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Giornata internazionale della gentilezza

Quel piccolo elemento di stupore

25/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ogni giorno siamo di fronte a moltissime routine. Ripetiamo le stesse cose in casa, a lavoro, nelle relazioni. Convinti di riconoscere già – in anticipo – il senso delle cose. E così ci muoviamo a binario unico. Mentre la noia inizia a serpeggiare nel nostro quotidiano. mentre ci convinciamo che abbiamo bisogno di cambiare o almeno di aggiustar qualcosa per migliorare la nostra vita.

Manca qualcosa: ci manca quel piccolo elemento di stupore che suscita meraviglia e che alimenta la sorpresa e la gioia. Ci manca quel sobbalzo del cuore quando qualcosa di inaspettato si presenta. Tendiamo a pensare che le novità siano negative e così facciamo in modo che tutto sia sempre uguale per poi lamentarci per la sensazione di essere su un binario unico.

Per riprendere quel sobbalzo non abbiamo bisogno di cambiare partner, casa, lavoro, vita. Abbiamo bisogno di sciogliere la nostra resistenza allo stupore, alla gioia della novità. La nostra tendenza a rendere sempre uguali i nostri giorni per sentirsi sicuri. E poi a lamentarsi per la noia che occupa le nostre giornate.

Mettiamo in azione il nostro dis-abituatore: non abbiamo bisogno di cambiare vita ma, ancora una volta, di guardarla con uno sguardo da principiante. Abbiamo bisogno di vedere il piccolo – anziché il grande – di vedere il momento e di non usarlo come generalizzazione per tutta la nostra vita. Abbiamo bisogno di lasciare le porte alla sorpresa e quindi di convivere con la fisiologica incertezza della vita.

La vita è una routine e la routine è una forma di resistenza allo stupore. Abraham Joshua Heschel

Pratica del giorno: Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR

 

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La sfumatura del cambiamento emotivo

03/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molti di noi possono credere che le emozioni siano collegate solo a ciò che sentiamo. Che nascano da una interazione con una situazione o con una persona e che la loro origine stia in qualcosa che succede o che è successo.

In realtà moltissime delle emozioni che proviamo in una giornata nascono da quello che pensiamo. A volte, volutamente, andiamo a ripescare un ricordo per poter provare di nuovo una certa emozione. E non sempre lo facciamo con le emozioni positive. Anzi, moltissime volte lo facciamo proprio con le emozioni spiacevoli. Possiamo dire che qualsiasi emozione può essere suscitata dai pensieri e l’effetto che ha sul corpo è proprio come quella prodotta dall’esperienza diretta di una situazione.

I nostri pensieri quindi ci espongono ad una realtà aumentata di trauma, dolore e sofferenza. Una realtà che va ben al di là di quello che abbiamo vissuto. Tendiamo a sottovalutare l’impatto che hanno su di noi ma per il nostro corpo l’emozioni prodotta dal pensiero o l’emozione prodotta dall’esperienza è diversa solo di una sfumatura leggera: la sfumatura del cambiamento

Possiamo pensare a quello che dovremmo fare per ore e giorni ma questo non cambierà quello che sentiamo. Potrà aiutarci momentaneamente a fare qualcosa di diverso ma se non continueremo ad esercitare uno sforzo quello che sentiamo riemergerà. Per cambiare quello che sentiamo abbiamo bisogno di passare dal corpo. Un corpo diverso percepisce in modo diverso e “pensa” in modo diverso.

C’è un processo di cambiamento che avviene dall’interno e non richiede sforzi coscienti. È chiamato crescita e migliora l’essere. Non è qualcosa che si può fare: quindi non è una funzione dell’Io ma del corpo. (…). Alexander Lowen

Pratica del giorno: La classe del mattino (Video di esercizi)

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: crescita e cambiamento

 

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La gentilezza e le relazioni

13/11/2022 by nicoletta cinotti

[box] “Fra le dolcezze delle avversità, e lasciatemi dire che sono state numerose, ho trovato la più dolce, la più preziosa di tutte, è la lezione che ho imparato sul valore della gentilezza. Ogni gentilezza ricevuta, grande o piccola, mi ha convinta che non ce ne sarà mai abbastanza nel nostro mondo. Essere gentili significa rispondere con sensibilità e calore umano alle speranze e ai bisogni del prossimo. Perfino il più piccolo gesto di gentilezza può illuminare un cuore incattivito. La gentilezza può cambiare la vita delle persone.Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la pace[/box]

 

Portare la gentilezza nella relazione

La citazione che apre questo articolo è forte perché sappiamo che è pronunciata da una donna che ha vissuto la violenza, la limitazione della libertà, in modo persecutorio e difficile. 

Fa sorgere una domanda inevitabile: è possibile portare sempre gentilezza? Quali sono i limiti relazionali oltre i quali la gentilezza deve lasciare il passo alla protezione? Qual è il conflitto sano e tollerabile in una relazione?

Sono domande apparentemente più piccole di quelle suscitate dall’esperienza di Aung eppure sappiamo che la pace nel mondo nasce dalla pace dentro di noi e dalla pace nelle nostre relazioni.

In effetti molto spesso nelle relazioni affettive viviamo situazioni di conflitto, tensione, dolore che possono mettere in dubbio l’opportunità di rimanere presenti

In una relazione spenta, in cui non c’è quasi più traccia dell’intimità e dello slancio iniziale, il conflitto, l’irritazione, la rabbia sono pur sempre sentimenti che possono rinsaldare il legame e creare un punto d’incontro anche se sono emozioni negative.

Ma qual è il limite che dobbiamo riconoscere e rispettare perché la rabbia sia propulsiva della crescita e non portatrice di violenza?

Il conflitto in amore

Per quanto possa sembrare strano, ci sono molti rapporti orientati al conflitto e sono caratterizzati da rabbia, litigi ed emozioni negative, che hanno però la funzione di tenere insieme la coppia senza che subentrino indifferenza e appiattimento. Visto dall’esterno un rapporto di questo tipo può sembrare una tortura e viene spontaneo chiedersi perché alcune persone si infliggano un tale tormento. Una possibile spiegazione è che la rabbia sia un modo per tornare a essere intimi quando ci siamo allontanati troppo. Non solo: è un’emozione che può far parte del sistema motivazionale dell’accudimento.

D’altra parte noi autorizziamo implicitamente la rabbia in amore proprio a partire dai rimproveri che facciamo ai bambini. Impariamo così che una persona può arrabbiarsi con noi anche se ci vuole bene. A volte impariamo così anche che l’amore può accompagnarsi alle percosse. molti bambini vengono ancora picchiati e mettiamo così le basi per una tolleranza insana alla violenza nelle relazioni affettive.

Permetterci e permettere di essere come siamo

Molti conflitti nascono dal desiderio di cambiare l’altro e dalla frustrazione relativa all’impossibilità di farlo. Per questo ogni relazione dovrebbe avere uno spazio di non-intervento in cui scopriamo com’è l’altro davvero a prescindere dai nostri desideri di cambiamento.

Non possiamo sapere chi siamo davvero se non apriamo questo spiraglio di osservazione: guardare ciò che succede e non intervenire perché ciò che accade sia quello che vogliamo. In questo lasciar essere si apre, ogni volta, uno spazio di assoluta novità. Su di noi, sugli altri, sulla vita e sul filo che sembra dipanarsi tra un evento e l’altro.

La calma non è qualcosa che si raggiunge dopo aver superato tutti gli ostacoli. In ogni tornado, in ogni tempesta c’è un punto di calma e questo vale anche per noi: la calma esiste anche dentro la rabbia. Abbiamo solo bisogno di lasciar andare la volontà di aver ragione e cercare l’intenzione di tornare in contatto con l’altro. Lasciar andare la volontà di avere ragione e la volontà di avere esattamente quello che vogliamo riduce tantissimo le nostre occasioni di conflitto. Ma come mai a volte più siamo dipendenti da una persona più ci troviamo invischiati in una spirale di rabbia, violenza, contatto senza trovare un modo civile di stare in relazione?

 

Sette domande utili in caso di conflitto

  1. In quali situazioni si verifica il conflitto?
  2. Che cosa sentiamo nel corpo?
  3. Che emozioni sono presenti? Possiamo notare tutto lo spettro emotivo riconoscendolo e nominandolo oppure c’è una sola emozione che offusca tutto?
  4. Quali sono i pensieri che ci passano per la mente?
  5. Quali impulsi ad agire sono presenti?
  6. Possiamo prenderci una pausa per darci self-compassio riconoscendo che questo è un momento difficile per noi?
  7. Possiamo sospendere la reattività?

Quando non vale la pena insistere

Considerare normale un certo livello di dipendenza in una relazione sentimentale è scontato. In alcuni casi, però, la dipendenza va oltre il limite fisiologico e assume, ben presto, la caratteristica comportamentale che hanno tutte le dipendenze patologiche. Alla base c’è l’impossibilità, il terrore di perdere la persona verso la quale siamo dipendenti con comportamenti di astinenza simili a quelli che si osservano con le sostanze stupefacenti. Quando possiamo parlare di dipendenza affettiva? Quando sono presenti tre o più comportamenti disfunzionali – presentati nella lista seguente – per un tempo prolungato e non episodico.

• Bisogno compulsivo dell’altro e sofferenza anche solo all’idea di tollerarne l’assenza.
• La maggior parte del tempo è occupato dalla relazione o, se non si è fisicamente insieme, dal pensiero della relazione.
• Tutti gli altri aspetti della propria vita rivestono un ruolo secondario anche se collegati ad affetti importanti, come figli, amicizie, famiglia d’origine.
• La relazione è regolata da forme estreme di controllo.
• Malgrado l’intensità del dolore relazionale, è impossibile chiudere la relazione e i tentativi di farlo vengono abortiti.
• C’è una fortissima attrazione fisica iniziale che non corrisponde a una condivisione di interessi.
• Si verifica uno stato mentale confuso che alterna momenti di euforia – quando c’è l’incontro – a momenti di disperazione esagerata, quando qualcosa turba l’incontro.

Siamo abituati a credere che valga la pena soffrire per amore e questa convinzione altera la percezione del dolore tollerabile in una situazione di dipendenza affettiva. La disponibilità e l’accettazione non devono mai varcare la soglia del rispetto dei limiti fisici e psicologici del nostro o della nostra partner. Ogni volta che accettiamo di varcare questo limite accettiamo che la nostra relazione possa essere anche violenta

 

  Diventiamo schiavi del piacere iniziale del rapporto e, come tossicodipendenti, cerchiamo di ricrearlo e ne vogliamo sempre di più, a costo di qualsiasi sacrificio, convinti che, se dimostreremo una disponibilità totale, tutto tornerà bello come al principio, perché l’inizio delle storie di dipendenza affettiva è magico, speciale, straordinario.

È importante comprendere che l’affinità sessuale non è l’unica condizione necessaria per portare avanti una relazione ed è indispensabile considerare che un partner violento non può cambiare senza l’aiuto di un  trattamento, come quelli offerti dai Centri che si occupano di Uomini maltrattanti. Essere innamorati e voler bene non può trasformarci in vittime, come assistiamo quotidianamente nelle storie di molte donne. In questo mese festeggeremo la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne per sensibilizzare su questi temi tutta la popolazione

 

 Curare le relazioni con la gentilezza

La pratica può curare le difficoltà relazionali? I dati di ricerca neuroscientifica sostengono l’efficacia della mindfulness e l’efficacia della pratica di gentilezza amorevole ( Fredrickson, Cohn, Coffey, Pek, & Finkel, 2008) che permette significativi cambiamenti nella qualità delle emozioni positive e nella riduzione delle emozioni negative in persone che partecipano ad un programma di 7 settimane di pratica di Gentilezza amorevole. L’incremento di emozioni come gioia, speranza, gratitudine, divertimento, appagamento risulta significativo e queste emozioni positive producono un incremento delle risorse personali come presenza mentale, motivazione, sostegno sociale, diminuzioni dei sintomi di malattia e riduzione dei sintomi depressivi. Sappiamo che il nostro cervello viene strutturato sulla base delle esperienze che viviamo. Una pratica regolare di gentilezza amorevole attiva e rafforza le aree cerebrali connesse all’intelligenza emotiva e allo sviluppo di risposte empatiche.(Hutcherson, Seppala & Gross, 2014) (Hoffmann, Grossman & Hinton, 2011). Una delle risposte più significative è l’incremento della materia grigia nelle aree cerebrali connesse alla regolazione emotiva (Leung et al 2013); (Lutz et al 2008).
Al di là della mole di dati scientifici che sostengono i benefici effetti della pratica di Gentilezza amorevole che cosa significa praticarla?

La pratica di Gentilezza amorevole inizia con il rivolgere questo tipo di attenzione a noi stessi e per quanto la nostra cultura possa essere considerata esageratamente narcisistica, questo primo passo, spesso è il più difficile. Alcuni insegnanti di meditazione invitano ad iniziare prima dalle persone che amiamo, per poi rivolgere questa stessa attenzione a noi stessi. Te ne parlo proprio oggi, in occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza, nata a Tokio nel 1997. Un evento che compie oggi 25 anni mentre la gentilezza è una delle pratiche più importanti della tradizione vipassana theravada e una delle pratiche fondative della mindfulness. Condivido con te due video per praticare insieme, gentilmente, e coltivare, con questa pratica, la gentilezza nelle nostre relazioni.

© Nicoletta Cinotti 2022

 

Il protocollo di Mindful Self-compassion settimanale online

Dal 25 Maggio alle 19

Il protocollo di Mindful Self-compassion Intensivo e residenziale

28 Giugno 2 luglio con Nicoletta Cinotti e Paolo Scocco

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Non abbiamo bisogno di cambiare noi stessi

18/11/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando le persone iniziano a meditare o a seguire un percorso spirituale, spesso pensano che miglioreranno in qualcosa ma questa è una sottile aggressione contro di noi, contro chi siamo davvero. È un po’ come dire “Se corro divento migliore” oppure “Se potessi cambiare casa sarei migliore”, oppure “Se potessi meditare e calmarmi sarei migliore”.

Oppure lo scenario potrebbe essere dare la colpa agli altri; per esempio potremmo dire “Se non fosse per mio marito il nostro matrimonio sarebbe perfetto”, “Se non fosse per il mio capo – che non sopporto – il mio lavoro sarebbe meraviglioso”, “Se non fosse per la mia mente, mediterei benissimo”.

La gentilezza amorevole verso di noi non significa sbarazzarci di tutti i problemi. Gentilezza amorevole o maitri significa che potremmo ancora arrabbiarci, impazzire, essere timidi o gelosi o pieni ancora di sentimenti di inadeguatezza ancora per molto tempo. Il punto non è cercare di cambiare se stessi. La meditazione non è un modo per buttare via noi stessi e prendere una copia migliore di noi. Piuttosto è diventare amici di noi stessi, di chi siamo proprio ora.

Questo è quello che esploriamo, che studiamo, con uno straordinario interesse e curiosità: come siamo e come possiamo esserci amici.

Pema Chodron

© Nicoletta Cinotti 2017 Addomesticare pensieri selvatici  Foto di © 八 creatività e follia ♫♪

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Il momento irresistibile

12/11/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ammettilo:

Sei totalmente incapace di resistere a questo momento: questo momento è totalmente irresistibile per te!

Questi pensieri, queste sensazioni, emozioni, suoni, sono già qui.

Sono qui che, liberamente, compaiono e scompaiono in quello che sei.

Nulla è capace di bloccarli.

Nessun confine.

Nessuna barriere.

Le porte sono già aperte e la vita filtra dentro. nella sua totale nudità.

Alza bandiera bianca, soldato!

Jeff Foster 

Foto di © Lumase

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Noi siamo il traffico

11/11/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Qualche tempo fa mi trovavo sul treno che dalla valle dell’Hudson va a New York City. Seduto tra una signora impegnata in una rumorosa conversazione telefonica e un uomo sempre più infastidito dal volume della sua voce. Man mano che il nostro viaggio proseguiva, accompagnato dal suono della voce ferma della donna e dai dettagli dei suoi piani, l’uomo grugniva, si agitava, mormorava. Fino a che arrivò all’esplosione, “Stai facendo troppo rumore!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Guardandolo non potei fare a meno di pensare che anche lui stava facendo la stessa cosa.

Quando siamo catturati dal traffico, bloccati in un ingorgo, ci dimentichiamo che anche noi siamo quel traffico. Che anche noi siamo parte del problema così come, almeno potenzialmente, parte della soluzione. Il lavoro con i nostri antagonisti – con ciò che ci suscita avversione – inizia con l’essere preparati a camminare in un territorio nuovo, esplorando la zona che sta tra le persone che ci sono care e quelle che, invece, rifiutiamo e tagliamo fuori.

Il filosofo Peter Singer chiama questo processo “l’espansione del cerchio della moralità” riferendosi all’allargare il cerchio delle persone nei confronti delle quali nutriamo cura e preoccupazione. Anche se l’altruismo comincia come spinta biologica alla protezione, si evolve poi verso la scelta di cura nei confronti degli altri. La reazione impulsiva nei confronti del rumore degli altri può essere un rumore altrettanto forte che innesca però un circolo vizioso di conflitto che porta solo all’esaurimento.

Designare qualcuno o qualcosa come nemico dà a questa persona una identità immutabile. Quando categorizziamo gli altri come cattivi (o buoni o giusti o sbagliati) possiamo sentirci sicuri perchè sappiamo dove sono loro e dove siamo noi. O pensiamo di saperlo. La vita però è più complessa di così.

Il mio amico Brett – che per un certo periodo ha fatto l’autista di limousine, mi raccontava come si arrabbiava per il comportamento degli altri autisti. Poi, ad un certo punto realizzò che anche lui, qualche volta, faceva le stesse trasgressioni che imputava agli altri.

Relazionarsi con gli altri come se fossero una categoria completamente separata li oggettivizza e crea una tensione che, inevitabilmente, arriva al conflitto. Non ci rende facile avere una relazione e, alla fine, può lasciarci parecchio soli.

Nella situazione del treno con la passeggera che usava il cellulare ad alta voce, un approccio più produttivo sarebbe stato cambiare posto oppure, se possibile, suggerire educatamente di abbassare il tono. Oppure, successivamente, attivare un’azione  positiva, agire contro l’uso del telefono sui trasporti pubblici o a favore dell’istituzione di carrozze silenziose. Invece che reagire contro le persone che ci offendono, possiamo collaborare per trasformare quella situazione in un beneficio per tutte le persone coinvolte.

Non c’è niente di debole o rinunciatario nel non confrontare aggressivamente e direttamente i nostri nemici. Piuttosto è un modo completamente diverso di connettersi con gli altri senza essere intrappolati nel ruolo di vittima o aggressore (…) Possiamo imparare molto quando esploriamo la pausa che c’è tra essere arrabbiati e agire. Sharon Salzberg

Domenica 12 Novembre alle 18 ci sarà il nostro Kindness Lab,  per la Giornata Internazionale della Gentilezza in Via I. Frugoni 15/2.

Ti prego, sii gentile: registrati su Eventbrite!

Cancellati su Eventbrite se non intendi partecipare ma ti sei già iscritto

© Nicoletta Cinotti 2017 Addomesticare pensieri selvatici

Foto di © mariateresa toledo

 

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