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gruppo terapeutico

L’inquietudine e la pausa

18/10/2023 by nicoletta cinotti 4 commenti

Sono moltissime le cose che facciamo per mettere il silenziatore alla nostra inquietudine. E altrettante quelle che facciamo perché non tolleriamo la pausa. Spesso questi due aspetti sono collegati: non tolleriamo la pausa, la sospensione, il silenzio perché l’inquietudine si fa sentire. L’azione – e le parole – ci permettono di dare una forma all’energia che spinge e anima la nostra inquietudine.

Eppure l’inquietudine non è che una voce, a volte forte, che ci chiede di essere ascoltata. È la nostra voce.

Ogni volta che agiamo reattivamente non ci permettiamo di ascoltare quello che sta davvero accadendo ma attiviamo il solito pilota automatico. Nelle relazioni il pilota automatico vuol dire agire sulla base di un pre-giudizio, sulla base delle nostre esperienze passate. Sulla base della categoria del piacevole o della spiacevole. Eppure, malgrado la nostra profonda convinzione, il piacevole non vuole sempre dire sicurezza e lo spiacevole non vuole sempre dire pericolo.

Praticare Pausa nelle relazioni non richiede tempo: significa riconoscere che ciò che ci sembra spontaneo spesso è reattivo e predeterminato dal nostro passato. Che più l’emozione è intensa più acquistiamo una vertiginosa velocità reattiva. Che reagendo ci convinciamo che il nostro dolore passato sia ancora presente, anche se non è vero. Che tante cose, se aspettiamo, si trasformano, senza bisogno di trovare una soluzione a tutto.

Più esploriamo quello che accade senza agire più acquistiamo una tendenza nuova: la consapevolezza

Fermarci ci orienta alla calma, al rallentare, al vedere noi stessi in una cornice di riferimento più ampia. Quando facciamo Pausa diminuisce l’attaccamento al dolore, si ha una momentanea sospensione della reattività alla rabbia, ci si rende conto della vacuità dei fenomeni, o, forse, si conosce la pace. Gregory Kramer

Pratica di mindfulness: Praticare pausa

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo di mindfulness interpersonale

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Il cambio turno

17/10/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Facciamo molto per le persone che amiamo. A volte anche troppo: Li curiamo, li aspettiamo, li pensiamo. Poi vorremmo che succedesse anche l’opposto. Vorremmo essere curati, aspettati, pensati.

Come se la relazione fosse uno scambio di turni: prima tocca a te (perché ti amo) poi tocca a me (perché mi ami). Come se fosse una partita di tennis, a scacchi. Un gioco a turni. Con regole precise, molto spesso socialmente condivise.

Se il turno non viene rispettato la relazione entra in sofferenza. Cominciamo a nutrire dubbi, ci sentiamo trascurati. Abbiamo bisogno di venir rassicurati. Qualcosa ha fatto indietreggiare il nostro cuore e diamo la colpa a qualche irregolarità nei turni della relazione, nel suo dare e ricevere. Non è questo: è che una relazione, per essere sana, non ha turni. Siamo insieme.

Se abbiamo bisogno dei turni per essere in relazione, qualsiasi rottura delle regole, qualsiasi aspettativa mancata può produrre una proliferazione mentale. Iniziamo a fare ipotesi e il cuore lascia il posto alla mente. Una relazione però non ha turni: è reciprocità. Pensarla come se fosse uno scambio a turni ci confonde. Lo facciamo perché è impegnativo aprirsi e così – il fatto che l’altro si sia esposto o abbia già ricevuto – spesso è quello di cui abbiamo bisogno per fidarci e permettere quell’apertura che è necessaria perché la relazione cresca.

La vera intimità però nasce quando dimentichiamo i turni e siamo, semplicemente, insieme.

La diversità è una risorsa e il modo migliore per accoglierla è proprio lo stesso che abbiamo quando siamo innamorati: interesse, curiosità e non giudizio. Cinotti, Nicoletta. Amore, mindfulness e relazioni (Italian Edition) (p.27). Hoepli. Edizione del Kindle.

Pratica di mindfulness: Dare e ricevere compassione

©  Nicoletta Cinotti 2023 il Programma di Mindful Self-compassion

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Tra essere e divenire

12/10/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Il nostro respiro è un grande maestro: cura, nutre, ci insegna a stare con leggerezza nel continuo cambiamento della nostra vita. Ieri mattina, durante la pratica, ho iniziato ad osservare diversamente il mio respiro. Ho iniziato ad osservarlo come maestro dell’inizio e della fine. Ho scoperto così piccole informazioni che forse possono essere utili.

È più facile essere presenti nell’inspirazione, perchè aumenta l’energia. Con l’espirazione entriamo più facilmente nel torpore. L’energia dell’inspirazione – se aumenta troppo – produce proliferazione mentale e allora – se non siamo consapevoli – iniziamo a seguire i pensieri e non il respiro. È quello il punto in cui l’espirazione diventa provvidenziale: per lasciar scendere l’energia e non cadere nella proliferazione mentale.

Quindi ogni respiro è un ciclo in cui da una parte aumenta l’energia e dall’altra si regolarizza attraverso il lasciar andare. La maggiore energia crea qualcosa e l’espirazione stabilizza quello che è nato perchè la successiva inspirazione lo faccia crescere e diventi nutriente. Può essere uno stato mentale di varia natura, in cui, respiro dopo respiro, andiamo in profondità.

Non è forse questo l’intreccio tra essere e divenire che sta nella nostra vita?

Per poter divenire, per stare nel cambiamento, abbiamo bisogno di essere nel presente. Ma non possiamo fermare il presente e privarlo della sua qualità di trasformazione e così, come l’acqua di un fiume, scorriamo verso un continuo mutamento

Quando finalmente, nel corso della mia terapia con Reich, mi sentii spontaneamente in armonia con il mio respiro, provai una gioia profonda, simile a quella di una persona che esce da una prigione. Le tensioni muscolari croniche delle diverse parti del corpo sono la prigione che trattiene la libera espressione della nostra individualità. Alexander Lowen

Pratica di mindfulness: Al di là dell’ottimismo e pessimismo

© Nicoletta Cinotti 2023 10 classi di yoga e bioenergetica

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Il sollievo dell’evitamento

27/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Evitare non è una pratica insolita. Evitiamo i pericoli, evitiamo i conflitti. Cerchiamo di evitare gli errori e i fallimenti.

C’è poi un evitare che ha una natura particolare: è quello che ci fornisce un sollievo momentaneo e immediato da qualcosa di sgradevole. Dobbiamo fare qualcosa che non ci piace? Rimandiamo, evitando così quel fastidio. Dobbiamo rispondere a qualcuno e non sappiamo cosa dire? Rimandiamo ed evitiamo quella difficoltà.

L’evitamento, in questi casi, sembra una soluzione miracolosa. Fino ad un attimo prima proviamo disagio, un attimo dopo è passato perché abbiamo deciso di procrastinare, di spostare in avanti quello che dobbiamo fare e il sollievo che ne abbiamo provato è stato immediato.

È questa specie di piacere – leggero e pieno di sollievo – che rende l’evitamento una risposta così amabile. È come essere schiacciati e, evitando, essere liberi dalla pressione. Siccome il nostro orientamento primario è verso il piacere e solo secondariamente verso la realtà, la risposta istintiva sarebbe evitare. Evitare il dolore che nasce dall’andare incontro allo spiacevole a favore del sollievo che nasce dal rimandare.

Se guardiamo però in una prospettiva temporale più ampia, spesso quel rimandare non fa che accrescere il dolore che dovremo affrontare dopo. Non fa che peggiorare la situazione. Eppure, in quel momento, diventiamo i più convinti sostenitori della bontà del momento presente. Il futuro sparisce, il passato non esiste. Sotto tutto questo non c’è un incantesimo ma una vecchia compagnia. Si chiama paura. E, nello specifico, paura di muoversi. Se le lasciamo dominare la nostra vita ci convincerà che nulla è più sicuro che stare fermi, ad aspettare che siano gli altri a scegliere e noi ci ritroveremo con una vita che non ci assomiglia nemmeno un po’. Perché è quella disegnata dalle scelte degli altri. Noi, le nostre, le abbiamo rimandate. Per ansia.

La paura è utile per valutare i pericoli. Il coraggio per affrontarli. Nicoletta Cinotti, Mindfulness ed emozioni

Pratica del giorno: Lavorare con la paura

©Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT

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Andare contro corrente

21/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Tutti noi conosciamo la storia dei salmoni, che nuotano contro corrente per deporre le uova nei fiumi, dove vivono la prima parte della loro vita. Lo fanno per offrire un ambiente più adatto alla loro prole che, una volta cresciuta, arriverà al mare.

Lo sforzo di nuotare contro corrente è tale che non sopravvivono a questa impresa. I salmoni non sono certo i soli a nuotare contro corrente. Lo facciamo tutte le volte in cui le nostre idee vanno in una direzione divergente rispetto agli altri. Lo facciamo quando vogliamo risalire all’origine delle cose. A volte lo facciamo perchè l’unica posizione che conosciamo è quella contro.

Spesso è contro qualcuno o qualcosa. La lotta che ingaggiamo è così attraente che non ci rendiamo nemmeno conto di quanto ci costa, delle condizioni in cui ci mettiamo per realizzarla. E, soprattutto, non ci accorgiamo di quanto ci lascia bloccati. Perchè questo è il prezzo che paghiamo per andare contro: è un tale sforzo che tutte le nostre energie vanno in quella direzione. Non possiamo spostarci da lì perchè altrimenti smetteremmo di andare contro e finiremmo, invece, per fluire. Per andare con il flusso. Per scorrere e gioire.

Impariamo questa posizione ad un certo punto della nostra crescita quando, per differenziarci, passiamo attraverso il No per poi imparare a dire anche Sì. Qualcosa però ci lascia imbrigliati nel No. Forse è la forza del nostro interlocutore. Forse è la paura che se piegheremo la testa verremo schiacciati. Forse, semplicemente, non vogliamo dargliela vinta e così finiamo per sacrificare la nostra vita a questa opposizione, proprio come un salmone, che esaurisce in questo sforzo la sua vitalità.Confondiamo questa opposizione con la libertà perchè declina i verbi della ribellione. E invece ha tutta la limitatezza di una prigione di cui solo noi abbiamo le chiavi e non sappiamo nemmeno di averle. Crediamo che le abbia il nostro interlocutore

Oggi vorrei fluire, scendere allegra e saltellante verso il mare e lì perdermi nella compagnia di infinite gocce d’acqua.

Nessuno sarebbe in terapia se ritenesse che nella sua vita non c’è niente per cui protestare. Alexander Lowen

Pratica di mindfulness: Rabbia e paura: una pratica

© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione

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A tutti piace il raccolto

19/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Seminare è qualcosa di entusiasmante: mette elementi di novità, attiva la speranza, fa crescere nuove opportunità. Possiamo sperimentarlo molte volte nelle nostre giornate: ogni volta che attiviamo un contatto nuovo; ogni volta che facciamo spazio ad una nuova idea, non facciamo nient’altro che seminare.

Poi viene il momento in cui dobbiamo coltivare: è fatto di piccoli gesti quotidiani, spesso ripetuti. Dobbiamo dare acqua, nutrimento, attenzione, giorno dopo giorno. Aspettare che spunti qualcosa. Vederlo esposto ai rischi della gramigna e alle stagioni avverse. Solo alla fine arriva il raccolto ma, dalla semina al raccolto, a volte, può passare moltissimo tempo.

In questo tempo possiamo provare sentimenti di noia, sfiducia. Temere che le nostre speranze siano mal riposte. Possiamo renderci conto che i semi che abbiamo gettato sono troppi o troppo pochi. Che non possiamo crescere in questo modo, con questo terreno. Oppure diventare consapevoli di aspetti che ci erano rimasti oscuri.

Queste tre fasi avvengono sempre nella nostra vita: semina, coltivazione e raccolto. I terreni sono, in genere, le nostre relazioni. È lì che mettiamo i semi anche nelle attività più individuali. Senza un terreno di relazioni non potrebbero crescere e prosperare.

Ci sono persone appassionate di semina, altre di coltivazione. A tutti piace il raccolto, quando va bene. Nessuno di questi tre momenti può essere disgiunto dall’altro. Tutti questi momenti richiedono movimenti del corpo e dell’anima. Abbiamo bisogno della generosità delle braccia e dell’ampiezza del cuore per la semina. Della dignità ed elevazione della schiena per la coltivazione. Della forza di tutto il corpo per il raccolto. Nessuna di queste fasi avrebbe bisogno del nostro ego.

Scegliendo di praticare, abbiamo dichiarato la nostra disponibilità a lasciar andare le nostre pretese. E le pretese sono i mattoni più solidi della nostra infelicità, soprattutto nelle relazioni sentimentali. — Amore, mindfulness e relazioni: Qualità mindful per amare senza equivoci by Nicoletta Cinotti

Pratica del giorno: Il filo del respiro

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT online

 

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