Ci sono delle giornate in cui è come se fossimo immersi in un’acqua torbida. Sentiamo le spinte in tante direzioni, proprio come se fossimo nell’acqua, ma non abbiamo chiaro né dove siamo né dove stiamo andando.
È una specie di cecità che ci mette in difficoltà e ci lascia disorientati. Quell’acqua torbida a volte è prodotta dalle nostre emozioni: tanto intense che rendono tutto un po’ offuscato. A volte è prodotta dalla situazione esterna. La tentazione sarebbe quella di rendere l’acqua più chiara togliendo ciò che ci offusca. Ma, proprio come se fossimo nell’acqua, questo produce solo più movimento nel fango che galleggia e ci lascia ancora più immersi nella confusione.
La tentazione di risolvere le difficoltà con una soluzione immediata è tanto forte quanto improduttiva: come possiamo trovare una soluzione se tutto è così torbido? Non possiamo che aspettare e lasciare che il fango si depositi sul fondo.
Quando il fango che galleggia sarà depositato sul fondo, potremo vedere qual è la giusta azione da compiere: quella che nasce dalla quiete e non dalla reattività. Ricordarci che i fiori di loto galleggiano sopra le acque torbide ci permetterà di avere fiducia in questo processo di attesa che le cose si chiariscano.
Quando ci troviamo nelle acque torbide della vita quotidiana, spesso la pratica non è né semplice né chiara. Tuttavia, parte della sfida, consiste nel portare una certa precisione e impeccabilità nei nostri sforzi. Ecco perché è importante tornare in continuazione ai due aspetti basilari della pratica: primo comprendere a fondo il processo mentale con tutto il suo rumore; secondo entrare nel silenzio non concettuale della realtà così com’è. Ezra Bayda
Pratica di mindfulness: La pazienza
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