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La reazione allergica nelle emozioni

02/06/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ci sono emozioni difficili che non vorremmo provare e che possono comparire – quasi a nostro dispetto – anche se non le amiamo. Quando arrivano non sappiamo cosa farne. Non vogliamo dare loro ascolto eppure bussano forte tanto da essere difficilmente eliminabili. Allora cerchiamo forme di regolazione improprie. A volte diamo agli altri la responsabilità per il fatto di provarle, altre volte cerchiamo di reprimerle, altre ancora di negarle.

In questo modo però facciamo – a noi stessi – un doppio danno: riduciamo la nostra consapevolezza nel tentativo di scacciare qualcosa di indesiderabile e trasformiamo queste emozioni in un rumore indistinto di fondo che genera inquietudine e ansia.

Ogni emozione però ha un antidoto: un’emozione opposta che ci può aiutare a regolare l’intensità di quello che proviamo. Non dobbiamo fare molto per cercarla: è semplicemente l’altra faccia della stessa medaglia perchè le emozioni procedono in coppia. Quando amiamo l’altra faccia della medaglia è l’odio. Se amiamo diminuisce l’intensità dell’odio che possiamo provare. Se il nostro amore viene rifiutato però la medaglia può velocemente rovesciarsi e possiamo arrivare a odiare la persona che prima è stata tanto cara. L’altra faccia dell’invidia è la gratitudine. L’altra faccia della vergogna è il rispetto e l’accettazione. E così via. Non sempre queste coppie di opposti sono uguali per tutti. Dipendono dalla nostra storia e da come – queste emozioni – sono state accolte nella nostra famiglia, nella nostra educazione, nelle nostre esperienze di vita. Però ogni emozione ha il suo opposto. Il rovescio della medaglia che può aiutarci a mitigare l’intensità di quello che proviamo quando quell’emozione – spiacevole o piacevole che sia – è troppo intensa.

Il vantaggio dell’antidoto è che può essere usato sempre: anche quando meditiamo. Se sappiamo che c’è un’emozione difficile troppo presente possiamo richiamare il suo antidoto nel nostro cuore durante la pratica, per prevenire così la prossima reazione allergica: quella che si scatena quando ciò che sperimentiamo va al di là della nostra finestra di tolleranza.

La consapevolezza ha una sua logica e poesia interna e ci sono molte buone ragioni per portarla nella tua vita e coltivarla sistematicamente. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful self compassion intensivo e residenziale 44,6 crediti ecm

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Essere felici insieme

01/06/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molte volte facciamo qualcosa per rendere felici gli altri. È un modo per manifestare il nostro affetto e la nostra gratitudine. A volte è un modo per essere importanti. Altre volte diventa una specie di sacrificio. Come se la nostra felicità non avesse diritto di esistere se non dopo la felicità altrui. Come se la condizione per essere felici fosse che tutte le persone che amiamo lo siano. Ovviamente è una condizione irrealizzabile e, soprattutto, è una condizione posta dalle nostre emozioni relazionali.

Ci sono emozioni che esprimono la nostra risposta al mondo che ci circonda in senso ampio. Risposte agli eventi della vita che non nascono all’interno di una specifica relazione. Altre emozioni, invece, sono espressione delle nostre modalità relazionali. Sono emozioni che tendono ad avere una presenza costante nel tempo e caratterizzano relazioni anche molto diverse tra loro. Spesso sono le nostre emozioni relazionali quelle che fanno sì che tutte le nostre relazioni si assomiglino.

Quando ci sacrifichiamo perché gli altri siano felici spesso lo facciamo per due emozioni relazionali: il senso di colpa e, un po’ paradossalmente, l’invidia. Ci sentiamo in colpa all’idea di avere qualcosa in più di quello che ha una persona che amiamo. Così strutturiamo un circolo vizioso di infelicità e frustrazione, in cui la nostra felicità dipende dalla felicità dell’altro. Piuttosto che prendere la responsabilità della propria vita e della propria felicità preferiamo subordinare quello che facciamo alla tranquillità dell’altro. L’altra emozione in gioco è l’invidia: in questo caso la paura di essere invidiati se abbiamo qualcosa in più dell’altro. Entrambe queste emozioni sono espressione di un blocco – non solo emotivo ma anche corporeo – tra noi e gli altri. Una sottile linea di ritiro che ci fa temere il contatto e, soprattutto la condivisione e l’intimità. Esperienze in cui essere diversi non è un minus ma una declinazione di ricchezza.

La felicità non è una torta con un numero limitato di fette. È un’esperienza accessibile e condivisibile. In cui la nostra felicità non toglie spazio alla felicità dell’altro e la nostra infelicità non garantirà la felicità dell’altro. Quando sentiamo che la nostra felicità è in contraddizione con la felicità dell’altro il vero tema è la verità. E quanto possiamo condividere la nostra verità.

Assegniamo a come ci vedono gli altri più realtà del modo in cui vediamo noi stessi. Ma ciò equivale a vederci come un oggetto, perdendo il cuore del nostro vero essere. Jean Paul Sartre

Pratica di mindfulness: Respirare per me, respirare per te

© Nicoletta Cinotti 2023 Il Programma di Mindful Self-compassion intensivo e residenziale

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La malattia del narcisismo

31/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Se qualcuno dovesse chiedermi qual è la peggiore malattia non credo che avrei dubbi. La peggiore malattia è il narcisismo.

Per tante ragioni: perchè ci rende insensibili al dolore degli altri e ci fa sentire solo il nostro. Perché ci fa essere troppo occupati con cose che non sono davvero necessarie, Ma, soprattutto, perchè ci avvolge in una dolorosa inconsapevolezza. L’inconsapevolezza che nasce dal non riuscire a vedere davvero oltre se stessi, e dal non riuscire a vedere dentro se stessi. Il vuoto interiore copre la visione

Il guaio di tutto questo è che il nostro narcisismo ci fa credere esattamente l’opposto. Ci fa credere di passare il tempo ad occuparsi degli altri, di essere tremendamente consapevoli e soprattutto di vedere molto bene dentro e fuori di noi. E nessuno può contraddirci.

Questo avviene perchè i confini del nostro io si espandono, si allargano fino ad includere le persone che fanno parte della nostra sfera intima e, qualche volta si estendono anche oltre, ad includere i nostri conoscenti e oltre ancora ad includere tutta l’umanità. E questo ci sembra espressione della nostra grande empatia. Non ci rendiamo conto che stiamo inglobando le persone nell’immagine che abbiamo di loro e che, in questo modo, non comprenderemo loro ma gli attribuiremo emozioni e intenzioni che nascono da noi.

Il narcisismo non sempre è una malattia. Attraversiamo inevitabilmente fasi di narcisismo. Diventa una malattia quando – una volta adulti – continuiamo ad attraversare la vita come se tutto ci fosse dovuto. Diventa una malattia quando siamo fuori tempo massimo e pretendiamo che non sia così. Diventa una malattia quando sbagliano solo gli altri e noi abbiamo sempre ragione.

Trattare il proprio narcisismo come una parte di sé, come un inquilino arrogante, ci permette di restituire a noi la voce dovuta, senza negare che, qualche volta, il narcisismo può oscurarci o oscurare la nostra capacità di amare.

Cosa mi fa avere fame di essere visto e cosa mi fa desiderare scomparire? Tutte domande stimolate dalla relazione nelle .quali il narcisismo svanisce per lasciare posto a chi siamo. Non il nostro ideale di noi stessi ma quello che siamo davvero.

Siamo continuamente sollecitati ad essere ciò che siamo. Henry David Thoreau

Pratica di mindfulness: La fame di essere visti, la fame di non essere visti

© Nicoletta Cinotti 2023. Reparenting ourselves. Ritiro di bioenergetica e mindfulness

 

 

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Pensieri nella sala d’attesa del cuore

30/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Capita spesso di sentire, dentro di noi, un proliferare di pensieri: la mente divisa tra mille attività da programmare, le preoccupazioni per il futuro, le rimuginazioni sul passato. Attraversano la nostra mente e ci assorbono, ritirando il nostro contatto con la realtà e con il presente. Possiamo credere che siano pensieri ma in realtà sono emozioni che non riescono ad entrare nel cuore.

Bussano alla porta ma, siccome temiamo di sentirle, salgono veloci alla mente e si trasformano in pensieri. Ogni tanto provano a scendere di nuovo nel cuore ma vengono respinte dalla nostra decisione di essere razionali. Di tenere sotto controllo la vita. Poi, man mano che corrono nella nostra mente, questi pensieri, suscitano anche delle emozioni, un po’ generiche: ansia, preoccupazione, inquietudine. Ma siamo tanto presi dal correre dei pensieri che nemmeno in questo caso ci fermiamo per aprire la porta del cuore.

Avere la testa invasa dai pensieri non è pensare. È avere una emozione che non riusciamo a sentire e che dà il via alla proliferazione mentale. I pensieri senza emozioni nascoste si riconoscono subito: arrivano, sono aderenti alla situazione specifica e se ne vanno. Leggeri come nuvole bianche in un cielo d’estate. Quando le nuvole diventano pesanti, oscure, indugiano a lungo non sono pensieri: sono emozioni travestite da pensieri che aspettano nella sala d’attesa del cuore: la mente.

Allora, alla fine – come medici indaffarati – dobbiamo decidere di fermarci e farli entrare. Visitarli non è difficile. Richiedono di essere riconosciuti. Prima di riconoscere la famiglia a cui appartengono – pensieri sul passato, sul futuro, dialoghi, pensieri sul corpo o pensieri di fuga – poi di riconoscere l’emozione che contengono e li produce. Poi di fermarsi ad osservare la situazione alla quale sono collegati, rimanendo ancorati al corpo e al respiro. E infine, salutarli e ringraziarci perchè ci siamo permessi di ascoltare, con pazienza, anziché essere assorbiti. Non c’è nulla da fare con i pensieri: solo dipanarli per non farsi assorbire, con gentilezza e precisione. La precisione dell’amore.

Quando il respiro è affannoso, il pensiero è guidato dalla paura e dall’ansia. I tuoi stati mentali affondano le loro radici nel passato o nel futuro. Sei concentrato su ciò che fanno altre persone, su come puoi compiacerle o su come proteggerti dalle loro azioni. Praticamente stai innalzando una fortezza di pensieri attorno al tuo cuore. Respira profondamente e riportati nel tuo cuore. Paul Ferrini

Pratica di mindfulness: Inclinare la mente al cuore

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT

 

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Spiriti affamati e sguardi da principianti

29/05/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ci sono molte ragioni per cui possiamo avere fame: a volte è un fatto letterale. Altre volte però abbiamo tutto e continuiamo a sentirci affamati. Di una fame che il cibo non sazia. E che il successo non colma.

È la fame di contatto, di relazioni nutrienti. Di sentimenti autentici. Quella fame che, a volte, ci porta alla spasmodica ricerca di nuove relazioni. Nella speranza che accada quello che finora non è accaduto, se non per brevi momenti: saziarci.

Non ci rendiamo conto che, perché accada, il punto non è ricevere dall’altro quello di cui abbiamo bisogno. O quello che vogliamo. Non è avere un legame inossidabile. Piuttosto è necessario accogliere l’inevitabilità del cambiamento. Se ci aggrappiamo al ricordo dei momenti piacevoli che abbiamo vissuto e cerchiamo di riprodurli, rimarremo affamati. Perché il piacere è in continuo cambiamento. E, in una relazione questa mutevolezza e imprevedibilità diventano segni che interpretiamo, spesso, troppo spesso, come ferita e fallimento.

Ogni giorno può portarci piaceri nuovi. Nessun giorno può riportarci piaceri vecchi.

Se accogliamo l’inevitabilità di questo processo che ci rende vulnerabili al nuovo, accogliamo anche il potenziale di crescita delle nostre relazioni. E diamo il benvenuto alla relazione che c’è oggi. Non cerchiamo invano quella che c’era ieri, perché altrimenti rimarremo affamati, a bocca asciutta. Con la sensazione di aver perso qualcosa anche se, invece, lo abbiamo proprio di fronte a noi.

Così ogni giorno potremo ritrovare quello spirito da principiante di quando ci siamo innamorati. Quando ogni cosa era una sorpresa perché appena ci conoscevamo. Perché ogni giorno – dentro e fuori dalla relazioni – è interamente nuovo e aspetta di essere vissuto con uno sguardo da principiante.

Il nostro sforzo è quello di aggrapparci a quello che vogliamo e alla paura di perderlo. È la tensione legata a questo aggrapparsi che produce sofferenza. Gregory Kramer

Pratica di mindfulness: Pratica di accettazione

© Nicoletta Cinotti 2023 Reparenting ourselves: Diventare genitori di sé stessi. Ritiro di bioenergetica e mindfulness

 

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Sto male (o bene) e non so perché!

28/05/2023 by master Lascia un commento

Quante volte ahi avuto la sensazione di stare male o di stare bene senza sapere il motivo. Il che è molto piacevole quando si stratta di stare bene ma davvero difficile quando si tratta di stare male e non sai davvero da che parte girarti. Fino ad anni molto recenti l’attenzione prevalente è stata per i processi espliciti, mentali, di regolazione emotiva, malgrado sapessimo che la regolazione delle emozioni opera spesso più a livello implicito che esplicito.
Negli ultimi dieci anni la regolazione implicita delle emozioni ha ricevuto una attenzione prevalente.

Cos’è la regolazione implicita delle emozioni

La regolazione implicita delle emozioni può essere definita come quel processo che opera senza una consapevolezza intenzionale o esplicita e ha lo scopo di modificare la qualità, intensità e durata della risposta emotiva. Può essere esplorata anche quando le persone non realizzano che sono coinvolti in una regolazione delle emozioni o quando non hanno l’intenzione consapevole di regolarle.
Infatti, malgrado sia spesso non intenzionale, la regolazione implicita delle emozioni, è sempre attiva, con lo scopo di confortare, ammorbidire o ridurre l’impatto delle emozioni che sperimentiamo.
La non intenzionalità è spesso ciò che distingue la regolazione esplicita – che invece è intenzionale – da quella implicita.  Per fare un esempio una delle strategie implicite più utilizzata è la strategia di evitamento che mettiamo in essere in modo molto automatico.

Non ci rendiamo conto che stiamo evitando, eppure lo facciamo anche quando, invece, vorremmo essere presenti.

Perché è importante la regolazione implicita delle emozioni?

Noi siamo continuamente sottoposti a stimoli emotivamente significativi – in alcuni momenti siamo addirittura bombardati dalle emozioni – e le emozioni che proviamo entrano nel tessuto della nostra vita quotidiana facilitando o interrompendo attività e compiti a volte vitali. Questa è essenzialmente la ragione per cui abbiamo strutturato una modalità implicita di regolazione emotiva: possiamo in questo modo “abbassare” o “regolare” il volume delle nostre emozioni mentre continuiamo a fare ciò che stiamo facendo. Non solo, le emozioni che emergono, contribuiscono al processo di valutazione delle situazioni che viviamo, ci permettono “di interpretare” le cose, dal nostro punto di vista. Un compito che viene svolto lasciando le emozioni sullo sfondo.
Il deliberato tentativo di cambiare questa modalità di valutazione non è destinato ad avere molto successo: non sappiamo bene perchè ma rimaniamo fedeli alla sensazione (spesso poco percepita) e in questo modo condizioniamo anche la nostra valutazione esplicita delle cose. In senso evolutivo possiamo addirittura dire che è la regolazione implicita delle emozioni che ha strutturato la nostra personalità, orientando in un senso o nell’altro sulla base delle emozioni più frequenti nella nostra esperienza di base

Cambiare…

…qualcosa di cui non siamo chiaramente consapevoli è praticamente impossibile e quindi ci ritroviamo a ripetere le stesse risposte, magari con la convinzione che siano gli stimoli esterni ad essere sempre uguali. Il punto è che la regolazione implicita delle emozioni dipende da una efficiente interazione mente-corpo. Se la regolazione esplicita delle emozioni può essere considerata una strategia cognitiva, le forme implicite di regolazione sono esperienze corporee, embodied come dicono gli anglosassoni. Per questa ragione un cambiamento nelle strategie di regolazione implicita è facilitato da una buona qualità di interazione mente-corpo.

Confini tra implicito ed esplicito

I confini tra la regolazione esplicita ed implicita sono “porosi” e non netti, per cui una variazione nelle modalità implicite di regolazione delle emozioni può comportare un cambiamento anche in quelle esplicite e viceversa ma rimane il fatto che il miglioramento delle interazioni mente-corpo – alla base di una migliore regolazione implicita delle proprie emozioni – necessita di esperienze corporee, ossia esperienze che siano percepite:

(1), con consapevolezza

(2), capaci di modificare il passaggio dall’impulso all’azione

(3) almeno per qualche volta.

Quello che poi incide in maniera trasformativa è che queste esperienze abbiano un profilo di ripetizione e continuità di stile. Nulla quindi cambia con una sola volta! In questo senso unire il lavoro corporeo alla pratica di mindfulness e di self-compassion è lavorare pienamente sulla regolazione implicita. È un modo per essere felici senza sapere bene perché.

Se poi saltiamo direttamente ad uno stato mentale positivo, senza preoccuparci di sapere prima perchè eravamo infelici, abbiamo fatto davvero una rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, silenziosa, gentile. Abbiamo disarmato gli ostacoli difensivi che ci impediscono di essere felici senza passare dalla strada del trauma. ti sembra poco? A me sembra la vera rivoluzione!

© Nicoletta Cinotti 2023

Mindful Self-Compassion: intensivo residenziale

 

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