilota automatico.

Insomma è quasi certo al 100% che i viaggiatori sono almeno due. A volte anche più di due. La buona notizia però è che non dobbiamo ridurli ad uno. Non c’è bisogno di scegliere tra un giocatore e l’altro. Basta essere consapevoli della presenza di entrambi e, soprattutto, smettere di usare l’autocritica per imparare qualcosa di nuovo. È un metodo che non funziona: è ufficiale

 Costruiamo muri dietro ai quali nascondersi, per proteggerci dall’essere feriti, per tenere dentro il nostro dolore. Sfortunatamente questi muri ci imprigionano. Alexander Lowen

È un metodo che non funziona: è ufficiale

La nostra fiducia nel rimprovero, nell’autocritica è molto alta. Eppure non funziona per una semplice ragione. Perché parte dall’idea di cancellare qualcosa che esiste. E cancellare qualcosa che esiste è molto dispendioso, spesso inutile e superfluo. Perché quello che esiste si ribella e vuole essere visto e sentito. Vuole tornare a farsi vivo. Molto meglio partire da quello che esiste e chiedere che cosa vuole dirci. E, forse, accettare che la direzione non può essere sempre e solo dettata dalla volontà ma, anche, dalla spontaneità. Quello che viene spontaneo non sempre è da correggere. Spesso è da seguire per comprendere la direzione naturale di crescita.

In questo senso Lowen mette una distinzione fondamentale tra sforzarsi e fluire. Quello che facciamo con sforzo è retto dalla volontà, quello che facciamo con spontaneità ha la qualità del fluire. Andiamo con ordine però: come possiamo imparare a partire da quello che ci viene spontaneo, senza diventare stupidamente spontaneisti?

Quando un’attività ha la qualità del fluire appartiene all’essere. Quando ha la qualità dello spingere appartiene al fare. […] Un’attività che per essere svolta richiede una pressione è dolorosa perché […] impone uno sforzo cosciente grazie all’uso della volontà”.Alexander Lowen

Imparare da quello che ci viene spontaneo?

Intanto credo sia utile fare una precisazione: spontaneo può voler dire molte cose. Alcune salutari e altre poco salutari. Ci può venir spontaneo fumare, anche se sappiamo che ci fa male. Oppure ci può venire spontaneo abbuffarci di cibo quando siamo nervosi, anche se ci fa male. Quindi sappiamo che possiamo avere comportamenti spontanei che non vorremmo e comportamenti volontari che invece preferiamo: per esempio possiamo preferire quando stiamo a dieta o quando riusciamo a smettere di fumare. Come imparare allora a partire dagli aspetti spontanei anziché dalla volontà?

Con piccoli passi: 4 per la precisione

a) Osservare quello che c’è senza giudicare. Non c’è cambiamento possibile se non sappiamo dove siamo: ecco perchè la mappa è importante. A volte siamo poco sinceri con noi stessi, ci diciamo che siamo arrivati e invece non siamo nemmeno partiti. Ci raccontiamo tante cose per proteggerci dagli attacchi dell’autocritica e così non cambiamo proprio perché non siamo in grado di dire dove siamo esattamente con precisione e gentilezza. La precisione serve per essere onesti e la gentilezza per non diventare autocritici.

b) Mettere l’intenzione: vorremmo cambiare ma facciamo fatica a definire la direzione del nostro cambiamento. Mettere l’intenzione è un modo per identificare che direzione vorremmo dare al nostro cambiamento. Più la nostra intenzione è definita, più ci è possibile convogliare le nostre energie. Mettere l’intenzione però – precisazione necessaria – non significa lottare per un risultato. Significa piuttosto riconoscere che noi possiamo desiderare un risultato ma poi dobbiamo sapere che le cose possono prendere una piega diversa, significa mettere in dialogo la realtà con il nostro desiderio.

c) Esercizio e flusso: imparare dall’esperienza. È meglio esercitarsi tanto per cambiare o è meglio coltivare un diverso atteggiamento e fidarsi che il cambiamento arriverà spontaneamente? Questo aspetto è tanto importante che gli dedichiamo il prossimo paragrafo, quello intitolato Grazie e Grinta

d)Seguire il processo: il cambiamento non è un atto unico ma un processo e quindi dobbiamo ripartire dall’osservare gli avanzamenti e le pause, o anche i ritorni indietro, senza giudicarli ma con l’intenzione di imparare dal processo la direzione verso la quale ci stiamo muovendo.

Grazia e grinta

Come forse avrai capito amo lo sport. È una malattia di famiglia. Tanto di famiglia che, qualche anno fa, mio nipote ebbe una sincope da over-training. Cosa vuol dire? Vuol dire che allenarsi è importante ma che, se esageriamo, entriamo in stress e questo non porta molto lontano. Porta ad uno stress nocivo proprio come tutti gli altri stress. Diversi miei pazienti hanno avuto micro-fratture da stress: l’osso reagisce al sovraccarico di allenamento con una micro fratturazione. Eppure allenarsi è importante. Ma che relazione ci può essere tra l’allenamento e il fluire?

L’allenamento è certamente la base, quotidiana. non solo per gli sportivi ma per chiunque voglia imparare una nuova abilità. Il flusso però è quella condizione in cui, siamo così liberi nella mente, che quello che abbiamo imparato fluisce con grazia. Apparentemente senza sforzo e permette un risultato in cui le nostre capacità possono esprimersi pienamente.

A volte ci sono principianti che ottengono, la prima volta, ottimi risultati. Liberi da ansia da prestazione, possono lasciar uscire pienamente le loro capacità. Nessuno si aspetta molto e loro possono divertirsi. Poi iniziano ad allenarsi e i loro risultati peggiorano. Perché l’aspettativa di un risultato crea una sorta di ansia performativa. Capita non solo per lo sport ma per tutte le nostre attività, anche per la meditazione. Quello di cui avremmo bisogno è di un allenamento regolare ma non eccessivo e mantenere la testa sgombra per poter fluire. Insomma non aggrapparsi al risultato ma onorare il processo. La grinta sta nella capacità di dire di no. La grazia sta nella capacità di dire di sì. E insieme grazia e grinta sono la nostra forza e la nostra capacità di resa: abbiamo bisogno di un  cocktail, personale, di entrambe.

Dire di sì e dire di no.

È una parola, direte voi. proprio così. Anzi due: si e no. Quando formiamo la nostra personalità lo facciamo per contrapposizione. Per questo i bambini incontrano la fase del NO. Tanto fastidiosa quanto necessaria. Il no in questione non riguarda tanto l’oggetto specifico su cui si esercita, quanto la possibilità di affermare la propria personalità. Ti dico no perché voglio che tu sappia che io esisto come entità separata da te. Ho una forza, una volontà e un desiderio. A volte i bambini lo usano a sproposito. Molte volte lo usano molto a proposito. E quel no ci permette di imparare com’è il loro carattere. Cosa fanno quando sono stanchi, cosa desiderano e cosa, invece, rifiutano. Nessun genitore può accettare tutti i NO dei bambini ma ogni buon genitore sa che deve dare al bambino la possibilità di dire No e di sapere che quel no verrà rispettato. Quando diciamo no lo accompagniamo con una tensione muscolare. Una attivazione che è tanto più forte quanto più immaginiamo che incontreremo opposizione. Ci prepariamo a combattere e quindi attiviamo i muscoli. Le persone che hanno incontrato molta opposizione – o che hanno molto desiderio di imporre la propria volontà – le vedi subito dalla loro tonicità muscolare. Una tonicità che potrebbe portare alla rigidità. E molto spesso avviene che la rigidità sia solo un muscolo ipertonico.

Dire di sì è tutta un’altra storia

Dire di sì è una storia diversa. Possiamo dire di sì perché aderiamo a quello che ci viene proposto. Perché ci piace e ci rende felice. Oppure dire di sì perché i nostri genitori hanno una personalità troppo forte per noi. Oppure perché, davvero, abbiamo paura a dire di no. In questo modo svilupperemo un’attitudine arrendevole e articolazioni flessibili. A volte troppo flessibili. Tanto flessibili che ci ritroveremo a dire e fare cose che non vorremmo giusto per compiacere. il segnale? Il tono muscolare che cede troppo facilmente.

Eppure dire sì, davvero, è bellissimo: lo è quando è fatto in piena consapevolezza. Lo è quando è autentico e sentito. È la parola più bella della cerimonia del matrimonio. Quel sì è meraviglioso perché dichiara l’accettazione che non nasce dal nostro accondiscendere, non nasce da una sconfitta ma da una scelta. Quel sì dice “ti scelgo in piena dignità e consapevolezza” (o almeno dovrebbe). Spesso rinunciamo al No per la paura che questo comporti il non essere amati. Rinunciamo a rispettare il nostro no perchè temiamo di sentirci in colpa. E allora quel sì non è accettazione ma rinuncia.

 Il primordiale senso di colpa nasce dalla sensazione di non essere amati. L’unica spiegazione che un bambino può dare di questo stato di cose è quella di non meritarsi l’amore. Alexander Lowen

Il linguaggio del corpo

In bioenergetica lavoriamo molto con queste due parole il “sì” e il “no”. Le accompagniamo con esercizi e movimenti perché hanno – forse più di ogni altra parola – una radice strettamente corporea. Spesso le persone trovano imbarazzante tornare a quei gesti, a quelle parole, a quei suoni che associano ai bambini. Preferiscono comportarsi da bambini nella vita reale, piuttosto che far crescere la loro parte bambina nella stanza della terapia. Eppure l’accettazione significa anche e soprattutto questo: partire da dove siamo e scoprire che possiamo andare in tutto il mondo!

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

Archiviato in:approfondimenti, esplora Contrassegnato con: accettazione, accettazione radicale, alexander lowen, amore, ansia, bioenergetica, Bioenergetica e Mindfulness Centro Studi, cambiamento, consapevolezza, crescere, fiducia, gentilezza, la paura, mente, mindfulness per bambini, mindfulness x adolescenti, mindfulness x bambini, Nicoletta Cinotti, parole, piacere, pratica informale, protocolli basati sulla mindfulness, protocollo MBCT, protocollo mbsr, protocollo mbsr chiavari, protocollo mbsr genova, protocollo MBSR torino Niccolò gorgoni, ritiri di mindfulness, ritiro, ritiro di bioenergetica e mindfulness, ritiro di meditazione, ritiro di mindfulness, stress

Curare con la compassione

04/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Oggi parliamo spesso, e sempre più spesso, di cura attraverso la compassione. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di sostenere che emozioni che sono al di sotto delle nostre difese, come la compassione per esempio, siano in grado di apportare un cambiamento positivo ed essere una azione di cura.

Per anni abbiamo pensato che fosse necessario interpretare le nostre difese e le loro ragioni. Per anni abbiamo percorso strade terapeutiche lunghe e spesso difficili. Per anni abbiamo cercato soluzioni dove invece c’erano cause di sofferenza. Così adesso siamo al cuore della questione. E il cuore della questione – il cuore della nostra mente – sta in ciò che proviamo nel corpo e negli affetti. Entrambi vanno a costruire la mente. E per cambiare la mente abbiamo bisogno di passare dal corpo e dalle emozioni. Così curare attraverso la compassione significa ristabilire la capacità di avere relazioni sane. Curare attraverso il corpo significa riconoscere che l’esperienza va più in profondità di tutti i nostri pensieri e lascia un solco profondo.

Significa riconoscere che il graffio lasciato dalle nostre esperienze negative si cura con l’amore più che con il pensiero, con la compassione più che con il giudizio. E che la compassione, nel momento in cui la proviamo, non cura solo l’altro ma anche noi stessi perché ci riconnette alla nostra vera natura.

Se volete sapere come sta andando la vostra pratica, cercate di capire dove tracciate la linea tra ciò che potete e ciò che non potete perdonare. Beck, Charlotte Joko.

Pratica di mindfulness: La meditazione del sorriso

© Nicoletta Cinotti 2023 Il Programma di Mindful Self-compassion. Ultimo giorno in early bird

Archiviato in:mindfulness continuum Contrassegnato con: amore, bioenergetica, cambiamento, chiavari, compassione, emozioni, genova, mindfulness, mindfulness e bioenergetica, Nicoletta Cinotti, protocolli mindfulness, protocollo MBCT, protocollo mbsr, trauma

  • Vai alla pagina 1
  • Vai alla pagina 2
  • Vai alla pagina 3
  • Pagine interim omesse …
  • Vai alla pagina 29
  • Vai alla pagina successiva »

Footer

Sede di Genova
Via XX Settembre 37/9A
Sede di Chiavari
Via Martiri della Liberazione 67/1
Mobile 3482294869
nicoletta.cinotti@gmail.com

Iscrizione Ordine Psicologi
della Liguria n°1003
Polizza N. 500216747, Allianz Spa
P.IVA 03227410101
C.F. CNTNLT59A71H980F

  • Condizioni di vendita
  • Privacy e Cookie Policy
  • FAQ
  • Iscriviti alla Newsletter

Le fotografie di questo sito sono state realizzate da Rossella De Berti e Silvia Gottardi
Concept e design Marzia Bianchi

Impostazioni Cookie

WebSite by Black Studio