Se viviamo dei momenti in cui proviamo vergogna è possibile che non si manifesti con il rossore adolescenziale ma con una sensazione più sfumata e sottile: diventa il desiderio di non essere visti.
Un desiderio così intenso e così segreto che a volte noi stessi facciamo fatica a riconoscerlo: diventa la fatica a rispondere al telefono, la fatica ad accettare gli inviti. La fatica ad uscire di casa. E la stanchezza è una scusa sempre pronta, buona per ogni occasione. Una scusa dietro alla quale ci nascondiamo perché, in fondo il desiderio di non essere visti è proprio questo: è il desiderio di nascondersi al contatto con gli altri.
È un desiderio primitivo che sta dietro a tanti giochi da bambini: il cucù settete come il nascondino. Sta dentro tante avventure in cui il protagonista perde la strada di casa. Non è nutrito solo da un senso di vergogna. A volte è alimentato dalla sensazione di non essere adeguati, non essere capaci, non essere all’altezza della situazione. Eppure, anche nelle sue forme più dolorose, il desiderio di non essere visti esprime qualcosa della nostra saggezza e può diventare il desiderio di essere parte di qualcosa di più grande, senza dover per forza diventare protagonisti. È l’amore della foglia per l’albero. Della goccia d’acqua per il mare. Della cellula per il corpo. È l’amore di essere senza l’ansia di diventare.
La mancanza di auto-accettazione che proiettiamo all’esterno in forma di paura di essere rifiutati ci porta a ritirarci dal contatto con gli altri. Sebbene anche la brama di essere visti si basi su un sentimento di mancanza, il sentirsi inadeguati è la manifestazione più diretta di quella che Tara Brach chiama la trance dell’inadeguatezza. Gregory Kramer
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2023 Reparenting ourselves. Diventare genitori di sé stessi