Mi piace la frutta acerba, quella che stringe i denti. Quand’ero piccola avevo la fortuna di avere alberi da frutta che nutrivano il mio amore per la frutta acerba. Pescavo direttamente dall’albero. Adesso cerco e trovo frutta acerba con difficoltà ma una cosa l’ho capita: mi sono resa conto che spesso chiedo a me stessa di fare cose più grandi di me. Mi metto nella condizione di essere la frutta acerba che rincorre il sole per maturare. Il compito davanti al quale mi pongo è grande. Non provo empatia per la difficoltà ma fiducia nelle capacità. In effetti funziona o almeno, funzionava. Perché improvvisamente mi sono accorta che sfidandomi a fare cose più grandi di me alla fine, anche se riesco a farle, è stato uno sforzo egoico che alimenta il mio egocentrismo. Non solo, ripeto la stessa cosa che mi hanno sempre chiesto i miei genitori: di mettermi di fronte ad un ostacolo grande e di superarlo. Senza empatia per la difficoltà, con molta fiducia nelle possibilità.
Credo che, tutte le volte in cui – per amore o fiducia – mettiamo gli altri in questa situazione lo facciamo per una negazione. Neghiamo fatica e disorientamento convinti che, nel bisogno, poi le cose si impareranno. E vero, nel bisogno le cose si imparano. Ma rimane – nel fondo – una profonda insicurezza sulla reale bontà dei propri mezzi. Anticipare non fa rima con amare. Anticipare fa rima con osare. Anticipare fa rima con la frutta acerba.
Vi sono montagne esterne e montagne interiori e la loro stessa presenza ci attira, ci sfida a scalarle. Forse l’autentico insegnamento di una montagna è che la si porta tutta dentro di sé, sia quella esterna sia quella interiore. A volte la si cerca ripetutamente senza trovarla, finché arriva il momento in cui si è sufficientemente motivati e preparati a trovare la via che dalla base porta alla cima. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2023