
Se c’è un’emozione che spinge a cercare relazione e aiuto questa è l’ansia: la sua morsa fisica è così intensa, l’agitazione che l’accompagna così destabilizzante, che alla fine sono veramente poche le persone che non corrono ai ripari.
E, di solito, i ripari all’ansia sono di due tipi: l’evitamento o i farmaci. Nessuno dei due è risolutivo. L’evitamento ha, come retro-effetto di aumentare le aree evocative dell’ansia fino a portare ad uno stallo. I farmaci – che sono necessari solo all’interno di un programma terapeutico – eliminano i sintomi ma non le cause.
La causa dell’ansia sono i desideri. Come, direte voi? Sì i desideri. Perchè il desiderio è una sorta di allungamento dell’anima che spinge verso una direzione nuova e verso un rischio. E lì inizia il conflitto che genera l’ansia. Rischio o non rischio? Cambio o non cambio? Nell’incertezza mi viene un attacco d’ansia e mi aggrappo – letteralmente – a qualsiasi cosa per farmela passare. Ma il problema rimane perchè non possiamo smettere di desiderare e il desiderio ci mette nel territorio dell’incertezza e della novità. In fondo la psicoterapia è proprio questo: un processo di espansione che permette di crescere senza essere continua preda di attacchi d’ansia. E questa espansione non avviene perchè la psicoterapia ci trasforma in rocce contro il mare in tempesta ma perchè ci aiuta a stare nei luoghi traballanti, nei sentimenti misti, nell‘incertezza che è connaturata con la vita. Ci riabilita alla possibilità di desiderare, alla possibilità di perdere, alla possibilità di non sapere prima come andrà a finire. Questa riabilitazione apre la possibilità di amare. Non si può amare se si vuole solo avere certezze. Le certezze richiedono chiusure e l’amore richiede apertura. Le certezze richiedono rifiuto e l’amore chiama accettazione. È il desiderio che richiama l’amore e l’ansia è il sentimento dell’espansione dei confini ordinari.
Normalizzare i desideri significa non lasciare che sia la realizzazione del nostro desiderio la misura del nostro valore. È questo che crea ansia: l’idea che se il nostro desiderio non si realizzerà avremo una prova della nostra inadeguatezza. Non è così: non dipende tutto da noi. Non saremo noi ad eliminare l’incertezza dal mondo. E non possiamo trovare stabilità in qualcosa di esterno ma in qualcosa di interno.
Questo significa, nel corpo, lavorare sui muscoli stabilizzatori. Sugli stabilizzatori della spalla e del bacino. Il desiderio infatti ci fa protendere in avanti, verso l’altro, e se non sappiamo stare in questa incertezza perchè i nostri stabilizzatori sono deboli finiremo per passare dall’essere arroccati in se stessi all’essere aggrappati all’altro. In più i muscoli stabilizzatori sono muscoli che attivano la propriocezione e facilitano così il ritiro delle proiezioni. Non servono tante interpretazioni per smettere di proiettare: serve la consapevolezza fisica ed emotiva. E allora l’ansia sarà solo un segnale: quello che il nostro desiderio ci indica come direzione di crescita, senza la certezza del risultato.
Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo. Alexander Lowen
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione
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