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classi d'esercizi bioenergetici

L’intreccio vitale tra gioia e dolore

01/02/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Se guardiamo alla nostra vita vediamo che la sofferenza e lo stress sono intrecciati con il piacere.
Spesso evitiamo di guardare il dolore nella convinzione che questo potrebbe farlo emergere troppo intensamente.

Questa paura è infondata: se limitiamo la nostra capacità di comprendere il dolore limitiamo anche la nostra capacità di sperimentare la gioia perché le emozioni non sono divise in compartimenti stagni.

Così, se davvero desideriamo essere felici dobbiamo volgere lo sguardo alla parte ferita di noi, come dice Rumi, perché è da lì che entra la luce.

Volgere lo sguardo non significa trovare mirabolanti soluzioni o fantastiche vie di fuga. Non è lo sguardo fugace che dedichiamo a quello che ci fa paura. È lo sguardo amorevole che diamo alle parti di noi che chiedono soccorso. Le guardiamo dritte in faccia e diciamo loro “Buongiorno, sono qui per ascoltare la tua voce, sentire il tuo odore e camminare accanto fino a che sarà necessario“. Potremo scoprire così che la nostra disponibilità rende più lieve e fugace anche il dolore più acuto. In fondo quello che desideriamo è essere ascoltati. Una volta che ci sentiamo accolti e sappiamo che questo è possibile, la strada è sgombra per la gioia alla quale aspiriamo.

Essere una persona non è qualcosa che si può fare; non è un atto definito: è un qualcosa che ci obbliga a interrompere il nostro lavoro frenetico, a prendere il tempo di respirare e sentire. Questo può farci sentire dolore, ma se abbiamo il coraggio di accettarlo, proveremo anche piacere. Se sappiamo far fronte al nostro vuoto interiore, riusciremo a realizzarci. Se siamo in grado di andare in fondo alla nostra disperazione, scopriremo la gioia. Alexander Lowen

Pratica del giorno: La classe del mattino

©  Nicoletta Cinotti 2023 Formazione in reparenting

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Come nascono le classi d’esercizi bioenergetici

08/12/2022 by nicoletta cinotti

Le classi d’esercizi bioenergetici sono forse il modo più conosciuto di avvicinamento all’analisi bioenergetica. Semplici e con una struttura regolare di lavoro corporeo – che permette di affrontare le tensioni ricorrenti – rientrano tra le attività di promozione della salute che sono tipiche dell’analisi bioenergetica. Spesso sono strutturate in cicli di 10 incontri a frequenza settimanale e offrono così un programma regolare di lavoro corporeo.

Il libro – Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. manuale di esercizi pratici – che le presenta raccoglie il lavoro di Alexander Lowen e di sua moglie Leslie, che contribuì attivamente alla costruzione delle sequenze di esercizi, e uscì negli Stati Uniti nel 1977, rapidamente tradotto in Italia da Astrolabio, due anni dopo. Malgrado sia un libro piccolo raccoglie, in maniera organica, tutto quello che c’è da sapere – e da esplorare – in una classe d’esercizi.

La vibrazione

La vibrazione – o fascicolazione – è uno degli elementi più tipici della classe. Lavoriamo perché si verifichino questi movimenti involontari che indicano che c’è stato un de-tensionamento muscolare.

La vibrazione è dovuta a una carica energetica della muscolatura ed è analoga alla vibrazione che ha luogo in un filo elettrico quando una corrente lo attraversa. Alexander Lowen

Spesso mi scrivono persone che soffrono di fascicolazioni muscolari spontanee e vorrei quindi spendere due parole per fare una distinzione. Le vibrazioni o fascicolazioni che si sperimentano in bioenergetica sono dovute al fatto che il muscolo viene stressato e, quando il muscolo arriva ad un massimo di tensione, reagisce de-tensionando, cioè vibrando. Si utilizza un principio di fisiologia per arrivare alla distensione, a quello che, in bioenergetica, è l’arrendersi al corpo. È un processo di carica per arrivare alla scarica, percorrendo una strada contro-intuitiva, come accade spesso in bioenergetica.

Le fascicolazioni spontanee invece, possono avere diverse origini e vanno investigate con il proprio medico di fiducia se arrivano a compromettere uno stato di benessere psicofisico, perché, ovviamente, una tendenza alla fascicolazione può essere fisiologica in condizioni di tensione.

Produrre vibrazioni ha uno scopo: aumentare la capacità di tollerare eccitazione e piacere. Per ottenere questo è necessario che il nostro senso di sé sia ancorato al corpo. Lo scopo però non si limita alla salute fisica ma include la salute psichica.

Durante questo processo avviene un analogo cambiamento nel pensiero e negli atteggiamenti di una persona. Quando le vibrazioni attraversano completamente il corpo, la persona si sente unita e integrata, intera…La sensazione di unità e integrità porta ad una naturale sincerità di pensiero e azione. Alexander Lowen

Il grounding

Perché questa esperienza sia facilmente integrata, tutti gli esercizi hanno due basi: il lavoro sul grounding e l’ampliamento della lunghezza respiratoria. Avere grounding significa essere radicato nella realtà, abbassando il centro di gravità e spostando l’attenzione predominante dai pensieri al corpo, per aumentare l’identificazione con il corpo. La nostra identificazione con i pensieri è, per Lowen alla radice di molte delle patologie psicologiche. Su questo, per lui, ci sono poche parole da spendere: è necessario permettere alle persone di avere una diversa esperienza del proprio corpo. E la classe è proprio questo: avere una diversa esperienza del proprio corpo.

Il grounding è legato al lasciarsi andare che, in bioenergetica, significa, lasciarsi scendere, perché, inconsciamente, ci teniamo su di continuo, per paura di cadere e di abbandonarci alle nostre sensazioni. Quando ci spingiamo in alto perdiamo il nostro ritmo e la nostra capacità di autoregolazione, per seguire il ritmo e la volontà della mente.

La respirazione sana

La respirazione sana è un’attività che riguarda tutto il corpo. Quello che facciamo nella classe è lavorare sulle contrazioni che tagliano questa qualità del respiro. In questo modo le sensazioni possono aumentare e sicuramente cresce la consapevolezza corporea.

Anche se può sembrare strano l’analisi caratteriale nasce qui: i caratteri si strutturano sulla base dell’interruzione più ricorrente che si produce nel nostro respiro. Per questo, se si è uno psicoterapeuta bioenergetico, è inevitabile condurre la classe tenendo conto delle modalità respiratorie dei partecipanti. E, soprattutto, ascoltando il cambiamento del suono del respiro, man mano che la classe va avanti.

Bent out of shape o arrabbiato?

Bent out of shape è il titolo di un fortunato libro americano sulla classe d’esercizi ma, in inglese, dire che qualcuno è bent out of shape è anche un modo per dire che è molto arrabbiato, fuori di sé per la rabbia. Questo è un concetto sottile e profondo della bioenergetica. I muscoli contratti, tesi, sono muscoli “arrabbiati” o “spaventati” e portano a sperimentare queste emozioni anche al di là del dato di realtà. Ecco perché il lavoro espressivo sulla rabbia, in bioenergetica, è così importante. Perché, dando espressione a questa tensione di sottofondo, ci permettiamo di liberare le tensioni muscolari che ci rendono imprigionati in una modalità difensiva. Passiamo dal corpo ma, in realtà è un modo per cambiare la mente, per ridarle flessibilità e vigore. Vitalità e senso della novità. Fuori dalla ripetizione delle vecchie letture del mondo.

Poi, poiché in fondo Lowen era un poeta, collega la modalità di respiro con la nostra modalità di relazione sociale. La nostra inspirazione così parla della nostra capacità di protenderci all’esterno, la nostra espirazione parla della nostra capacità di cedere.

Le lacrime sono come pioggia dal cielo ed un buon pianto è come un acquazzone che pulisce l’aria. Piangere è il modo fondamentale per liberare le tensioni, come si può vedere osservando un bambino che scoppia a piangere, quando le frustrazioni gli creano una tensione insopportabile. Nessuno deve vergognarsi di piangere poiché siamo tutti bambini nel cuore. Alexander Lowen

Cosa offrono le classi d’esercizi bioenergetici

Gli esercizi bioenergetici offrono l’opportunità di esercitarsi e di prendere dimestichezza con l’espressione di ciò che si sente, in un ambiente protetto e adatto a questo scopo. L’espressione di ciò che si sente  non è diretta ad altri.

Inoltre, se da una parte si viene sollecitati ad esprimere quello che si sente, dall’altra si viene aiutati ad esercitare e mantenere padronanza dell’esperienza, in modo che l’espressione sia appropriata.

La scelta del momento per agire e parlare è altrettanto importante quanto ciò che si fa e si dice. Ci sono persone che reagiscono troppo rapidamente: sono impulsive e manca loro il controllo consapevole che caratterizza una persona padrona di sé. Altre reagiscono troppo lentamente, spesso molto tempo dopo che la situazione è superata. Equilibrio comporta tempestività non impulsività. Alexander Lowen

Come integrare gli esercizi nella psicoterapia?

Potrebbe essere interessante leggere un report di un caso clinico che ben chiarisce come, a partire dal racconto di una esperienza personale, si possa sentire l’esigenza e la naturalità del passaggio all’esplorazione attraverso il corpo. L’articolo si intitola Il movimento e l’esplorazione di sé (pdf) di Lynne Parsons originariamente pubblicato da IPSO.

© Nicoletta Cinotti 2022

Eventi correlati

Corso registrato “10 Classi di Yoga e bioenergetica”

Bibliografia di riferimento

Lowen A., Lowen L., Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica

Mitchell E., Bent out of shape

Parsons Lynne,Il movimento e l’esplorazione di sé

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La misura della generosità

06/12/2022 by nicoletta cinotti Lascia un commento

La gratitudine e la misura della generosità

Siamo nella stagione dei regali e dell’attesa. A volte anche dell’attesa del regalo. Un regalo che mantenga la sua natura di novità e imprevisto. Quei regali che, proprio perché sorprese, fanno sorgere un moto di gioia e gratitudine. Quel “grazie” che diamo in risposta che, prima ancora che una parola è un movimento del corpo.

Per questo potremmo pensare che la gratitudine sia una risposta a qualcosa che ci è stato dato. In realtà la gratitudine è qualcosa presente a priori: è prestare attenzione, essere in ciò che accade dentro e fuori di noi, con pienezza. È quello lo stato che ci fa dire grazie. In quel momento siamo in contatto e comprendiamo lo scambio, mischiato, confuso e affettuoso che c’è tra noi e gli altri, e il privilegio di farne parte. Così la gratitudine non è altro che il riconoscimento della forza del nostro essere connessi, parte di un insieme, per il quale non abbiamo dovuto fare domanda. Siamo arrivati così, nudi e crudi e nudi e crudi ce ne andremo.

E nel mezzo – gratuitamente – avremo visto e ricevuto al solo costo della nostra attenzione. I colori del cielo, delle stagioni, dei vestiti, i volti, le mani, gli occhi delle persone, la loro grazia nel movimento e la loro stanchezza. I suoni e gli odori, i frammenti dei movimenti e i gesti. Il protendersi e il ritirarsi. Ogni cosa può entrare a far parte di quella gratitudine. Perché la gratitudine è la misura della generosità della nostra presenza, della nostra partecipazione.

Il ringraziamento avviene quando il nostro senso di presenza incontra la presenza degli altri. Non apprezzare significa, semplicemente, che non abbiamo prestato attenzione. David Whyte

Pratica del giorno: Protendersi

© Nicoletta Cinotti 2022 Il programma di Mindful Self-compassion online

 

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Il processo del saluto

04/11/2022 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Tra oggi e giovedì termineranno due protocolli. E ogni volta è un’occasione per esplorare il processo del saluto. Per me e per gli altri. Alcuni scivolano via, in silenzio, con un misto di leggera indifferenza o una vena di solitudine. Altri invece si attardano, fanno immediatamente progetti per proseguire, salutano calorosamente e scherzosamente.

Spesso con l’impegno di rivedersi presto. Come se questa fosse la garanzia e il salvacondotto necessario per poter salutare. Io rimango sempre sorpresa della ventata di vitalità che ogni volta attraversa i saluti. Sempre grata di quello che le persone mi insegnano. Nessuno mi lascia uguale a prima. Con stupore sento, ogni volta, il gusto del saluto.

E così mi sembra che, in ogni momento della nostra vita, il processo del saluto sia una vera e propria pratica. il saluto quando iniziamo. Il saluto quando finiamo. In questa continuità ricca di sfumature il saluto prende spazio per riconoscere la differenza tra essere insieme e tornare a casa. Questo stesso saluto è quello che rivolgiamo a noi stessi con la pratica della mattina e con la pratica della sera. Riconosciamo le onde della nostra presenza. E la natura impermanente del nostro umore e della nostra vita. Riconosciamo che ciò che ha un inizio ha una fine. E smettiamo così di evitare la nostra più grande paura. Ne prendiamo una piccola e quotidiana consapevolezza.

Non voglio sentir parlare Della saggezza dei vecchi, bensì della loro follìa, La loro paura della paura e della frenesia, la loro paura del possesso, Di appartenere ad un altro, o ad altri, o a Dio.

La sola saggezza che possiamo sperare di ottenere la saggezza dell’umiltà. L’umiltà è sconfinata. T. S. Eliot

Pratica di mindfulness: Geografia del lasciar andare

© Nicoletta Cinotti 2022

 

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La cacciata dal Paradiso e lo standard elevato di fascino

19/01/2018 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Nel racconto biblico della cacciata dal Paradiso di Adamo ed Eva tutto inizia attorno alla curiosità di Eva che, desiderando assaggiare il frutto proibito contravviene alla regola e, per questa ragione, entra in un mondo di dolore e sofferenza. Lei e i suoi figli.

La lettura simbolica della cacciata dal paradiso terrestre è ricchissima di spunti: avere mangiato la mela potrebbe rappresentare il momento in cui la vergogna entra nella scenda del panorama emotivo. In quel momento infatti Adamo ed Eva realizzarono di essere nudi: fino a quel momento non c’era stata nessuna consapevolezza della loro nudità.

Il punto dove si ferma sempre la mia attenzione è un altro: è la cacciata. Se sbagli non c’è possibilità di recupero. Quello è un errore definitivo. Questa posizione non è affatto insolita. Quante volte pensiamo che un errore, un fallimento, sia irreparabile? E, soprattutto quante volte pensiamo che se non siamo perfetti non saremo amati? Quante volte inseguiamo la perfezione, la correzione dei nostri errori e difetti non tanto per la cosa in se stessa quanto per la convinzione che l’eliminazione di quel difetto ci permetterà di ricevere più amore?

Vi assicuro che non è così: ho visto persone che venivano amate loro malgrado e altre che non venivano amate nonostante tutto quello che facevano per essere amabili. Perchè l’amore è un sentimento spontaneo che non vuole manipolazione. È imprevedibile e può nascere a dispetto di qualsiasi circostanza esterna e di qualsiasi valutazione razionale. L’amore conquistato è sempre un amore fragile: al primo errore rischia di incrinarsi, rischiamo la cacciata dal paradiso ad ogni traccia di imperfezione. E, forse, quello non è amore ma ammirazione guadagnata a costo di avere uno standard di fascino elevato.

Quando siamo amati davvero il filo del legame non si rompe per gli errori e spesso rimane anche dopo la fine della relazione. Perchè l’amore esprime una qualità della nostra mente originaria: una qualità durevole anche se continuamente in trasformazione. Quella qualità di grazia – data e ricevuta – che ci permette di dire sono qui, con te.

Quella grazia è più semplice quando siamo bambini perchè ha la qualità dell’innocenza, ha la qualità della mente del principiante. I bambini amano o non amano con assoluta sincerità: amare vuol dire finalmente tornare principianti. L’amore porta con se ansia e incertezza proprio perchè torniamo principianti e impariamo di nuovo a tremare per ogni foglia, per ogni sospiro. Torniamo al principio di ogni cosa. In modo spassionato. Senza la misura del dare e dell’avere.

Ti ama in spassionato modo

la bambina,

come il vento. Chandra Livia Candiani

Pratica di Mindfulness: Self compassion breathing (File audio di pratica: clicca sulle parole)

© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione: ritiro di primavera

Foto di © Russell Goodman

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Venire guariti, respiro dopo respiro

21/02/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando ci apriamo alla consapevolezza non è insolito che emergano sensazioni lungamente tenute sopite. Possono essere vecchi ricordi, possono essere emozioni della giornata che abbiamo tenuto da parte nello sforzo di controllare come stavano andando le cose.

In quel momento inizia un nuovo aspetto della nostra pratica: possiamo esplorare quel luogo – spesso ferito – oppure volgere lo sguardo altrove. A quello che abbiamo da fare, ai nostri programmi, alla ricerca della calma che sta dentro a molte delle intenzioni di pratica.

In realtà la pratica è la ricerca della consapevolezza: abbiamo bisogno della calma per andare in profondità ma la mindfulness non è, in se e per sé, un calmante. Può avere un effetto calmante ma è funzionale all’offrirci la possibilità di esplorare l’esperienza in corso. Così, quando nella nostra pratica emerge qualcosa che ci agita o ci turba, facciamo riferimento al respiro non per mandare via l’agitazione ma per avere il gentile coraggio di esplorare quello che sta emergendo. Sapendo che, questo venire a galla, è proprio l’aspetto curativo della pratica stessa. Può essere scomodo però guarisce. Guarisce perché non permette che avvenga la trascuratezza e l’evitamento nei confronti delle nostre ferite, dei nostri unfinished business. Guarisce perchè offre un’attenzione affettuosa. Guarisce perchè riconosce che c’è bisogno di cura, di soffermarsi, di guardare. Non guarisce perchè ci calmiamo. Perchè ci forziamo a stare tranquilli. Ci calmiamo perchè – respiro dopo respiro – veniamo guariti.

Rilassandovi nel momento, forse potete sviluppare una maggiore presenza al corpo. Le sue tensioni emergono nel momento presente in forma di sottili disagi (…) Invitate il corpo a lasciarsi andare senza combattere o resistere ma, piuttosto a cedere, ammorbidendosi. Gregory Kramer

Pratica del giorno: La classe del mattino

© Nicoletta Cinotti 2017 Risolversi a Cominciare Foto di ©k.jessen

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