
Questa struttura si presenta molto spesso come un sacco vuoto con una muscolatura debole e scarica: è l’effetto dell’essersi proteso fino al limite delle sue possibilità nella ricerca d’amore ed essersi trovato senza risposta, scaricato e debilitato dallo sforzo della richiesta.
Se facciamo riferimento al consueto schema a stella tipico dell’analisi bioenergetica,vediamo che le aree di tensione – indicate dalle aree tratteggiate – sono interne alla struttura, che mostra invece confini definiti e coincidenti con i confini corporei. Ma gli impulsi verso l’esterno (indicate dalle frecce tratteggiate che partono dal centro) e la connessione con la periferia del corpo sono tutte aree di conflitto. E’ una struttura che potremmo definire astenica, molto protesa in altezza, perché la muscolatura debole ha permesso la crescita delle ossa lunghe, ma anche perché il contatto con il radicamento e la realtà è evitato. Spesso questo viene giustificato dalla persona come un atteggiamento eccessivamente idealistico mentre il tema sottostante è l’evitamento del dolore per non aver ricevuto l’amoroso sostegno di cui aveva bisogno, nel momento in cui ne aveva bisogno. La graduale accettazione della realtà è uno degli obiettivi più importanti con questa struttura caratteriale.
Il desiderio represso
Questo carattere si sviluppa a partire dal desiderio represso nei confronti della madre, un desiderio che viene represso prima che i suoi bisogni incontrino soddisfazione. Questo crea un conflitto tra la necessità dell’altro e la paura di rimanere nuovamente delusi. A livello psicologico potremmo dire che siamo di fronte alla paura di riprovare la prima sofferenza infantile, una paura che viene evitata strutturando, nel corpo, una autonomia di cui non è ancora pienamente capace. E’ un bambino che cresce in fretta ma con una muscolatura debole e poco vitale, un bambino che si sforza di essere indipendente perché questo gli permette di evitare il dolore della separazione e dell’abbandono sperimentato nella relazione primaria.
Ma i suoi bisogni orali sono ancora attivi e vengono riportati alla luce con l’emergere della pulsione sessuale dall’adolescenza in poi.
L’affetto bloccato
E’ qui che si realizza l’amare inutilmente di cui parlavo nel titolo: i bisogni infantili vengono agiti attraverso la sessualità impostando relazioni che risultano poco soddisfacenti sia rispetto ai bisogni infantili che rispetto alla sessualità adulta. Il suo interesse affettivo è narcisistico con grandi aspettative e limitate capacità d’impegno. Si aspetta comprensione e amore e fa fatica a soddisfare le esigenze del partner con una grande dipendenza,spesso coperta da un’ostilità per l’insoddisfazione del rapporto. Quando porge amore è recepito dagli altri come se facesse una richiesta di amore. “Ti amo” spesso significa “voglio che tu mi ami” dove l’altro è percepito come la fonte narcisistica di soddisfazione. Non è consapevole della tensione nel suo corpo che restringe la sua capacità di amare. Ciò che sente è un desiderio di amore che non equivale alla capacità di amare. Anche se il suo sentimento d’amore è autentico non deriva da una resa al corpo e al Sé, ma da un abbandono della posizione adulta, che significa stare sulle proprie gambe con la piena responsabilità dei propri sentimenti.
L’oralità e la genitalità sono però tendenze antitetiche: una è correlata alla funzione di carica, l’altra alla funzione di scarica. Per questa persona il bisogno di scarica è molto secondario – il suo vero problema è piuttosto caricarsi a sufficienza :cosa che può avvenire attraverso il contatto fisico che diventa un tramite per rispondere però non ad un bisogno adulto ma ad una necessità infantile. L’invidia, che spesso è presente, va letta come espressione del senso di privazione ingiustamente subita. La dipendenza dagli altri è l’equivalente – per l’adulto – della suzione e del farsi portare in braccio da bambino. Anche l’appetito può essere un elemento significativo : è abnorme o negato, due estremi per esprimere diverse reazioni al senso di vuoto interiore.
La struttura orale
lIl corpo, che abbiamo già detto è poco sviluppato muscolarmente, ha tratti infantili ed esprime un senso di bisogno che ispira protezione. Le braccia e le gambe spesso sono magre e il movimento degli arti è faticoso e poco gradito.
I movimenti espressivi delle braccia possono facilmente produrre l’emergere di emozioni di tristezza: sono braccia che assomigliano a quelle di un bambino che si protende per essere preso in braccio. Il quadro di Chagall, posto all’inizio, rappresenta molto bene la struttura orale, allungata, staccata da terra, sognante. Una esperienza che viviamo quando siamo innamorati e che per l’orale è impressa nel corpo e poco realizzata nella vita.
La ripetuta frustrazione della richiesta d’amore – quella primaria e quella secondaria – fanno sviluppare un sentimento d’ostilità che spesso rimane bloccato. La colonna vertebrale, usata come vera struttura di sostegno al posto delle gambe, non permette infatti la mobilizzazione libera dell’aggressività che esce più come ostilità che come auto-affermazione. Il torace spesso è sgonfio e l’addome è privo di turgore, ecco perché nella descrizione corporea ricorre spesso l’immagine del sacco vuoto.
Le gambe non sono percepite come sostegni e la paura di cadere è un elemento molto comune.
Se torniamo allo schema iniziale possiamo facilmente comprendere come tutto correla con una mancanza di aggressività strutturata e un senso di vuoto interiore.
L’attaccamento e il corpo
IIn questa situazione la ricerca di contatto e prossimità è fonte di ambivalenza. E’ un bambino che può protestare molto fortemente al momento della separazione e non mostrare poi risposte affettive al ricongiungimento, sviluppando così un attaccamento ansioso-ambivalente, con comportamenti che possono portare una esasperata richiesta di contatto come una povertà di segnali emotivi.
Arrendersi all’amore, arrendersi alla realtà
Arrendersi all’amore – e l’orale abbiamo visto ha un grande bisogno d’amore – implica la capacità di condividere pienamente il proprio sé con il partner. L’amore non è dare ma essere aperti (Lowen, 1994, 135). Tale apertura deve essere in primo luogo verso se stessi, poi verso l’altro. Ciò implica l’essere in contatto con i sentimenti più profondi ed essere capace di esprimerli in modo adeguato.
L’amore adulto non è una resa del Sé ma una resa al Sè. L’io cede al cuore l’egemonia sulla personalità, ma questa resa non l’annienta. Ne risulta invece rafforzato, dato che le sue radici nel corpo vengono nutrite dalla gioia che il corpo prova: questa è la vera cura per il carattere orale. Ripristinare la capacità di arrendersi ai propri veri bisogni per potersi arrendere al corpo.
Concludo con una espressione artistica del dilemma orale: una poesia di Eugenio Montale.
Ho sceso dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Eugenio Montale [da Satura]
a cura di ©Nicoletta Cinotti
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