
[box] “Fra le dolcezze delle avversità, e lasciatemi dire che sono state numerose, ho trovato la più dolce, la più preziosa di tutte, è la lezione che ho imparato sul valore della gentilezza. Ogni gentilezza ricevuta, grande o piccola, mi ha convinta che non ce ne sarà mai abbastanza nel nostro mondo. Essere gentili significa rispondere con sensibilità e calore umano alle speranze e ai bisogni del prossimo. Perfino il più piccolo gesto di gentilezza può illuminare un cuore incattivito. La gentilezza può cambiare la vita delle persone.Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la pace[/box]
Portare la gentilezza nella relazione
La citazione che apre questo articolo è forte perché sappiamo che è pronunciata da una donna che ha vissuto la violenza, la limitazione della libertà, in modo persecutorio e difficile.
Fa sorgere una domanda inevitabile: è possibile portare sempre gentilezza? Quali sono i limiti relazionali oltre i quali la gentilezza deve lasciare il passo alla protezione? Qual è il conflitto sano e tollerabile in una relazione?
Sono domande apparentemente più piccole di quelle suscitate dall’esperienza di Aung eppure sappiamo che la pace nel mondo nasce dalla pace dentro di noi e dalla pace nelle nostre relazioni.
In effetti molto spesso nelle relazioni affettive viviamo situazioni di conflitto, tensione, dolore che possono mettere in dubbio l’opportunità di rimanere presenti
In una relazione spenta, in cui non c’è quasi più traccia dell’intimità e dello slancio iniziale, il conflitto, l’irritazione, la rabbia sono pur sempre sentimenti che possono rinsaldare il legame e creare un punto d’incontro anche se sono emozioni negative.
Ma qual è il limite che dobbiamo riconoscere e rispettare perché la rabbia sia propulsiva della crescita e non portatrice di violenza?
Il conflitto in amore
Per quanto possa sembrare strano, ci sono molti rapporti orientati al conflitto e sono caratterizzati da rabbia, litigi ed emozioni negative, che hanno però la funzione di tenere insieme la coppia senza che subentrino indifferenza e appiattimento. Visto dall’esterno un rapporto di questo tipo può sembrare una tortura e viene spontaneo chiedersi perché alcune persone si infliggano un tale tormento. Una possibile spiegazione è che la rabbia sia un modo per tornare a essere intimi quando ci siamo allontanati troppo. Non solo: è un’emozione che può far parte del sistema motivazionale dell’accudimento.
D’altra parte noi autorizziamo implicitamente la rabbia in amore proprio a partire dai rimproveri che facciamo ai bambini. Impariamo così che una persona può arrabbiarsi con noi anche se ci vuole bene. A volte impariamo così anche che l’amore può accompagnarsi alle percosse. molti bambini vengono ancora picchiati e mettiamo così le basi per una tolleranza insana alla violenza nelle relazioni affettive.
Permetterci e permettere di essere come siamo
Molti conflitti nascono dal desiderio di cambiare l’altro e dalla frustrazione relativa all’impossibilità di farlo. Per questo ogni relazione dovrebbe avere uno spazio di non-intervento in cui scopriamo com’è l’altro davvero a prescindere dai nostri desideri di cambiamento.
Non possiamo sapere chi siamo davvero se non apriamo questo spiraglio di osservazione: guardare ciò che succede e non intervenire perché ciò che accade sia quello che vogliamo. In questo lasciar essere si apre, ogni volta, uno spazio di assoluta novità. Su di noi, sugli altri, sulla vita e sul filo che sembra dipanarsi tra un evento e l’altro.
La calma non è qualcosa che si raggiunge dopo aver superato tutti gli ostacoli. In ogni tornado, in ogni tempesta c’è un punto di calma e questo vale anche per noi: la calma esiste anche dentro la rabbia. Abbiamo solo bisogno di lasciar andare la volontà di aver ragione e cercare l’intenzione di tornare in contatto con l’altro. Lasciar andare la volontà di avere ragione e la volontà di avere esattamente quello che vogliamo riduce tantissimo le nostre occasioni di conflitto. Ma come mai a volte più siamo dipendenti da una persona più ci troviamo invischiati in una spirale di rabbia, violenza, contatto senza trovare un modo civile di stare in relazione?
Sette domande utili in caso di conflitto
- In quali situazioni si verifica il conflitto?
- Che cosa sentiamo nel corpo?
- Che emozioni sono presenti? Possiamo notare tutto lo spettro emotivo riconoscendolo e nominandolo oppure c’è una sola emozione che offusca tutto?
- Quali sono i pensieri che ci passano per la mente?
- Quali impulsi ad agire sono presenti?
- Possiamo prenderci una pausa per darci self-compassio riconoscendo che questo è un momento difficile per noi?
- Possiamo sospendere la reattività?
Quando non vale la pena insistere
• Bisogno compulsivo dell’altro e sofferenza anche solo all’idea di tollerarne l’assenza.
• La maggior parte del tempo è occupato dalla relazione o, se non si è fisicamente insieme, dal pensiero della relazione.
• Tutti gli altri aspetti della propria vita rivestono un ruolo secondario anche se collegati ad affetti importanti, come figli, amicizie, famiglia d’origine.
• La relazione è regolata da forme estreme di controllo.
• Malgrado l’intensità del dolore relazionale, è impossibile chiudere la relazione e i tentativi di farlo vengono abortiti.
• C’è una fortissima attrazione fisica iniziale che non corrisponde a una condivisione di interessi.
• Si verifica uno stato mentale confuso che alterna momenti di euforia – quando c’è l’incontro – a momenti di disperazione esagerata, quando qualcosa turba l’incontro.
Siamo abituati a credere che valga la pena soffrire per amore e questa convinzione altera la percezione del dolore tollerabile in una situazione di dipendenza affettiva. La disponibilità e l’accettazione non devono mai varcare la soglia del rispetto dei limiti fisici e psicologici del nostro o della nostra partner. Ogni volta che accettiamo di varcare questo limite accettiamo che la nostra relazione possa essere anche violenta
Diventiamo schiavi del piacere iniziale del rapporto e, come tossicodipendenti, cerchiamo di ricrearlo e ne vogliamo sempre di più, a costo di qualsiasi sacrificio, convinti che, se dimostreremo una disponibilità totale, tutto tornerà bello come al principio, perché l’inizio delle storie di dipendenza affettiva è magico, speciale, straordinario.
È importante comprendere che l’affinità sessuale non è l’unica condizione necessaria per portare avanti una relazione ed è indispensabile considerare che un partner violento non può cambiare senza l’aiuto di un trattamento, come quelli offerti dai Centri che si occupano di Uomini maltrattanti. Essere innamorati e voler bene non può trasformarci in vittime, come assistiamo quotidianamente nelle storie di molte donne. In questo mese festeggeremo la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne per sensibilizzare su questi temi tutta la popolazione
Curare le relazioni con la gentilezza
La pratica può curare le difficoltà relazionali? I dati di ricerca neuroscientifica sostengono l’efficacia della mindfulness e l’efficacia della pratica di gentilezza amorevole ( Fredrickson, Cohn, Coffey, Pek, & Finkel, 2008) che permette significativi cambiamenti nella qualità delle emozioni positive e nella riduzione delle emozioni negative in persone che partecipano ad un programma di 7 settimane di pratica di Gentilezza amorevole. L’incremento di emozioni come gioia, speranza, gratitudine, divertimento, appagamento risulta significativo e queste emozioni positive producono un incremento delle risorse personali come presenza mentale, motivazione, sostegno sociale, diminuzioni dei sintomi di malattia e riduzione dei sintomi depressivi. Sappiamo che il nostro cervello viene strutturato sulla base delle esperienze che viviamo. Una pratica regolare di gentilezza amorevole attiva e rafforza le aree cerebrali connesse all’intelligenza emotiva e allo sviluppo di risposte empatiche.(Hutcherson, Seppala & Gross, 2014) (Hoffmann, Grossman & Hinton, 2011). Una delle risposte più significative è l’incremento della materia grigia nelle aree cerebrali connesse alla regolazione emotiva (Leung et al 2013); (Lutz et al 2008).
Al di là della mole di dati scientifici che sostengono i benefici effetti della pratica di Gentilezza amorevole che cosa significa praticarla?
La pratica di Gentilezza amorevole inizia con il rivolgere questo tipo di attenzione a noi stessi e per quanto la nostra cultura possa essere considerata esageratamente narcisistica, questo primo passo, spesso è il più difficile. Alcuni insegnanti di meditazione invitano ad iniziare prima dalle persone che amiamo, per poi rivolgere questa stessa attenzione a noi stessi. Te ne parlo proprio oggi, in occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza, nata a Tokio nel 1997. Un evento che compie oggi 25 anni mentre la gentilezza è una delle pratiche più importanti della tradizione vipassana theravada e una delle pratiche fondative della mindfulness. Condivido con te due video per praticare insieme, gentilmente, e coltivare, con questa pratica, la gentilezza nelle nostre relazioni.
© Nicoletta Cinotti 2022
Il protocollo di Mindful Self-compassion settimanale online
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28 Giugno 2 luglio con Nicoletta Cinotti e Paolo Scocco