Siamo tutti, in maniera personale, soggetti all’esperienza della noia. Bambini e adulti. Per alcuni è un vero tormento. Per altri un piacevole segnale di stop. Sono state dette molte cose sull’importanza della noia come emozione che permette – e motiva – l’esplorazione di nuove esperienze, stimola la ricerca creativa e la fantasia.
Spesso la noia è il corrispettivo della sazietà fisica: sorge quando abbiamo “mangiato abbastanza”. La noia però è anche un indicatore di come funzioniamo. Se siamo troppo attraversati da questa sensazione può voler dire che siamo poco in contatto con l’espetto percettivo dell’esperienza. Sappiamo già – prima – come andrà a finire dopo perché lo schema mentale che abbiamo costruito, a partire dalle esperienze passate, è più forte sella sensibilità percettiva del momento presente.
Poiché approfondire richiede ripetizione la noia che nasce dall’avere schemi mentali molto forti può essere un vero ostacolo alla profondità della nostra esperienza. Consumiamo velocemente le cose perché non riusciamo ad andare in profondità, bloccati dall’emergere della sensazione di noia. Questo è vero anche per la pratica di mindfulness. Da un certo punto di vista seguire il respiro è ripetitivo ma se cogliamo l’eterna novità di ogni respiro non possiamo che stupirci di quante variazioni esistono in quella che può sembrare una ripetizione.
Così, quando proviamo noia, potremmo domandarci cosa sta succedendo a livello percettivo. Stiamo percependo – sentendo – o pensando a quello che stiamo facendo? Perché la mente si annoia facilmente. Mentre il cuore si appoggia piacevolmente alla ripetizione, la trova rassicurante e coglie, in questo, moltissima novità.
Come i bambini che chiedono sempre la stessa storia – che deve essere sempre raccontata nello stesso modo – perché trovano, in ogni narrazione, infinite novità. La noia sorge quando non riusciamo a prendere rifugio nell’esperienza, quando non riusciamo più a provare stupore. In quei momenti cambiare esperienza potrebbe non risolvere la mancanza di stupore. Potrebbe semplicemente alimentare il vagare della mente. La perdita dello stupore non si cura con continue novità: si guarisce tornando al cuore dell’esperienza. A ciò che sta sotto e non fuori. Bastano 3 minuti per tornare al corpo, per tornare a casa, a ciò che sta sotto la noia.
Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso. Wislawa Szymborska
Pratica di mindfulness: Spazio di respiro di tre minuti
© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful self.compassion