
Questo periodo ci chiede tempo
[box] Vigilare è la capacità di ritornare a prendersi il tempo necessario per aver cura della qualità non puramente clinica e commerciale della vita. Carlo Maria Martini[/box]
Dicembre sembra essere il mese in cui il tempo si accorcia e non solo perchè si riducono le ore di luce. Le ore di lavoro aumentano in vista delle prossime vacanze. Gli impegni extra-lavorativi crescono, sempre per la stessa ragione. È il momento dell’anno in cui ho più chiara la limitatezza del tempo. Non credo che capiti solo a me. In più, come se non bastasse, ci sono un sacco di cose da organizzare: acquisti natalizi, menù, regali. Insomma se pianificare è qualcosa che dà a sensazione di avere poco tempo rispetto a tutto quello che dobbiamo fare, durante questo periodo di attesa possiamo arrivare a sentire che di tempo proprio non ne abbiamo.
Se sentirci padroni del tempo dà un’illusione di potenza, il fatto che svanisca così facilmente tra le mani finisce per darci una sorta di pacata impotenza. La sensazione di essere persi in partenza. Così non ho trovato di meglio da fare, per riprendere tempo che semplificare. Semplificare la lista delle cose da fare lasciando quelle davvero essenziali. Semplificare mi ha fatto un regalo: mi sono accorta di quanta stagnazione appesantiva la mia vita.

Semplificare il menù, semplificare i regali. Sostituire qualche regalo con del tempo passato insieme a chiacchierare. Una cosa però che mi ha restituito tempo è stato mettere mano alla stagnazione: cose lasciate immobili, un po’ abbandonate e molto dimenticate. Oggetti, progetti, aspetti a cui dedicare attenzione e che invece ho lasciato impolverare dal tempo e dalla distrazione. Come se aspettassero qualcosa e visto che questo è il tempo dell’attesa ho voglia di dare a questa stagnazione un po’ di movimento.
La solitudine della stagnazione
È strano ma associo la stagnazione alla solitudine. Forse mi ricordo di qualche vecchio film da bambini in cui i giocattoli non più usati si sentono soli. Forse considero la stagnazione una sorta di abbandono di parti di noi che suscitano imbarazzo o che non vogliamo guardare. La solitudine non è una esperienza rara: è l’esperienza che ci permette di definirci e, in questo senso, è necessaria e positiva. L’abbandono non lo è: non è positivo né creativo. È un modo per aggirare il lasciar andare e il dolore della fine. In realtà a Natale non abbiamo bisogno di sentirci buoni: abbiamo bisogno di non sentirci soli e di sentirci liberi dalla polvere della stagnazione. Una polvere che si manifesta come noia. Anche la perfezione può essere noiosa perchè manca del senso della scoperta e della novità.
La perfezione e la delusione
Questo è il momento in cui possiamo essere tentati dalla perfezione. Dall’idea che le cose possano o debbano essere perfette: giuste, preparate, adatte. Aumentano le aspettative e quindi aumenta il rischio di delusione. Essere consapevoli della propria spinta perfezionistica e degli ideali che abbiamo sul il giorno di Natale può aiutarci a ridimensionare un po’ le cose. Un modo utile per non cadere nella trappola della perfezione.
Non lasciamoci condizionare dall’immagine patinata che ci viene offerta: la realtà è diversa. Forse, nella sua complessità, è anche più bella. Perchè è più autentica, ma non è patinata.
Mamma mia quanto cibo!
Qualsiasi festa è celebrata dal cibo e questa stagione è quasi dovunque una esaltazione del cibo. Cibo regalato, cibo comprato, cibo cucinato. Cibi esotici, cibi tipici. Cibo! Il cibo può essere anche un modo per aumentare la stagnazione e per compensare la noia della stagnazione perché correla con due aspetti: avidità e senso di colpa, ingredienti essenziali di ogni stagnazione.
A volte penso che il vero problema legato al cibo non sia tanto il sovrappeso – di cui solo alcuni sono colpiti – ma il senso di colpa che, invece, riguarda la maggioranza di noi. Salutisti in prima linea, che trasformano i pasti in un conteggio di colesterolo, trigliceridi, glicemia, in un misto di deprecazione per quello che mangiano gli altri e senso di colpa per quello che mangiano loro. C’è un bellissimo libro di Thich Nhat Hanh che consiglio Savor (Mangiare in consapevolezza) delizioso quanto un cibo prelibato. In alternativa – sul cibo non riesco a trattenermi – possiamo usare l’ABCDE
- Attenzione: non mangiare senza accorgertene
- Basta sentire il senso di sazietà perchè il cibo non faccia male
- Continua a masticare prima di ingoiare
- Degusta quello che mangi, per quanto semplice sia
- Evita la distrazione: non usare il cibo come passatempo da fare insieme ad altre cose.
Potremmo usare l’ABCDE anche per la stagnazione, come antidoto a questa stasi:
Abbastanza: quello che eccede diventa stagnante
Basta così: riconoscere il limite nel dare e nel ricevere restituisce movimento
Creatività: quando la nostra vita è stagnante è perchè manca di creatività
Donare: quello che è stagnante per noi può essere utile per altri. Regalarlo lo rimette in circolazione
Esprimere: una parte rilevante di stagnazione è legata alle cose che non diciamo. Per paura o per compiacenza, poco importa: esprimere cambia il senso e il significato delle cose.
La famiglia: che non sia il luogo della stagnazione
Il Natale è una festa familiare e, a dire la verità, non per tutti questa è una buona notizia. Riemergono vecchie tensioni, vecchie modalità di stare in relazione. Inoltre per molte famiglie la stagnazione è la regola: ti vedono sempre nello stesso modo, un modo di essere che non esiste più. Le famiglie possono aver paura degli aggiornamenti che testimoniano che il tempo passa e che le cose finiscono. Non è salutare mantenere troppa stabilità. Difficoltà e rancori possono tornare a galla. Ogni famiglia ha il suo modo di gestire le difficoltà. C’è chi preferisce l’indifferenza, parente stretta della stagnazione, chi esplode in un conflitto. Quanto più una famiglia è incapace di dare riconoscimento del cambiamento dei suoi membri, tanto più vira verso modi dis-funzionali di funzionamento.
Il segreto del Natale per me
Io a Natale cambio. È come se, dopo l’autunno in cui sto abbastanza in letargo, mi svegliassi con l’inizio dell’Avvento. Ogni anno è così. Faccio bilanci, cambio cose, mi riempio di ricordi, riflessioni. Verso lacrime : alcune di gioia e altre amare. Ogni anno il Natale mi ribalta. Vecchie memorie attivano nuove risorse: quest’anno il tema è liberarmi dalla stagnazione. Mi sono accorta che lascio delle cose stagnanti come se mi dovessi rassicurare che non cambierà nulla. Non è così e ho deciso di liberarmi dalla stagnazione. Vorrà dire buttar via qualcosa, scegliere cosa tenere ma soprattutto mettere insieme le mie due nature: il vecchio Bukowski e l’acuta Szymborska. Il vecchio Bukowski che abita in me è quella parte franca e diretta che mi fa dire la verità come se fossi sbronza anche quando sono sobria, anzi sobrissima visto che non bevo. Prende allegro il sopravvento e mette per un po’ in sordina Wislawa (Szymborska). Si stanno simpatici – gran fumatori entrambi anche se io non fumo – ma hanno caratteri diversi. Lui è la mia anima ribelle che ogni Natale torna, regalo spesso indesiderato quanto vitale e necessario. Lei è ironica e leggera e transita meglio la primavera. Lui, spesso, è un po’ dissacratorio, giusto per il piacere di scandalizzare. Poi arriva Gennaio e le cose tornano a posto. In modo diverso però perchè il Natale, per me, è la festa della creatività.
© Nicoletta Cinotti 2022