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programmi di mindful education

L’amore esagerato

18/08/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

C’è una poesia di Naomi Long Madgett che ogni tanto rileggo. perché pone una domanda fondamentale: di quanta cura abbiamo bisogno?

La risposta a questa domanda nel tempo è cambiata perché è cambiato il nostro modo di prenderci cura. Quando ho iniziato a lavorare le persone che arrivavano nel mio studio, per il 90%, avevano traumi e problemi legati alla deprivazione o alla cattiva cura. Adesso le persone che seguo hanno – al 70-80% – problemi legati ad una cura eccessiva. Sono persone che hanno ricevuto troppo: troppe cure, troppo amore, troppe attenzioni. E troppe aspettative. E continuano a pretendere che il troppo sia il minimo sindacale che devono ricevere costruendo così una infelicità senza speranza. L’infelicità che nasce dal chiedere l’impossibile.

Magari sono figli unici di due genitori figli unici con tutta la famiglia che guarda a loro per il proprio riscatto futuro. E, anche se può sembrare paradossale che la troppa cura faccia male, questo, alla fine, le ha soffocate. Magari sono stati figli di genitori ansiosi che, temendo di fare troppo poco hanno fatto troppo. O di genitori che si sono talmente innamorati che non hanno potuto fare altro che soffocarli d’amore. Questo non è amore incondizionato: questo è amore esagerato. È come la storia del contadino che, credendo che lo sciroppo antibiotico l’avrebbe fatto guarire, decise di berlo tutto insieme.

Perché qualsiasi cosa, anche la più buona, ha bisogno di misura. E quel trovare la misura del nostro bisogno costruisce, giorno dopo giorno, la nostra salute emotiva e fisica.

Se fossi in te, non curerei troppo la pianta. Quelle attenzioni premurose potrebbero danneggiarla. Smetti di zappare e lascia riposare il terreno e aspetta che sia secco prima di bagnarlo. La foglia trova da sola la propria direzione; …dalle la possibilità di cercare il sole per conto suo. Troppi stimoli e una tenerezza troppo assillante arrestano la crescita. Dobbiamo imparare a lasciare in pace le cose che amiamo. Naomi Long Magdett

Pratica di mindfulness: Assaporare: saper dire basta

© Nicoletta Cinotti  2023 Il programma di Mindful self-compassion online

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Diventare rimanendo immobili

31/07/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Abbiamo tutti una grande fiducia nella possibilità di diventare: diventare qualcosa di meglio, di diverso, di nuovo. Siamo stati abituati fin da piccoli a sentirci dire che quando saremmo diventati grandi avremmo potuto fare cose che in quel momento nemmeno potevamo sognare di fare.

Il diventare è stato così legato ad una serie di azioni: se mangi diventi grande, se fai palestra diventi muscoloso, se ti eserciti impari l’inglese. Abbiamo coltivato una fiducia assoluta nel fatto che ad una azione corrisponda qualcosa (possibilmente di nuovo e migliore). Così quando ci siamo sentiti dire che si poteva diventare anche senza fare niente, semplicemente rimanendo presenti, semplicemente gustando l’attimo che stavamo vivendo ci dev’essere sembrato come la promessa di Lucignolo nel Paese dei Balocchi. Oppure l’illusione della cicala rispetto alla perseveranza della formica.

Mi è sembrato così strano che stare senza fare niente coltivasse il diventare che mi sono tranquillizzata solo quando ho visto quanto, quello stare senza fare niente, fosse tutt’altro che facile. Apparentemente ferma, in realtà immobile di fronte al continuo mutare della mente, alle sue spinte all’azione, al senso di inutilità che associavo alla quiete. Forse perché l’azione è associata alla vita, la quiete ci sembra pericolosamente associata alla fine. Solo la diversa sensazione relativa al passare del tempo che sperimento nella pratica mi consente di credere che quella quiete è la dimensione dell’infinito.

La psicologia buddista torna di nuovo in nostro soccorso aiutandoci a sviluppare una comprensione della vacuità. Se la vacuità ci è sbattuta in faccia dalla vita è dolore, ma se – come diceva Thich Nhat Hanh – ci diamo un’occhiata anche fuori dalle urgenze possiamo trovarci più pronti quando, per qualche ragione, la bolla scoppierà di nuovo. Cinotti, Nicoletta. Genitori di sé stessi (la pietra filosofale) (Italian Edition) (pp.120-121). Enrico Damiani Editore. Edizione del Kindle.

Pratica del giorno: Be water

© Nicoletta Cinotti 2023 Il Protocollo MBSR online

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Il gioco (sporco) della svalutazione

19/02/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Non ci difendiamo solo con l’armatura caratteriale: il corpo è la base delle nostre difese che diventano, successivamente, anche difese mentali. Difese che costruiamo per proteggerci e per mettere distanza tra noi e il mondo.

Così, siccome siamo diventati specializzati in difese, chi vuole ferirci deve specializzarsi in attacchi. E uno degli attacchi più usati e più dannosi è la svalutazione. È dannoso perchè colpisce aspetti fisici o caratteriali di noi e li definisce sbagliati a priori. Ci viene detto – in modo diretto o indiretto – che se facciamo una certa cosa perdiamo valore. Oppure, peggio ancora, vengono svalutate le nostre emozioni. Ci viene detto che ciò che proviamo è esagerato oppure sbagliato. Come se esistesse il Metro di Parigi – la misura standard che corrisponde alle nostre misure lineari – anche per le emozioni. Fino a lì vanno bene, oltre sono sbagliate. Le emozioni ci danno la misura dei nostri sentimenti e quindi non possono essere sbagliate perchè rappresentano quello che sentiamo. Quello che sentiamo può essere eccessivo alla luce della realtà ma, in questo caso, abbiamo bisogno di metterlo in dialogo con il mondo esterno e non di svalutarlo.

A volte la svalutazione viene usata come cartolina di saluto: me ne vado perchè non sei all’altezza è la frase preferita di chi non riesce, semplicemente a dire, me ne vado. Ci sono persone che non  riescono a dire che una cosa non gli piace: se non gli piace devono, contemporaneamente, dire che non ha valore. Perchè è difficile – troppo difficile – lasciare qualcosa a cui diamo valore.

È un gioco sporco perchè usa la manipolazione emotiva. Ossia mette le mani nei nostri sentimenti di inadeguatezza e li espande in modo tale che, alla fine, ci sentiamo pure in colpa per essere come siamo. Fa crescere la nostra vergogna come se fossimo sotto la lente di ingrandimento e tutti vedessero solo i nostri errori, la nostra inadeguatezza.

Con la manipolazione emotiva e la svalutazione ci sono poche armi oltre alla consapevolezza. Solo diventando consapevoli di noi stessi e del nostro modo di stare in relazione possiamo mettere un freno al danno che, giorno dopo giorno, producono la manipolazione emotiva e la svalutazione. Le emozioni ci appartengono: non lasciarle in mano ad altri senza essere certo che, di queste emozioni, abbiano davvero cura.

Usa questi tre strumenti ogni giorno, per proteggerti dalla svalutazione: 1) una dose di fiducia in ciò che senti; 2) una dose di consapevolezza; 3) Lascia alle spalle il torpore che utilizzi per non sentire il dolore. Sentire il dolore – e distinguerlo dalla sofferenza – è l’unica vera arma difensiva.

La vergogna funziona come lo zoom della macchina fotografica. Quando proviamo vergogna lo zoom è al massimo e vediamo solo i nostri difetti sentendoci soli e in difficoltà. Quando zoomiamo indietro, cominciamo a vedere un’immagine completamente diversa. Scopriamo che sono molte le persone che hanno la nostra stessa difficoltà. Quando iniziamo a vedere l’immagine nel suo complesso, siamo maggiormente in grado di sottoporre alla prova della realtà i nostri detonatori di vergogna, i messaggi e le aspettative secondo cui non siamo abbastanza bravi. Brenè Brown

Pratica di mindfulness: Addolcire confortarsi aprire. Ti ricordo la meditazione delle 7.30 su FB (Clicca qui)

Oppure la trovi, in differita, sulla pagina Meditazioni live

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione

Foto di © makì

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La cacciata dal Paradiso e lo standard elevato di fascino

19/01/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Nel racconto biblico della cacciata dal Paradiso di Adamo ed Eva tutto inizia attorno alla curiosità di Eva che, desiderando assaggiare il frutto proibito contravviene alla regola e, per questa ragione, entra in un mondo di dolore e sofferenza. Lei e i suoi figli.

La lettura simbolica della cacciata dal paradiso terrestre è ricchissima di spunti: avere mangiato la mela potrebbe rappresentare il momento in cui la vergogna entra nella scenda del panorama emotivo. In quel momento infatti Adamo ed Eva realizzarono di essere nudi: fino a quel momento non c’era stata nessuna consapevolezza della loro nudità.

Il punto dove si ferma sempre la mia attenzione è un altro: è la cacciata. Se sbagli non c’è possibilità di recupero. Quello è un errore definitivo. Questa posizione non è affatto insolita. Quante volte pensiamo che un errore, un fallimento, sia irreparabile? E, soprattutto quante volte pensiamo che se non siamo perfetti non saremo amati? Quante volte inseguiamo la perfezione, la correzione dei nostri errori e difetti non tanto per la cosa in se stessa quanto per la convinzione che l’eliminazione di quel difetto ci permetterà di ricevere più amore?

Vi assicuro che non è così: ho visto persone che venivano amate loro malgrado e altre che non venivano amate nonostante tutto quello che facevano per essere amabili. Perchè l’amore è un sentimento spontaneo che non vuole manipolazione. È imprevedibile e può nascere a dispetto di qualsiasi circostanza esterna e di qualsiasi valutazione razionale. L’amore conquistato è sempre un amore fragile: al primo errore rischia di incrinarsi, rischiamo la cacciata dal paradiso ad ogni traccia di imperfezione. E, forse, quello non è amore ma ammirazione guadagnata a costo di avere uno standard di fascino elevato.

Quando siamo amati davvero il filo del legame non si rompe per gli errori e spesso rimane anche dopo la fine della relazione. Perchè l’amore esprime una qualità della nostra mente originaria: una qualità durevole anche se continuamente in trasformazione. Quella qualità di grazia – data e ricevuta – che ci permette di dire sono qui, con te.

Quella grazia è più semplice quando siamo bambini perchè ha la qualità dell’innocenza, ha la qualità della mente del principiante. I bambini amano o non amano con assoluta sincerità: amare vuol dire finalmente tornare principianti. L’amore porta con se ansia e incertezza proprio perchè torniamo principianti e impariamo di nuovo a tremare per ogni foglia, per ogni sospiro. Torniamo al principio di ogni cosa. In modo spassionato. Senza la misura del dare e dell’avere.

Ti ama in spassionato modo

la bambina,

come il vento. Chandra Livia Candiani

Pratica di Mindfulness: Self compassion breathing (File audio di pratica: clicca sulle parole)

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione: ritiro di primavera

Foto di © Russell Goodman

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Vivere è una forma di incertezza

18/01/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Vivere è una forma di incertezza ovvero meglio non cercare di capire prima

Vorrei spendere ancora due parole sulla differenza tra pratica e teoria: c’è stato un episodio nell’ultimo gruppo che, nella sua semplicità, mi è sembrato illuminante. Una persona ha raccontato un piccolo esercizio in cui, credo il suo fisioterapista, le faceva portare un bastone posteriormente all’altezza delle spalle e, arrivato a questo punto, doveva lasciarlo cadere per riprenderlo all’altezza del bacino.

In sé e per sé niente di complicato: al massimo poteva cadere a terra. Eppure arrivando alle spalle la paura di non saperlo riprendere la faceva rimanere aggrappata al bastone, come se le mani non obbedissero alla mente. Ecco funzioniamo tutti così: se il nostro corpo impara qualcosa dargli un comando mentale diverso non serve. Tradotto vuol dire che se capiamo – mentalmente – cosa dovremmo fare ma non lo sperimentiamo con una azione diversa quella comprensione non ci servirà a nulla. Anzi, diventerà la base di una ulteriore autocritica.

È così che nascono i rimproveri interiori: capiamo qualcosa ma non riusciamo a metterlo in pratica (a volte illudendoci che averlo capito sia sufficiente) e così, ogni volta che non facciamo come dovremmo fare, ci rimproveriamo. Abbiamo bisogno di partire dall’azione, anziché dall’averla capita fino in fondo. Se partiamo dall’azione emergono le difficoltà che davvero sono insite in ciò che stiamo cambiando e anche la gioia del nuovo apprendimento. La comprensione delle difficoltà rinforzerà la self compassion e la gioia dell’apprendimento rinforzerà la perseveranza. Se invece diamo il comando a quella maestrina con la penna rossa della nostra mente sarà capacissima di dirci tutte le volte in cui falliamo ma non saprà darci davvero quel sostegno che ci è necessario.

Meglio non voler capire prima tutto. Meglio non voler capire prima di fare: rischiamo di non fare, rimanendo bloccati dall’autocritica e dalla vergogna. Impara a partire da dove sei, sperimenta e, soprattutto, sbaglia: per imparare è fondamentale.

Vivere è una forma di incertezza, non sappiamo cosa verrà dopo e come. Nel momento in cui conosciamo già cosa succederà dopo è come se cominciassimo a morire un po’. Un artista non sa mai esattamente cosa sta facendo un po’. Lo supponiamo ma il vero salto lo facciamo dopo aver fatto un passo nel buio. Pema Chodron

Pratica di mindfulness: Be water File audio di pratica)

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione Foto di © Pier/ off for a while

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Entro nella bolla o apro la mente?

17/01/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molto spesso le persone parliamo del vagare della mente con un misto di impotenza e disperazione: niente, non ci riesco, continuo a vagare. Lo scopo della pratica non è smettere di vagare: c’è qualcosa che deve avvenire prima. Lo scopo della pratica è entrare in contatto con quello che sta succedendo – incluso il vagare – perchè in quel momento realizziamo un atto di presenza. Questo è, potremmo dire, lo scopo della pratica e il senso di essere vivi: la presenza. Altrimenti viviamo un succedaneo di esistenza.

Non dobbiamo fare questo per qualche misteriosa divinità: è per noi stessi che, indipendentemente dalle circostanze, è importante sapere e sentire che ci siamo e che abbiamo scelto come esserci.

Quando accade qualcosa abbiamo sempre almeno tre possibilità: possiamo iniziare a vagare, possiamo chiuderci in una bolla oppure aprire la mente. Quando vaghiamo mettiamo in moto l’evitamento dello spiacevole e l’aggrapparsi al piacevole, perchè, in fondo vagare è una strategia di fuga dallo spiacevole e un modo per trovare velocemente un piacevole anche effimero.

La seconda alternativa è chiudere la mente, entrare in quella che io chiamo bolla. Siamo totalmente concentrati ma in qualche altrove. La nostra connessione con l’esterno è ridotta al minimo e tutta l’attenzione va a qualcosa di diverso che abbiamo scelto. È una strategia diffusissima: qualcuno ti parla e tu lo senti come se provenisse dalle galassie. Parla la tua lingua ma è come se esprimesse sillabe senza senso. È una strategia relazionale di evitamento del conflitto e a volte assume proporzioni macroscopiche. Devo lavorare può essere una gigantesca bolla di chiusura. Sono molto impegnato può proteggerci dal prestare soccorso a quello che di noi chiede attenzione. Mi capita molto spesso di sentire persone che sapevano cosa stava succedendo ma sono state nella bolla fino a che non è esplosa. sapevano che avrebbero dovuto cambiare partner o cambiare lavoro o casa o amicizia. Hanno scelto di rimandare per paura di entrare in quella imperfezione. per paura di affrontare la situazione e le sue conseguenze.

La terza alternativa è la possibilità di svegliarci – proprio come facciamo la mattina quando ci alziamo – e chiederci cosa sta succedendo proprio ora? Al di là dei miei piani cosa sta avvenendo in questo momento? Perchè quello che succede non è un errore, non è un ostacolo ai nostri progetti, non è un intralcio. Magari è qualcosa che sta lavorando per la nostra crescita.

Perché vuoi chiudere fuori dalla tua vita ogni miseria, ogni disagio, ogni depressione date che, dopo tutto, non sai che lavoro stanno facendo dentro di te. Rainer Maria Rilke

Pratica di mindfulness: Esplorare rifiuto e accettazione (Clicca per andare al file audio)

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione  Foto di © Ivone.

 

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