
Non possiamo dire che non siamo consapevoli: una forma di consapevolezza è sempre presente, anche se non siamo proprio mindful! Perché la consapevolezza è fatta di tre grandi aree: una consapevolezza che nasce dalle sensazioni fisiche, una consapevolezza dei pensieri – che a volte è unita alla consapevolezza delle emozioni – e la consapevolezza delle tonalità affettive di ciò che viviamo.
La consapevolezza fisica è quella immediatamente più comprensibile: sentiamo il corpo, sentiamo se ci fa male o se stiamo bene. Sentiamo il movimento, l’energia, la stanchezza o la vitalità. Siamo anche molto spesso consapevoli dei nostri pensieri e, a volte, ci rendiamo conto di cosa succede emotivamente quando pensiamo qualcosa (questo sarà il post di domani). Siamo consapevoli anche delle tonalità affettive, quel continuo e minuscolo giudicare se qualcosa è piacevole, spiacevole o neutro.
La vera consapevolezza – l’essere mindful – è quello che nasce dall’integrazione di queste tre aree: sensazioni fisiche, tonalità affettive, pensieri ed emozioni. Purtroppo quello che succede, molto spesso, è che veniamo sequestrati da uno di questi tre vertici, da una di queste tre aree: diventiamo assorbiti dai nostri pensieri e sviluppiamo ansia o depressione oppure diventiamo assorbiti dalle sensazioni fisiche e sviluppiamo ipocondria e somatizzazioni. Oppure siamo assorbiti dalle tonalità affettive e impulsivamente rifiutiamo o accettiamo le cose senza darci un reale spazio di riflessione.
Il punto, quando ci rendiamo conto che siamo assorbiti da uno di questi tre vertici, è cercare cosa accade negli altri due. Non usciremo dai pensieri cercando di capire, con altri pensieri, come mai siamo preoccupati
Non usciremo dalla paura delle malattie controllando continuamente il nostro stato di salute, non usciremo dalla nostra impulsività giudicando – a pelle – tutto quello che succede. Usciremo da questi sequestri della consapevolezza aprendola a nuove prospettive, aprendo a quelle informazioni alle quali, per qualche misteriosa ragione non diamo importanza. Quelle che evitiamo. È lì, in quello che dimentichiamo di considerare che, invece, si nasconde il pezzo mancante, la tessera del puzzle, quella che ci permetterà di comprendere che sapore ha essere presenti. Che sapore ha essere vivi.
Durante la pratica della consapevolezza coltiviamo la pazienza nei confronti del nostro corpo e della nostra mente. Ci ricordiamo deliberatamente che non c’è ragione per irritarci con noi stessi perché la nostra mente è costantemente occupata a giudicare o perché ci sentiamo tesi, agitati o spaventati o perché pratichiamo già da un po’ di tempo senza aver ottenuto risultati. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Spazio di respiro di tre minuti (File audio di pratica)
© Nicoletta Cinotti 2017 Il protocollo MBSR
Foto di ©Hannes R
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