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esercizi di mindfulness

Prendersi il tempo per essere felici

23/09/2023 by nicoletta cinotti

C’è un piccolo libro, uscito nel 2020, quasi per gioco. L’ho consegnato all’editore con un mese di anticipo tanto scriverlo era stato leggero e divertente. I libri in genere hanno vita breve ma questo piccolino, che ormai ha tre anni, è ancora pieno di vitalità. Si tratta di “Mindfulness in cinque minuti. Pratiche informali di ordinaria felicità“. Insieme al suo fratello maggiore, “Mindfulness ed emozioni”, uscito due anni dopo, saranno in promo al 20% di sconto in tutte le librerie e store online dal 26 Settembre al 26 Ottobre. Un’offerta valida su tutti i libri dell’editore Gribaudo.

Non capita mai che i libri abbiano così tanto sconto, perché, per legge, non si possono vendere con sconto superiore al 5%. Così è, in qualche modo, un’occasione unica per avere due libri che non invecchiano ma che, con il tempo, rivelano la stoffa di cui sono fatti.

Nicoletta Cinotti, Mindfulness in cinque minuti. Pratiche informali di ordinaria felicità”, Gribaudo editore Cartaceo e ebook

Nicoletta Cinotti, Mindfulness ed emozioni, Gribaudo editore Cartaceo

 

Archiviato in:Addomesticare pensieri selvatici, mindfulness Contrassegnato con: mindfulness ed emozioni, esercizi di mindfulness, felicità, mbct, protocolli mindfulness, protocollo MBCT, protocollo mbsr

Il piacere, l’ansia e le difese

14/07/2023 by nicoletta cinotti

Forse ti sarà capitato di avere molti impegni e responsabilità e, per portarli avanti, tagliare il tempo libero o tagliare le attività piacevoli con l’illusione di avere così più energia per quello che “devi” fare. Nella depressione da lieve a grave questa è una delle prime cose che accade. Pessima scelta perché abbiamo bisogno di avere un equilibrio tra lavoro e vita personale. per questo motivo aiuto le persone a mettere a fuoco delle attività nutrienti da portare avanti  per avere energia per i compiti quotidiani. Solo che succede una cosa strana: molte persone scoprono che hanno attività nutrienti che sono solo piacevoli (i procrastinatori) o attività nutrienti che sono solo di padronanza, organizzate in agenda come se fossero un impegno di lavoro. ( I controllanti). Entrambi cercano una cosa sola. Tenere a bada l’ansia.

L’ansia è una delle emozioni più pervasive e disturbanti. Anche se non sempre possiamo definirla patologia, è pur vero che il disagio che provoca è così forte che raramente passa inosservato.

La prima domanda però che dovremmo farci è perché proviamo ansia?

Perché sono ansioso?

Proviamo ansia perché desideriamo qualcosa ma sappiamo che questo può essere, anziché un piacere, una fonte di frustrazione. Sappiamo che quel meeting di lavoro può darci molto piacere e soddisfazione ma non siamo sicuri del risultato: proviamo ansia. Sappiamo che quell’incontro potrebbe andare bene ma non è certo: proviamo ansia. Sappiamo che stiamo per avere una crescita professionale: proviamo ansia perché non siamo sicuri di essere adeguati. E gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Perché l’ansia non discrimina tra cose positive e negative: possiamo provare ansia nei momenti più belli della nostra vita che finiscono così per essere veramente difficili!

Come dice Alexander Lowen l’ansia nasce come reazione alla frustrazione provata in una condizione piacevole. Se, ripetutamente, quando siamo aperti, amorevoli e rilassati accade un fenomeno avverso – una frustrazione, una punizione o un rimprovero – è molto possibile che si strutturi una forma di ansia cronica che ci porta ad evitare la condizione piacevole che ha scatenato il rimprovero. In questo caso tenderemo a diventare super-preparati e a controllare gli imprevisti in due modi: con la preparazione e con la riduzione dell’improvvisazione e delle attività non preparate accuratamente. saremo precisi, ordinati e controllati e metteremo in agenda la palestra, il cinema, le cene, prenotando tutto con il dovuto anticipo. Un vantaggio ma anche uno svantaggio percé i “controllori” hanno meno gioia e minore propensione alla meraviglia.

Oppure, all’opposto, facciamo solo cose piacevoli, decise last minute e procrastiniamo tutto quello che ci mette in ansia c, finendo poi per avere un accumulo di arretrati che può travolgerci da un momento all’altro. Modi opposti di regolare la stessa emozione. l’ansia! Cerchiamo di ripetere quella situazione piacevole ma in modo da non provare ansia, per esempio attraverso l’uso di alcool.

Quindi l’ansia nasce in relazione al piacere. Ecco perché qualsiasi ansioso ha bisogno di sentirsi in un luogo sicuro. Il luogo, lo spazio fisico in cui si trova e il messaggio – positivo – lo confortano sul fatto che niente di male può accadergli. Nello stesso tempo, il comportamento di evitamento dell’ansia ha un effetto paradossale: la amplifica. Mentre incontrarla con gradualità offre sollievo. Una mente piena di ansia, infatti, crea proprio le paure che teme di più. Le crea ma non riesce a comprenderle ed esplorarle. Pensa continuamente a ciò che potrebbe succedere senza darsi strumenti per comprendere come e perché succede. L’ansia ci porta a velare le nostre risorse e le nostre qualità e rende più difficile lanciare uno sguardo verso la nostra mente originaria.

Ma come fare? E soprattutto, chi saremmo se non fossimo stati frenati dalla nostra ansia? Proviamo a vederlo in teoria e in pratica…

“Accetta il fatto che quando fai qualcosa di nuovo potrebbe andare male, e questo renderà tutto più facile”Alex Noriega

I segnali contraddittori

L’ansia nasce in risposta a segnali contraddittori e può venire evocata dal presentarsi anche di qualsiasi altro segnale ambivalente. Le situazioni originarie risalgono all’infanzia. I bambini sono tutto cuore, sono cioè molto aperti e, per questa ragione anche molto vulnerabili. Man mano che incontrano frustrazioni imparano a costruire dei confini di personalità e un senso di quello che può essere un luogo sicuro e un comportamento sicuro. Purtroppo anche i genitori stessi non sono sempre fonte di piacere e sicurezza e, nella mente del bambino, possono essere associati anche alla possibilità del dolore. È così che iniziamo ad imparare che anche le relazioni possono essere “pericolose”. Se le frustrazioni superano la finestra di tolleranza allora diventa inevitabile che l’ansia ci spinga a costruire delle difese e non solo dei confini. Possiamo addirittura affermare che le difese sono un uso eccessivo dei confini che diventano rigidi e poco adattabili al mutare delle circostanze.

La mente ansiosa non comprende che quando sogna ad occhi aperti cose avvenute nel passato, non è nel presente. E quando non siamo nel presente è difficile agire saggiamente. È più probabile che faremo quello che siamo preoccupati di fare: sbagliare. Jan Chozen Bays

L’ansia e le difese

Le difese diminuiscono l’ansia ma riducono anche la vitalità rendendo attivo l’imbuto dell’esaurimento di cui ti parlavo prima, una specie di gorgo in cui, ad un certo punto, ti trovi immerso, senza via d’uscita.. La difesa, ovviamente, non blocca tutte le iniziative di ricerca del piacere, ma ogni difesa, ponendo un limite alla vitalità è anche un piccola morte.

Dal crepacuore ci difendiamo rinunciando ad amare e dalla morte rinunciando a vivere. Alexander Lowen

Il piacere può essere definito in diversi modi: può essere piacevole un funzionamento regolare, o una variazione nella routine. Per alcune persone è piacevole il riposo, per altre l’attività: potremmo dire che il piacere nasce come senso di soddisfazione per quello che stiamo facendo ed è strettamente personale. In ogni caso si accompagna ad una sensazione fisica, radicata nel corpo, è un movimento espansivo e un flusso di sensazioni dal centro verso le estremità. Un aprirsi, entrare in contatto, protendersi. Non nel caso dell’ansia però: in quel caso l’idea del piacere si accompagna ad una proliferazione di pensiero ipotetico.

I movimenti opposti  di ritiro, chiusura e trattenimento, anche se mettono al sicuro, non vengono vissuti come piacevoli ma come una perdita emorragica di energia. È opportuno sottolineare che, molto spesso, il nostro corpo presenta una situazione mista: parti irrorate e confortevoli, alternate a zone di tensione e ritiro. Non sempre la linea di demarcazione è netta ma la differenza è percepibile a noi e visibile agli altri.

La risposta piacevole è anche una risposta calda e ricca d’amore perché il cuore è in comunicazione diretta con il mondo esterno. Alexander Lowen

L’ansia nel corpo

Così per comprendere l’ansia – e comprendere come reagiamo all’ansia – è necessario andare al di sotto delle difese per guardare fino a che punto una persona possa espandersi senza precipitare nella paura e senza perdere il contatto con la realtà.

Aumenta la tua disponibilità e la tua consapevolezza a guardare innanzitutto che cosa c’è. Virginia Satir

Per fare questo è necessario osservare le diverse modalità di contatto che abbiamo: le braccia e le mani, le gambe e i piedi, la testa e il volto e la sessualità. Queste parti ci permettono il contatto con il mondo e quindi le sensazioni di tensione legate ad ognuna di queste aree – o la loro limitazione – ci offre una prima importantissima informazione.

Ansia: che fare?

Anche se può sembrare paradossale, evitare le situazioni che scatenano l’ansia non è una buona idea. Alla fine ci porta a ridurre eccessivamente la nostra sfera vitale. Quello che è necessario è aumentare il senso di sicurezza personale e, forti di questa base, andare incontro con gradualità alla nostra ansia. Possiamo farlo incrociando due percorsi: aumentare il radicamento nella realtà attraverso il grounding e il lavoro corporeo e regolando le emozioni negative attraverso la pratica di mindfulness e self-compassion. Il protocollo MBCT e il Programma di Mindful self-compassion offrono un’ottima integrazione. Perché questa integrazione funziona?

Il respiro è l’unica funzione che è sia volontaria che involontaria ed è una attività mente – corpo. Il prestare attenzione intenzionale al respiro, inoltre, attiva il ramo parasimpatico del sistema nervoso autonomo, rallentando quel senso di urgenza e di fretta che accompagna l’ansia. L’attenzione al respiro però, nei casi di ansia, deve essere accompagnata dalla rassicurazione, dal calore del conforto perché, altrimenti non può funzionare. Inoltre per molte persone dietro all’ansia c’è una sensazione di inadeguatezza che si esprime attraverso l’autocritica. La self-compassion ci aiuta a confortare questa sensazione e a trovare modi gentili per aiutarci a superare le credenze negative su di noi

Se il respiro è molto accorciato – come accade quando soffriamo di ansia – è necessario aiutarne la libertà, andando a sciogliere le contrazioni circolari che ne limitano l’ampiezza, perché lo stesso accorciamento del respiro può indurre una sensazione di ansia. Possiamo farlo con il tocco e con dei movimenti compassionevoli

Qualche volta può andare bene anche se la sola cosa che puoi fare è respirare. Yumi Sagukawa

I farmaci per l’ansia vanno presi quando sono indispensabili. Molto spesso l’ansia viene trattata con benzodiazepine, vecchi farmaci che pososno essere sostituiti da nuove risposte farmacologiche visto che aumentano il senso di torpore, creano dipendenza e  perdita di padronanza che, peraltro, sono sintomi tipici dell’ansia e innescano così un circolo vizioso.

L’ansia e la mente

È molto frequente che l’ansia renda difficile la concentrazione. Ci fa credere che la fuga sia la migliore risposta mentre invece avremmo bisogno di fermarci. Oppure ci fa rimanere chiusi in casa mentre avremmo bisogno di uscire. Questo perché si invertono i normali flussi di apertura e chiusura. Può essere utile quindi fare pratiche brevi, come Addolcire, confortarsi, aprire oppure Lavorare con i pensieri difficili, precedute dal movimento corporeo,come la Classe del Mattino, o semplicemente, una meditazione camminata.

Al di là di tutto, quello di cui abbiamo bisogno è, progressivamente, avvicinarci proprio a quello che ci fa paura: unica strategia che davvero scioglierà la nostra ansia come neve al sole.

Last but not least

Inoltre l’ansia ha un effetto sulla creatività. A volte un effetto di diminuzione, a volte espressivo. Ci sono persone che creano come modo per calmare la loro ansia. Altre che sono ansiose rispetto alla sola idea di esprimersi creativamente. Sotto tutto questo però, ognuno di noi, ha una sorgente intatta di creatività. È la nostra mente originaria. Come siamo al di là e al di sotto delle nostre difese? Siamo piccoli e grandi artisti della vita!

© Nicoletta Cinotti 2023

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Bibliografia

N. Cinotti, Mindfulness ed emozioni

A. Lowen, Paura di vivere

J Chozen Bays, Come addomesticare un elefante selvatico

 

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La malattia del narcisismo

31/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Se qualcuno dovesse chiedermi qual è la peggiore malattia non credo che avrei dubbi. La peggiore malattia è il narcisismo.

Per tante ragioni: perchè ci rende insensibili al dolore degli altri e ci fa sentire solo il nostro. Perché ci fa essere troppo occupati con cose che non sono davvero necessarie, Ma, soprattutto, perchè ci avvolge in una dolorosa inconsapevolezza. L’inconsapevolezza che nasce dal non riuscire a vedere davvero oltre se stessi, e dal non riuscire a vedere dentro se stessi. Il vuoto interiore copre la visione

Il guaio di tutto questo è che il nostro narcisismo ci fa credere esattamente l’opposto. Ci fa credere di passare il tempo ad occuparsi degli altri, di essere tremendamente consapevoli e soprattutto di vedere molto bene dentro e fuori di noi. E nessuno può contraddirci.

Questo avviene perchè i confini del nostro io si espandono, si allargano fino ad includere le persone che fanno parte della nostra sfera intima e, qualche volta si estendono anche oltre, ad includere i nostri conoscenti e oltre ancora ad includere tutta l’umanità. E questo ci sembra espressione della nostra grande empatia. Non ci rendiamo conto che stiamo inglobando le persone nell’immagine che abbiamo di loro e che, in questo modo, non comprenderemo loro ma gli attribuiremo emozioni e intenzioni che nascono da noi.

Il narcisismo non sempre è una malattia. Attraversiamo inevitabilmente fasi di narcisismo. Diventa una malattia quando – una volta adulti – continuiamo ad attraversare la vita come se tutto ci fosse dovuto. Diventa una malattia quando siamo fuori tempo massimo e pretendiamo che non sia così. Diventa una malattia quando sbagliano solo gli altri e noi abbiamo sempre ragione.

Trattare il proprio narcisismo come una parte di sé, come un inquilino arrogante, ci permette di restituire a noi la voce dovuta, senza negare che, qualche volta, il narcisismo può oscurarci o oscurare la nostra capacità di amare.

Cosa mi fa avere fame di essere visto e cosa mi fa desiderare scomparire? Tutte domande stimolate dalla relazione nelle .quali il narcisismo svanisce per lasciare posto a chi siamo. Non il nostro ideale di noi stessi ma quello che siamo davvero.

Siamo continuamente sollecitati ad essere ciò che siamo. Henry David Thoreau

Pratica di mindfulness: La fame di essere visti, la fame di non essere visti

© Nicoletta Cinotti 2023. Reparenting ourselves. Ritiro di bioenergetica e mindfulness

 

 

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Il paradosso del non – agire

27/02/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Amo muovermi, eppure quando ho iniziato a praticare sono stata colpita da un paradosso: semplice ed essenziale. Il fatto di starmene ferma. Anzi provare a starmene ferma perché, il solo fatto di praticare, attivava irrequietezza e movimenti finora mai percepiti.

Nel tempo a questo movimento sotterraneo si aggiungevano progressive sfumature di quiete e di non – azione. La non azione che si sperimenta nella pratica è, in un certo senso, molto attiva. Si esplora quello che emerge, si inizia a capire come funzioniamo e si dedica piena attenzione alla fioritura dl momento presente. Così quella non-azione comporta, da un certo punto di vista, un sacco di lavoro. Comporta una discesa nell’intimità con sé stessi.

Perché avvenga questo movimento intimo è necessario farsi trovare dall’attenzione e non scappare sempre in qualche nuova attività. Così nel tempo ho iniziato a gustare quella non azione che mi permette di scegliere come agire, più di ogni altra cosa. Fino a questo fine settimana.

Seduta accanto al letto di una persona morente ho capito un altro aspetto della non-azione: nella nostra vita esiste l’ineluttabile e la morte è solo il più grande degli ineluttabili che incontriamo. Di fronte agli ineluttabili, lottare aumenta solo il dolore e il turbamento. E la non-azione è l’unica azione possibile.

Quando è difficile praticarla vuol dire solo che abbiamo bisogno di una riserva aggiuntiva di compassione: per noi o per gli altri.

Non agire non sottintende indolenza o passività. Al contrario. Occorre grande coraggio ed energia per coltivare il non-agire sia nello stato di quiete sia di attività. (…) Non agire significa semplicemente lasciare che le cose seguano il proprio corso e si svolgano a loro modo. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: La pratica essenziale

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: crescita e cambiamento

 

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L’appartenenza e l’esilio

24/02/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quando amiamo qualcuno profondamente ci sembra che la sua presenza sia parte della nostra vita. Così, qualche volta, potremmo pensare che amare qualcuno sia un atto di proprietà. Forse in qualche momento l’abbiamo anche detto: sei mio, sono tuo. Dentro di noi sappiamo però che non c’è alcuna possibilità di possesso nell’amore che ci lega ad un altra persona. C’è solo una possibilità di appartenenza costruita dalle migliaia di momenti condivisi

Solo quella sensazione di appartenenza ci restituisce il senso di interezza. Ci toglie dall’esilio nel quale, a volte, viviamo. Una sensazione – quella dell’esilio – che produce un dolore tanto acuto da farci ammalare. Niente più dell’esclusione può farci sembrare difficile vivere.

Perché appartenere a qualcosa e a qualcuno ci rende interi: noi non siamo isole e solo questa sensazione di appartenenza può darci la completezza alla quale aspiriamo. Una appartenenza che, come dice Kabat Zinn, può essere incontrata nel nostro condividere una comune umanità, nel nostro appartenere al momento presente, al nostro respiro. Così appartenere non significa altro che ribaltare la prospettiva dalla quale guardiamo alle cose e al mondo: non siamo noi che lo possediamo ma apparteniamo al mondo ogni momento in cui siamo interamente presenti.

Quando crediamo di essere portatori di una diversità insopprimibile, possiamo credere di non aver diritto ad appartenere. Ma nessuna condizione rompe il vincolo profondo della nostra appartenenza alla vita.

Appartieni all’umanità, appartieni alla vita, appartieni a questo momento. Appartieni a questo respiro. Jon Kabat Zinn

Pratica di Mindfulness: Le parole che guariscono

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: crescita e cambiamento

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La mente è una farfalla

02/02/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

A tutti capita di ricordare, con affetto, quando abbiamo imparato qualcosa di nuovo. L’incertezza, l’attenzione, il timore che hanno accompagnato quei primi momenti suscita, ancora adesso una tenerezza senza ragione. La tenerezza che abbiamo nei confronti di ciò che è piccolo è una forma di rispetto e amore nei confronti della vita.

Sappiamo che ciò che è nuovo, minimo, va preservato, perché è vulnerabile e perché deve crescere. Poi, una volta acquisito, succede, invece, che sorga una specie di sicurezza che può rendere la stessa esperienza meno interessante, anche se più facile.

Quella tenerezza dell’inizio è uno spiraglio della nostra mente originaria. Non è solo la mente del principiante ma è anche la qualità dell’attenzione e del rispetto verso l’esperienza che stiamo facendo, che ci permettono di comprendere come sarebbe se non considerassimo scontata la nostra vita. Come sarebbe se aprissimo la mente alla natura dell’esperienza che stiamo facendo? Potremmo scoprire che la conoscenza non è mai priva di affetto, che la scoperta non è mai priva di stupore. Che il momento presente è un tempo lento e ricchissimo.

Così, a volte, la mente è come un elefante in una cristalleria: schiaccia e piega, annulla e abbatte ma, all’origine la mente è una farfalla. Diamole la primavera.

La tenerezza ci dimostra che al mondo c’è posto per le persone fragili. Chandra Livia Candiani

Pratica del giorno: Gratitudine e accettazione

© Nicoletta Cinotti 2023 Be real not perfect: verso un’accettazione radicale

 

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