Quante volte in una relazione d’amore abbiamo detto, o pensato, stringimi forte. Stringimi forte, tanto forte che non possa più andarmene. Tanto forte che le mie ali diventino un’ombra.
Tanto forte da diventare una cosa sola.
In ciascuno di noi c’è l’idea che l’amore sia quello stato di fusione che abbiamo sperimentato nell’infanzia, quando tra le braccia dei nostri genitori abbiamo provato cosa vuol dire sentirsi protetti, sicuri, certi di una appartenenza all’altro. Non è così che si ama una volta diventati adulti. Una volta diventati adulti abbiamo esigenze personali che entrano in collisione e desideri e bisogni che ci fanno avvicinare. La fusione dell’infanzia deve lasciar aperta la porta all’autonomia, all’indipendenza e al piacere di ritrovarsi. Se continuiamo a cercare quella fusione, se ci crediamo, stringimi forte può diventare un abbraccio fatale, Un abbraccio dal quale non riusciamo più a liberarci anche quando la relazione è finita. Anzi la relazione può finire solo quando la morte ci separa.
Il punto è che le storie d’amore – in questa epoca in cui si sono indeboliti i collanti esterni al rapporto – non sono per sempre. Sono storie che nascono sulla base di un sentimento – l’amore – e quel sentimento si basa su un’emozione che può finire. Non è una colpa, non è un fallimento. Le cose cambiano, anche noi cambiamo e se basiamo una relazione sul sentimento dell’amore è importante essere consapevoli che l’amore è soggetto a trasformazione. E che non è detto che sia per sempre.
Allora stringimi forte, fammi sognare deve essere anche un altro impegno: lasciami libera, fammi volare. Lascia che io sia la persona che sono. Perchè sennò “stringimi forte” può diventare l’inizio di un possesso che non prevede la fine di un amore. E i femminicidi avvengono proprio lì: quando quell’amore è finito e lei richiede le sue ali in cambio.
Come amanti stiamo finemente in equilibrio su una corda. Quando incominciano a soffiare i venti del dubbio e della paura, se andiamo in panico e ci aggrappiamo l’uno all’altra o se ci muoviamo inaspettatamente e cerchiamo di proteggerci, la corda oscilla di più e il nostro equilibrio diventa persino più precario. Per stare sulla corda dobbiamo regolare le nostre mosse in base a quelle dell’altro e rispondere reciprocamente alle emozioni. Se stiamo connessi, allora ci teniamo reciprocamente in equilibrio. Siamo in equilibrio emotivo. Sue Johnson
Pratica di mindfulness: Centering meditation
© Nicoletta Cinotti 2016 Mindfulness e Bioenergetica Foto di ©paccianid
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