C’è un legame di fatto tra medicina e poesia. Molti medici sono stati anche poeti. Forse perchè non si può curare senza che sorga un senso poetico della vita che va ben al di là del meccanico utilizzo di una scienza.
William Carlos Williams è uno di loro. Faceva nascere bambini di giorno e scriveva poesie di notte. Faceva anche nascere poeti perchè è stato mentore di Gary Snyder, poeta zen da me molto amato, Allen Ginsberg, Denise Levertov, Theodore Roethke – sono stati sostenuti da questo poeta modernista che faceva foto poetiche smarginate del quotidiano.
In questo libro, A un discepolo solitario, (in cartaceo o ebook) trovi una raccolta completa della sua opera che vale la pena comprare, sia per il testo inglese a fronte che per la bella introduzione di Luigi Sampietro che definisce la poesia “l’improntitudine dell’istinto selvaggio della mente” che bisogna seguire per travolgere le forme che incontra. Travolgerle e smarginarle per diminuire la tendenza a considerare impermanente tutto ciò che è, invece, soggetto a continuo cambiamento. Per torcere il collo alla retorica abbiamo bisogno della poesia, così come, per coltivare fiducia nella guarigione, abbiamo bisogno della convinzione che la poesia esprime.
Che il serpente attenda sotto la malerba
e la scrittura
sia di parole, lente, svelte, acuminate nello sferrarsi, mute nell’attesa, insonni.
– a riconciliare grazie alla metafora
persone e pietre.
Componete. (Niente idee se non nelle cose). Inventate!
La sassifraga è il mio fiore, spacca le rocce. William Carlos Williams
William Carlos Williams A un discepolo solitario, Bompiani editore
© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici