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mindfulness e psicoterapia

I cerchi del cuore e l’intimità

02/11/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando abbiamo una difficoltà, qualsiasi tipo di difficoltà, possiamo tendere ad avere una memoria generalizzante: abbiamo sbagliato una cosa e possiamo pensare “Sbaglio sempre”.

Questa generalizzazione avviene anche nelle relazioni. Abbiamo avuto una difficoltà relazionale e possiamo pensare che ci va sempre male, che tutte le nostre relazioni sono sbagliate e così via. In realtà il nostro modo di stare in relazione è diverso a seconda del grado di intimità. Ed è il tipo di intimità che spesso è attivatore di una specifica difficoltà. Quindi, proviamo ad immaginare le diverse gradazioni di intimità come i cerchi che si diffondono nell’acqua quando cade un sasso.

Il punto centrale è l’intimità con noi, il secondo cerchio è l’intimità con le persone che amiamo. Il terzo cerchio è l’intimità con gli sconosciuti, il quinto cerchio è l’intimità con le persone con le quali abbiamo una relazione difficile. E l’ultimo, il più lontano, è la condivisione che ci riguarda perchè facciamo parte della famiglia umana. Se guardiamo in questo modo alle nostre relazioni possiamo accorgerci che non tutti i gradi di intimità ci sono difficili. Che solo in alcune situazioni incontriamo ostacoli. Potremmo accorgerci che ci è facile essere gentili con gli sconosciuti ma, magari, arriviamo a casa la sera e siamo nervosi proprio con le persone che amiamo di più.

Guardare le relazioni con il filtro dell’intimità ci permette di arrivare alla domanda essenziale di tutte le relazioni: quanto sono intimo con me stesso? Quanto mi permetto di accogliere le parti facili e difficili di me? Quanto credo che sia possibile avere intimità anche con aspetti di me che mi suscita vergogna o rabbia, scoraggiamento o delusione? Perchè, stranamente, come nelle favole, la chiave dell’intimità con gli altri sta nell’intimità con se stessi.

Le relazioni sono il luogo dove con più intensità e facilità si innescano reattività emotiva e proiezioni mentali. Nei momenti in cui si trova in relazione con l’altro il nostro io attiva e manifesta con più forza le sue molte facce. Oltre che intensa questa reattività è molto spesso condizionata, non intenzionale. Fabio Giommi

Pratica di Mindfulness: Due: pratica di gentilezza

© Nicoletta Cinotti 2023 Amore, mindfulness e relazioni è un libro ma anche un corso registrato da fare quando vuoi tu. Lo trovi qui

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Il body scan e la lettura del corpo

20/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando portiamo attenzione e consapevolezza al corpo e alla percezione che ne abbiamo possiamo trovarci pieni di domande. Come mai mi sta succedendo questo? Cosa vuol dire? Cosa devo fare perché non succeda più o, se è stato piacevole, ri-succeda ancora?

Domande che nascono in parte dallo stupore e in parte dalla curiosità che la percezione che abbiamo di noi ha suscitato.

Per vecchia abitudine però le domande le poniamo all’esterno. O poniamo all’esterno la ricerca della risposta a queste domande. Chiediamo che sia un altro, chiediamo che sia un esperto, a leggere il nostro corpo. Forse perché pensiamo che dall’esterno le cose si vedano meglio.

Eppure con il corpo non è proprio così. La lettura del corpo fatta dall’esterno, fatta dall’esperto, ci toglie informazioni invece che offrircene, rende la nostra esperienza una esperienza di categoria generale, privata delle sfumature che, invece, sono presenti nell’esperienza personale. La lettura del corpo quindi deve essere un dialogo tra chi cura e chi è curato. Un dialogo che consenta una esplorazione e un approfondimento. Un dialogo in cui possa tornare l’intimità con la nostra esperienza e la capacità di radicare, nell’esperienza, l’apprendimento.

La lettura del corpo è leggere noi stessi: è leggerci con amore, affetto e rispetto. Leggerci dimenticando la parola sintomi e dichiarando la parola segni: segni di amoroso dialogo con noi stessi. Questa è la lettura del corpo. Il resto è l’elenco – necessario – dei capitoli di un libro.

Amare qualcuno significa leggerlo. Significa saper leggere tutte le frasi che ci sono nel cuore dell’altro, e leggendolo liberarlo. . Cristian Bobin

Pratica del giorno: La consapevolezza del corpo

© Nicoletta Cinotti 2023  Il protocollo MBCT online

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La frustrazione delle soluzioni (e del pensiero lineare)

07/03/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Siamo molto abituati a ragionare per problemi e, quindi per soluzioni. Se c’è un problema infatti, crediamo che debba esserci anche una soluzione e che la soluzione si debba cercare – e trovare – percorrendo la linea retta, il percorso più semplice, la relazione causa – effetto. Cos’è che mi fa star male (effetto)? Questo!(causa). La soluzione è semplice: basta modificare la causa.

E qui iniziano i guai. Perchè:

  • non tutte le cause sono modificabili;
  • non tutto viene da una sola causa;
  • a volte non sappiamo quale sia la causa, l’origine del problema;
  • spesso la parola causa nasconde un nome proprio (Marito, figlio, figlia, partner, moglie) e provare a cambiarli non è proprio un gioco da ragazzi;
  • abbiamo già provato a cambiare e non ci siamo riusciti.

Solo a guardare questo elenco possiamo capire facilmente come la strada delle soluzioni sia…piena di problemi! E come quanto spesso il nostro non riuscire a risolvere qualcosa si accompagni ad una voce interiore autocritica e umiliante. In realtà è più la frustrazione che la soddisfazione quella che incontriamo quando decidiamo di percorrere la strada delle soluzioni. Allora perchè insistere? Perchè ci fa credere di essere forti: perchè siamo convinti che lottare sia la strada migliore. Perchè crediamo di essere dei combattenti (o delle vittime che è ancora peggio!)

Così, quando pratichiamo mindfulness viene quasi spontaneo, all’inizio, considerarla una soluzione. Poi, gradualmente, ti rendi conto che non è una soluzione: è una apertura Non cerca mai una sola causa ma esplora quello che succede nel corpo, nel cuore e nella mente. Prova a mettere in relazione questi tre aspetti e poi rivolge una consapevolezza aperta all’esterno e a come rispondiamo all’esterno. Niente pensiero lineare quindi, piuttosto, una mappa dell’esperienza. Che ci restituisce quella spaziosità che il pensiero lineare non possiede. Il pensiero lineare possiede la velocità ed è meraviglioso per molte cose ma non tanto adatto al mondo emotivo. Il mondo emotivo non si affida alle soluzioni ma a quelle luminose intuizioni che vengono dalla pratica. È così che coltiviamo l’accettazione.

Così oggi facciamo qualcosa di aperto per i nostri problemi: non cerchiamo la soluzione ma apriamo la consapevolezza.

Quando riconosciamo che la nostra voce ansiosa e auto-umiliante cerca solo di evitare il ripetersi di situazioni dolorose, possiamo guadagnare più accettazione, compassione e apprezzamento per noi stessi e per il nostro cercare di rimanere vivi e al sicuro. Friedmann Schaub

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del corpo

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: verso un’accettazione radicale 

PS: Se ti iscrivi sul Canale YouTube riceverai gli aggiornamenti delle nuove pratiche in tempo reale (che bella parola “in tempo reale”)

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La storia del crepaccio è la storia della vulnerabilità

05/01/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Per Natale mi hanno regalato un CD di Leonard Cohen. Così tutti i giorni lo ascolto e lo sento ripetere quella frase ormai famosa: C’è un crepa in ogni cosa è da lì che entra la luce. C’è anche un poema di Rumi che recita esattamente la stessa strofa: chissà se la frase arriva proprio da lì! Certo mi colpisce questa frase che ripete – con dolcezza – quello che tutti i giorni ognuno di noi sperimenta: la nostra vulnerabilità.

Facciamo molto per curarla e, a volte per evitarla. Eppure è da lì che parte ogni spinta verso il cambiamento. Non è lo scorrere placido delle acque del fiume che ci fa cambiare direzione. Sono gli ostacoli. Il torrente canta quando incontra gli ostacoli e anche noi, in qualche modo, cantiamo proprio quando siamo di fronte alla nostra vulnerabilità. Senza queste piccole e grandi fratture la nostra vita avrebbe preso un altro corso.

Così onorare la nostra vulnerabilità è il primo passo. Il secondo può essere esplorare con consapevolezza cosa facciamo quando ci sentiamo vulnerabili. Andiamo verso il rimprovero o verso la compassione? Cerchiamo di correre prima possibile ai ripari, spinti dal nostro perfezionismo, o cerchiamo aiuto? Tendiamo a isolarci o a cercare contatto? E come rispondiamo alla vulnerabilità delle persone che amiamo? Per strano che possa sembrare spesso, la prima reazione alla vulnerabilità è la rabbia. Soprattutto se riguarda una persona che amiamo. Ci arrabbiamo perchè è in pericolo, ci arrabbiamo perchè siamo spaventati.

Così, ad essere onesti, guardare il crepaccio che sta nella vita, guardare la crepa che c’è in ogni cosa, non è affar semplice. Abbiamo proprio bisogno della dolce voce di Cohen per farlo. Oppure della luce della nostra self compassion.

Perchè le persone più difficili da perdonare non sono gli altri: siamo noi.

Viviamo in un mondo vulnerabile. E uno dei modi che abbiamo per relazionarci con la vulnerabilità è cercare di offuscarla…La ricerca scientifica ci insegna però che non possiamo offuscare selettivamente una emozione. Non possiamo dire non voglio il dolore, non voglio la vergogna o la delusione. Non possiamo offuscare solo i sentimenti difficili senza offuscare tutte le nostre emozioni. Non possiamo offuscare selettivamente ciò che non ci piace. Se offuschiamo queste emozioni offuschiamo anche la gioia, la gratitudine, la felicità. Brenè Brown

Pratica di mindfulness: Self compassion breathing

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione

Foto di © morillo

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Ascoltare la nostra voce segreta

04/01/2018 by nicoletta cinotti 1 commento

Quando leggiamo qualcosa avviene un doppio processo: da una parte comprendiamo il significato di quello che stiamo leggendo e dall’altra parte abbiamo la possibilità di riconoscere la nostra voce.

È questo che rende certi libri indimenticabili, certe poesie scolpite nella nostra mente. È il fatto che danno sonorità alla nostra voce. Che con quelle parole, anche se scritte da qualcun altro, possiamo parlarci. E avere la meravigliosa sensazione che quello che accade intimamente dentro di noi ha una sua esistenza più grande della nostra. È un’esperienza che facciamo tutti e che fa sì che ci sia un legame particolare con alcuni autori. È un’esperienza che si accompagna d una insolita sensazione di sollievo: il sollievo di sentirsi riconosciuti e compresi.

Nella pratica di mindfulness iniziamo tutti a meditare con la voce del nostro mindfulness teacher. Prima o poi la sua voce deve diventare la nostra voce. La sua voce svanisce ed è la nostra – sia che avvenga in senso letterale che metaforico – quella che ci parla e questo permette quel lavoro di esplorazione interiore profonda che si accompagna alla pratica. Il sollievo che proviamo nell’incontrare la nostra voce è anche il sollievo di poter trovare una guida verso il mondo interno. È il tenero sollievo della verità che dissipa la nebbia del dubbio. Per il mondo esterno abbiamo google maps ma dentro di noi possono esserci strade molto tortuose: trovare una voce che ci guida e riconoscerla come la nostra voce è un passaggio fondamentale verso la scoperta di noi stessi.  È come se ascoltassimo di nuovo il mondo dal tepore dell’utero. Come se sentissimo il battito del cuore dall’interno anziché dall’esterno. In quel momento, indipendentemente di chi sia la voce che parla, diventa la nostra.

Alcuni dicono che quella è la voce della nostra anima e che non è mai solo nostra: è parte di una comune umanità. Io non lo so: so che quella voce la cerco dentro di me e cerco di farla parlare. E qualche volta canta.

Ci sono tante voci
nelle nostre giornate,
sono tante e diverse,
vanno tutte ascoltate.
Sono le nostre voci
che dicono parole
l’una legata all’altra:
non sanno stare sole. Tratto da Le voci di Elio Pecora

Pratica di mindfulness: Cullare il cuore

© Nicoletta Cinotti 2018 Andare al cuore della relazione: la mindfulness interpersonale

Foto di © Sabine Israel

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Apri tutte le porte alla felicità

28/12/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molto spesso amore fa rima con cura. A volte con l’idea che la cura non sia mai troppa. Come se – scoperto che qualcosa fa bene – darne di più facesse meglio.

In realtà non è proprio così. La cura può essere troppa e quando diventa eccessiva non nutre l’autonoma ma la dipendenza. Non nutre la fiducia in se stessi ma l’insicurezza. Non risponde ai bisogni di chi la riceve ma ai bisogni di chi la dà. E innesca un circolo vizioso in cui l’oggetto di tanta attenzione diventa un piccolo tiranno: che abbia 40 anni o 4 anni poco importa. Quell’eccesso di tenerezza rovina la relazione e trasforma lo scambio in una pretesa.

Correre il rischio di stare nella distanza e nel vuoto non rende una relazione più povera ma più modulata e ricca. Le garantisce una quota di scoperta e di novità e ci fa arrivare all’incontro con il desiderio di stare insieme anziché con una sensazione di troppo pieno che assomiglia all’indigestione.

Si può fare indigestione d’amore ed è fastidiosa come tutte le indigestioni: lascia un senso di disagio, di assurda pienezza e di bisogno di vuoto. Così, nella lista di buone pratiche delle vacanze, oltre al non esagerare con il cibo, mettiamo anche non esagerare con quell’ingrediente umano e divino che è l’amore.

Lasciamo che il vuoto ci parli del pieno. La distanza ci parli della presenza. La tenerezza ci parli della libertà e la libertà della mancanza di controllo. Lasciamo che le cose siano come sono senza l’ansia di farle diventare di più. Lasciamo aperte tutte le porte con cui ci parla una relazione, senza correre a chiudere quelle che ci spaventano o, semplicemente, non ci piacciono. Avremo più occasioni per essere felici.

Le porte d’accesso per la felicità sono numerose: se le apri tutte, la felicità ha molti modi per raggiungerti; se invece hai chiuso tutte le porte tranne una, ecco la ragione per cui la felicità non può arrivare fino a te: forse quella è proprio l’unica porta da cui la felicità non riesce a passare. Thich Nhat Hanh

Pratica di mindfulness: Praticare pausa

© Nicoletta Cinotti 2017 Un percorso terapeutico verso l’accettazione radicale: lasciar essere 4 Febbraio 2018

 

 

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