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meditazione e scrittura

Un medico poeta: William Carlos Williams

09/09/2023 by nicoletta cinotti

C’è un legame di fatto tra medicina e poesia. Molti medici sono stati anche poeti. Forse perchè non si può curare senza che sorga un senso poetico della vita che va ben al di là del meccanico utilizzo di una scienza.

William Carlos Williams è uno di loro. Faceva nascere bambini di giorno e scriveva poesie di notte. Faceva anche nascere poeti perchè è stato mentore di Gary Snyder, poeta zen da me molto amato, Allen Ginsberg, Denise Levertov, Theodore Roethke – sono stati sostenuti da questo poeta modernista che faceva foto poetiche smarginate del quotidiano.

In questo libro, A un discepolo solitario, (in cartaceo o ebook) trovi una raccolta completa della sua opera che vale la pena comprare, sia per il testo inglese a fronte che per la bella introduzione di Luigi Sampietro che definisce la poesia “l’improntitudine dell’istinto selvaggio della mente” che bisogna seguire per travolgere le forme che incontra. Travolgerle e smarginarle per diminuire la tendenza a considerare impermanente tutto ciò che è, invece, soggetto a continuo cambiamento. Per torcere il collo alla retorica abbiamo bisogno della poesia, così come, per coltivare fiducia nella guarigione, abbiamo bisogno della convinzione che la poesia esprime.

Che il serpente attenda sotto la malerba
e la scrittura
sia di parole, lente, svelte, acuminate nello sferrarsi, mute nell’attesa, insonni.
– a riconciliare grazie alla metafora
persone e pietre.
Componete. (Niente idee se non nelle cose). Inventate!
La sassifraga è il mio fiore, spacca le rocce. William Carlos Williams

William Carlos Williams A un discepolo solitario, Bompiani editore

© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici

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L’inizio della fine

05/09/2023 by nicoletta cinotti

L’inizio della fine è un inizio.
La fine di qualsiasi cosa può essere un’arte.
Rinunciare all’avidità, alla brama di vincere
è la parte più difficile.
Per essere un artista della fine bisogna lodare
Non solo ciò che è stato prima, ma anche ciò che verrà.
Il fatto di finire è di per sé sorprendente;
Le linee che la definiscono non vengono mai tracciate.
L’inizio è un dono che arriva inaspettato,
ma la fine può essere creata come un’arte.
Ciò che sta al di là è misterioso e nascosto.
La fine può essere la completezza del cuore.
Evocare il cuore e il suo compagno, il respiro,
per fare un’arte di ciò che conosciamo come morte.
~ Pat Schneider

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La strada più lunga per tornare a casa

29/08/2023 by nicoletta cinotti

Raccontiamo storie, costruiamo
dai frammenti delle nostre vite
mappe che ci guidino l’uno verso l’altro.
Creiamo collage di come
sarebbe potuto essere
se fosse stato come lo ricordiamo,
come pensiamo sia stato,
contando nella nostra mezza età
rendimenti decrescenti.
Ieri sera il lago era immobile;
lungo tutta la costa
segni luminosi di matita, e
bambini nella canoa scura che imploravano
“Raccontaci storie spaventose”.
Dita che si insinuano nell’acqua,
ho detto che qualcuno che amavo e che è morto
mi ha detto in sogno
di non sentirmi sola, mi ha detto
di non avere mai paura.
E loro, i bambini, sono rimasti in silenzio,
ascoltando l’acqua
leccare i lati della canoa.
È ciò che amiamo di più
può farci più paura, può farci
per la prima volta capire
come ci stiamo cullando in una barca scura sull’acqua,
prendendo la strada più lunga per tornare a casa.
~ Pat Schneider

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Lascia che ti ascolti

17/08/2023 by nicoletta cinotti

Lascia che ti ascolti.
Parla al tuo cuore
e svuota gli angoli bui.

Le parole non dette
non possono portare gioia.
Lasciale danzare,
anche se i loro passi vacillano.

Confida che ciò che emerge
sarà riscaldato dal sole,
e il mio ascolto
lo riparerà dal vento.

Lascia che le parole che sono state accartocciate
sempre più strettamente all’interno
emergano, si allunghino e ondeggino.
Guardale alleggerirsi

e senti il cuore sollevarsi
quando il loro peso si alleggerisce
e si liberano nel mondo
come farfalle, per atterrare o fluttuare via.

Lasciale andare
e vedrai la tua anima danzare
nel dolce silenzio
dello spazio consacrato che rimane. Rachel Holstead

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Dove non mi hai portata

29/07/2023 by nicoletta cinotti

“Dove non mi hai portata” è il titolo dell’ultimo libro di Maria Grazia Calandrone, che diventa il necessario antefatto del precedente, “Splendi come vita” in cui raccontava la storia della sua relazione con la famiglia adottiva e, in particolare, con la madre. Sono due libri splendidi entrambi ma con l’ultimo libro Maria Grazia fa un salto di qualità che va oltre la narrazione di una storia personale per entrare dentro un affresco collettivo che riguarda la storia delle donne in Italia e dell’appoggio legislativo dello stato italiano all’indissolubilità del matrimonio

Fino al 1968 e al 1969, in Italia l’adulterio era reato. Un reato penale che faceva da contraltare al reato di concubinato. Il reato di adulterio era il tradimento, da parte di una donna, del legittimo marito. Il reato di concubinato era il tradimento del marito che sceglieva di vivere con un’altra donna. Due reati penali la cui persecuzione era affidata alla denuncia del coniuge. Se il coniuge denunciava, la pena poteva arrivare a due anni e mezzo. La madre naturale di Maria Grazia era fedifraga ma, prima ancora che traditrice, era stata una donna vittima di una cultura e di una famiglia che le aveva tolto la facoltà di essere padrona della propria vita. La fine della storia è nota e Maria Grazia ricostruisce, con precisione da detective, tutti gli antefatti di quella storia che finisce in maniera tragica e di denuncia.

I genitori naturali di Maria Grazia l’abbandonano lo stesso giorno in cui decidono di togliersi la vita, per affidarla alla “compassione di tutti”. Una compassione che prende la forma dell’adozione, da parte dei Calandrone, e della denuncia, con una lettera all’Unità, giornale quotidiano del Partito Comunista, che dà risalto all’intera vicenda nei suoi aspetti umani e sociali. Genitori semi-analfabeti eppure consapevoli che c’era, in quello che stavano vivendo e scegliendo, un’ingiustizia doppia. L’ingiustizia di non dare a tutti le stesse opportunità e l’ingiustizia di una legislazione punitiva.

Nello scrivere Maria Grazia Calandrone tiene ben saldi due registri: quello personale, affettivo, e quello collettivo. La sua scrittura risuona della scelta narrativa fatta da Joan Didion, ne “L’anno del pensiero magico”, di Annie Ernaux ne “L’evento” ma anche di James Ellroy ne “I miei luoghi oscuri”. Questo unire alla vicenda personale una lettura sociale ci aiuta a renderci conto della molteplicità dei fattori che concorrono alla “scrittura” di una storia personale. Ci ricorda la nostra “comune umanità condivisa”, ricorda che le donne hanno millenni di ingiustizia e pregiudizi sulle spalle. Sono questi millenni che ci hanno rese forti. Siamo sopravvissute grazie ad una tenacia, una forza e una determinazione che è la nostra fiera compassione. Una storia che insegna che l’amore non è un sentimento da sottovalutare perché è rivoluzionario. Ha la forza, la tenacia, l’intenzione, di cambiare le cose. A volte ci riesce, a volte no ma non per questo perde forza o valore.

© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici

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Guarire come un elefante

27/07/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Qualche giorno fa un amico dentista mi spiegava che ci sono due diversi tipi di guarigione: quella dell’epitelio, della pelle – che è rapida e leggera – e quella dell’osso che, invece, è un pachiderma. Ci mette mesi a fare lo stesso percorso che l’epitelio fa in pochi giorni.

Mi è sembrato che questo fosse vero anche per la psiche. Superficialmente le nostre ferite guariscono spesso molto velocemente. Dentro però rimangono tracce più nascoste e profonde che riaffiorano come risentimento, rancore, rimorso. Perché ciò che tocca la struttura coinvolge una ridefinizione dell’insieme. Quello che ferisce la superficie invece può ricostruirsi più semplicemente.

Così, quando ci rimproveriamo perché non riusciamo a reagire potremmo domandarci: è una ferita che ha toccato la struttura oppure è un graffio superficiale? Ci costringe a rivedere il nostro modo di stare nel mondo o, come un acquazzone che ha bagnato i vestiti, ci lascia solo inzuppati per un po’?

Perché ciò che è più basso e profondo, richiede più tempo. O, forse, come dice Rovelli nel suo bellissimo libro, il tempo in alto scorre più veloce che in pianura.

Inizio da un fatto semplice: il tempo scorre più veloce in montagna che in pianura. La differenza è piccola ma si può controllare con orologi che si acquistano su internet per un migliaio di euro. Con gli orologi di laboratori specializzati si osserva il rallentamento del tempo anche tra pochi centimetri di dislivello: l’orologio per terra va un pelino più lento dell’orologio sul tavolo. Non sono solo gli orologi a rallentare: in basso tutti i processi sono più lenti. Carlo Rovelli

Pratica di mindfulness: La meditazione del fiume

© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione

Archiviato in:mindfulness continuum Contrassegnato con: scrivere storie di garigione, accettazione, accettazione radicale, Bioenergetica e Mindfulness Centro Studi, meditazione, meditazione e poesia, meditazione e scrittura, mente, mindful, mindfulness, Nicoletta Cinotti, pratica di mindfulness, ritiri, ritiri di mindfulness, ritiri di mindfulness e bioenergetica, ritiro, ritiro di bioenergetica e mindfulness, ritiro di meditazione, ritiro di mindfulness, scrivere, scrivere la mente

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