Sono moltissime le cose che facciamo per mettere il silenziatore alla nostra inquietudine. E altrettante quelle che facciamo perché non tolleriamo la pausa. Spesso questi due aspetti sono collegati: non tolleriamo la pausa, la sospensione, il silenzio perché l’inquietudine si fa sentire. L’azione – e le parole – ci permettono di dare una forma all’energia che spinge e anima la nostra inquietudine.
Eppure l’inquietudine non è che una voce, a volte forte, che ci chiede di essere ascoltata. È la nostra voce.
Ogni volta che agiamo reattivamente non ci permettiamo di ascoltare quello che sta davvero accadendo ma attiviamo il solito pilota automatico. Nelle relazioni il pilota automatico vuol dire agire sulla base di un pre-giudizio, sulla base delle nostre esperienze passate. Sulla base della categoria del piacevole o della spiacevole. Eppure, malgrado la nostra profonda convinzione, il piacevole non vuole sempre dire sicurezza e lo spiacevole non vuole sempre dire pericolo.
Praticare Pausa nelle relazioni non richiede tempo: significa riconoscere che ciò che ci sembra spontaneo spesso è reattivo e predeterminato dal nostro passato. Che più l’emozione è intensa più acquistiamo una vertiginosa velocità reattiva. Che reagendo ci convinciamo che il nostro dolore passato sia ancora presente, anche se non è vero. Che tante cose, se aspettiamo, si trasformano, senza bisogno di trovare una soluzione a tutto.
Più esploriamo quello che accade senza agire più acquistiamo una tendenza nuova: la consapevolezza
Fermarci ci orienta alla calma, al rallentare, al vedere noi stessi in una cornice di riferimento più ampia. Quando facciamo Pausa diminuisce l’attaccamento al dolore, si ha una momentanea sospensione della reattività alla rabbia, ci si rende conto della vacuità dei fenomeni, o, forse, si conosce la pace. Gregory Kramer
Pratica di mindfulness: Praticare pausa
© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo di mindfulness interpersonale