Qualche giorno fa un amico dentista mi spiegava che ci sono due diversi tipi di guarigione: quella dell’epitelio, della pelle – che è rapida e leggera – e quella dell’osso che, invece, è un pachiderma. Ci mette mesi a fare lo stesso percorso che l’epitelio fa in pochi giorni.
Mi è sembrato che questo fosse vero anche per la psiche. Superficialmente le nostre ferite guariscono spesso molto velocemente. Dentro però rimangono tracce più nascoste e profonde che riaffiorano come risentimento, rancore, rimorso. Perché ciò che tocca la struttura coinvolge una ridefinizione dell’insieme. Quello che ferisce la superficie invece può ricostruirsi più semplicemente.
Così, quando ci rimproveriamo perché non riusciamo a reagire potremmo domandarci: è una ferita che ha toccato la struttura oppure è un graffio superficiale? Ci costringe a rivedere il nostro modo di stare nel mondo o, come un acquazzone che ha bagnato i vestiti, ci lascia solo inzuppati per un po’?
Perché ciò che è più basso e profondo, richiede più tempo. O, forse, come dice Rovelli nel suo bellissimo libro, il tempo in alto scorre più veloce che in pianura.
Inizio da un fatto semplice: il tempo scorre più veloce in montagna che in pianura. La differenza è piccola ma si può controllare con orologi che si acquistano su internet per un migliaio di euro. Con gli orologi di laboratori specializzati si osserva il rallentamento del tempo anche tra pochi centimetri di dislivello: l’orologio per terra va un pelino più lento dell’orologio sul tavolo. Non sono solo gli orologi a rallentare: in basso tutti i processi sono più lenti. Carlo Rovelli
Pratica di mindfulness: La meditazione del fiume
© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione