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meditazione di consapevolezza

Lo slow art day

15/04/2023 by nicoletta cinotti

Oggi è sabato: la giornata ideale per rallentare. Ideale anche perché proprio oggi viene celebrato lo Slow art day, un evento internazionale dedicato a guardare lentamente per poter, finalmente vedere.

Rallentare non aiuta solo a vedere di più ma fa rinascere la nostra curiosità naturale e la nostra creatività. Guardare un’opera d’arte per 17 secondi – il tempo medio di osservazione di un’opera museale – non permette nessuna scoperta. Forse è per questo che abbiamo bisogno di rivolgerci a delle guide esperte che accompagnino il percorso di una mostra. Ma se rinunciassimo per un giorno alla velocità e iniziassimo a guardare ogni cosa come se fosse un’opera d’arte o ci soffermassimo su un’opera d’arte anziché per pochi secondi per molto tempo cosa potrebbe succedere?
Cosa accadrebbe se lasciassimo che le immagini diventino sensazioni e le sensazioni emozioni e se guardassimo fino a saper riconoscere i dettagli della luce? Di solito vediamo solo una piccola frazione di quello che ci circonda, per allargare la visuale abbiamo bisogno di guardare lentamente per scoprire così che il nostro sguardo sa essere inclusivo solo quando ha tempo.

[box] Un esercizio per guardare lentamente

Scegli una fotografia di un fotografo che ti piace e guardala nel dettaglio per 10 minuti. Poi prova a farti le seguenti domande: Cosa sta succedendo in questa foto? Che cosa mi permette di fare queste affermazioni? Cos’altro vedi? Che cosa ti permette di affermare il significato di quello che vedi? Ripetilo più volte fino a che potrai vedere nitidamente la fotografia, anche senza guardarla Liberamente tratto da © Creative acts for curious people Sarah Stein Greenberg[/box]

Rendi questa giornata il tuo slow art day, perché la nostra vita è un’opera d’arte che si compie momento per momento

© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici

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Modalità dell’essere o modalità del fare?

14/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Tutti noi funzioniamo su due registri: uno è quello che ci spinge ad essere attivi, a produrre piccoli o grandi risultati, a fare programmi e strategie per realizzarli. Quando siamo impegnati a fare restringiamo la nostra consapevolezza, all’obiettivo che ci siamo dati e ai passi necessari per conseguirlo.

L’altro registro è la modalità dell’essere, il piacere e il senso della nostra presenza nel mondo, che viene alimentato dagli aspetti contemplativi e creativi della nostra personalità.

Se non abbiamo un equilibrio tra questi due registri, diventiamo schiavi dei nostri pensieri e schiavi del nostro attivismo. E, a lungo andare, padroni impotenti di un servo improduttivo e riottoso: la nostra mente e la nostra stessa vita.

E’ per questo che la consapevolezza del respiro, con la sua assoluta semplicità, è così importante: ci permette di ri-sintonizzarci con la nostra modalità dell’essere ed è così breve – 15 minuti – che non ci sono ragioni reali per non farla.

Ci insegna a stare con noi nudi e crudi, così come siamo. E questa è la base per le altre, bellissime, meditazioni. Se evitiamo questa base, evitiamo di incontrarci davvero. E stiamo in un fare che sembra un essere.

L’eccessivo aumento delle prestazioni porta all’infarto dell’anima. Byung-Chul Han, La società della stanchezza

Pratica del giorno: La consapevolezza del respiro (Vuoi praticare con i miei file audio senza pubblicità? Scarica https://brave.com/it/ e non ci sarà più pubblicità!)

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

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Amare a sufficienza

13/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

“Qualunque cosa finisce per svelare il suo segreto se la si ama a sufficienza” Questa frase, di Washington Carver, è perfetta per spiegare cosa significa consapevolezza del corpo. Noi abbiamo un corpo, lo usiamo come uno strumento, a volte lo abbelliamo come un oggetto o lo adoriamo come Narciso.

Ma amare a sufficienza è un’altra cosa.

Significa essere interessati e curiosi verso i suoi segnali – piacevoli, spiacevoli o neutri – significa accogliere ogni aspetto con attenzione e rispetto, senza fretta o svalutazione. Significa rispettare il suo silenzio e non confonderlo con un benessere. Quando il corpo è muto, spesso è perché l’abbiamo, in qualche modo, offeso. Oggi proviamo ad ascoltarlo.

Con la consapevolezza si dispiega spontaneamente la comprensione. J. Kornfield

Pratica del giorno: La meditazione del lago (Vuoi praticare con i miei file audio senza pubblicità? Scarica https://brave.com/it/ e non ci sarà più pubblicità!)

© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBSR online

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Non abbiamo bisogno di tempo ma di presenza

06/04/2023 by nicoletta cinotti

“Non abbiamo bisogno di Tempo, ma di Presenza!”

Spesso, si pensa alla meditazione con pregiudizio.

Come se quel “chiudere gli occhi” fosse sinonimo di astrarsi dal mondo, andando in un tempo altro.

In realtà si tratta di una pratica per essere più presenti nel presente della propria vita.

D’altronde, il mondo e la società ci hanno insegnato ad andare sempre di corsa per stare dentro “al tempo”.

Come se il tempo fosse gestito da qualcun altro, come se fosse il tempo a decidere delle nostre vite.
Così tutto è urgente e prioritario. Tutto va portato a termine con fretta e rapidità.

Eppure questo eccesso di movimento, ha abituato la nostra mente ad essere divisa tra quello che stiamo facendo, quello che abbiamo fatto prima e quello che faremo dopo.

E questo porta inevitabilmente ad una dispersione di energie, concentrazione, risorse.

Ma soprattutto ad una Perdita di Presenza.

Quali le implicazioni in Azienda e nella propria vita?

Come la Mindfulness può essere la valida Alleata per allargare le Consapevolezze e tornare ad Assaporare il momento presente?

Oggi ne parlo con @Francesca Cingi – Marketing & Communication Specialist di Ekis Corporate.

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Un pellegrinaggio dentro di sé

27/03/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Molto spesso non abbiamo altra soluzione che chiudere “per sempre” una relazione. Oppure non abbiamo atra strada che incontrare un dolore. Possiamo protestare e dire a noi stessi e agli altri quanto tutto questo sia ingiusto. Ancora più ingiusto se ci sembra che tutti siano più felici di noi. Quell’interruzione ha lo scopo di proteggerci dal ripetersi del dolore e ci permette di andare avanti con maggiore serenità. Ci sono rotture che non possono avere riparazione, per le quali dobbiamo fare un lutto creativo, che ci permetta di crescere.

Se quel dolore però aveva dentro di noi un aggancio, un aspetto che lo alimentava, chiudere la relazione non porterà una soluzione ma una ripetizione.

Cercheremo di chiudere la gestalt con la relazione successiva per trovarci poi di fronte a problemi simili peggiorati dalla ripetizione. Gli aspetti disfunzionali della relazione hanno una radice che è interiore, la cui responsabilità è personale.

Trovare quella radice e curarla ci può dare davvero serenità e può permetterci di chiudere una gestalt relazionale che spesso nasce nell’infanzia e cerca di curare la realtà con l’illusione. L’illusione che se troveremo la persona giusta, magicamente guariremo da tutti i mali, nasce dalla memoria corporea del conforto. E la strada del conforto è un pellegrinaggio dentro di sé, che possiamo percorrere ogni giorno.

Troppo spesso la storia della nostra vita, non compresa e illusoria, diventa una profezia auto-realizzante. Possiamo, sempre, mettere in campo ogni tipo di prova a dimostrazione del nostro punto di vista e poi crederci, anche se non corrisponde affatto alla realtà. Jon Kabat Zinn

Pratica del giorno: Self compassion breathing

© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful Self-compassion intensivo

 

 

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Mindfulness e psicoterapia: il ruolo dell’accettazione

26/03/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

C’è una famosa leggenda Cherokee che ben si presta a descrivere l’approccio mindfulness alla psicodinamica tra stati mentali salutari e stati mentali non salutari

Leggenda Cherokee dei due lupi

Un anziano Cherokee stava raccontanto al nipote la propria vita.“C’è una guerra dentro di me:” E’ una lotta molto dura tra due lupi. Uno e cattivo… è invidioso, ingordo, ha molte colpe , prova risentimento verso il prossimo, è indulgente con se stesso, bugiardo e con un orgoglio finto. L’altro invece è buono.. è la gioia, la compassione, l’umiltà, la benevolenza e la verità…La stessa lotta che c’è dentro di me adesso c’è anche dentro di te, e c’è dentro a ogni persona….”Il nipote guarda in su verso il nonno e con gli occhi pieni di paura gli chiede:” Dimmi nonno, quale di questi due vince?” E il nonno in risposta “Quello che nutri…..”

Questa leggenda descrive bene l’esperienza che ognuno di noi può avere su di sé: spesso siamo attraversati dall’invidia di cui ci ha parlato riccamente Melanie Klein, oppure dai profondi conflitti interni che costituiscono la topica psicoanalitica o siamo pieni di risentimento rispetto alla nostra esperienza passata. Questa realtà non viene negata. Ma si sceglie di nutrire gli aspetti positivi della propria personalità: quelle emozioni di compassione, saggezza, umiltà e benevolenza che appartengono alle emozioni sociali positive e che sottolineano gli aspetti di interconnessione anziché gli aspetti personalistici.

L’accettazione

La storia permette subito, fin dall’incipit, di svelare la chiave di questo processo: è la consapevolezza non giudicante, della presenza di entrambi, la verità della loro coesistenza e una accettazione onnicomprensiva che permette di aprire la porta all’emergere dei sentimenti positivi, senza negare la presenza gli elementi negativi.

Si rinuncia quindi all’analisi degli aspetti conflittuali per indagarli, con interesse e curiosità, senza evitare di riconoscere la loro presenza e la loro natura che comprende eventuali associazioni con la nostra storia passata. Questo materiale entra nel campo della consapevolezza per essere trattato con accettazione, senza intraprendere azioni dirette volte al cambiamento e viene trattato come una contrazione della mente, un corrispettivo alle contrazioni muscolari che possiamo sperimentare nel corpo.

La storia afferma anche la presenza dei “se multipli”(Bromberg 1993) dove la coscienza ha la funzione di una coalizione di diversi stati del sé. Ciò che conscio è quindi ciò a cui prestiamo attenzione, più che una biforcazione del sistema psichico tra conscio e inconscio. L’attenzione ai diversi stati del Sé, in momenti differenti, è una funzione determinata da diversi stimoli, sia interni che esterni.

Considerarle come sub-identità offre parecchi vantaggi: patologizza meno i sintomi considerandoli aspetti parziali e non identitari; rende possibile conoscere e nominare parti di noi e consente di rispondere in maniera differenziata a bisogni che possono sembrare contraddittori; lascia sempre attiva una parte sana, capace di curarci. Genitori di sé stessi . Enrico Damiani Editore. 

Alcuni aspetti del Sé vengono tenuti fuori dalla coscienza, attraverso aspetti dissociativi. Non esiste un Io che reprime gli impulsi inaccettabili ma piuttosto una direzione sistemica dell’attenzione che distoglie da quegli aspetti dell’esperienza del Sé che riteniamo inaccettabili. Questi aspetti dissociati sono generalmente quelli connessi ad esperienze traumatiche.

La terapia consiste nell’integrare differenti parti del Sé e nel portarle ad un dialogo reciproco attraverso la consapevolezza.

 

La psicologia buddista

Nella psicologia buddista, a cui la tradizione mindfulness fa riferimento, l’esperienza di un Sé unitario e statico è considerata una illusione. In questa prospettiva il cambiamento avviene abbandonando la necessità difensiva di vedere se stessi come un insieme immutabile e statico. E la salute psicologica coincide con la capacità di abbandonarsi e di essere semplicemente vivi.

Questa visione granulare della nostra identità non è nuova, fa parte della psicologia buddista ma è, nello stesso tempo,all’avanguardia perché viene teorizzata nella psicologia contemporanea. Ne parla Richard Schwartz5 nella sua teoria IFS (Internal Family System), ne parla Daniel Siegel in Mindsight. Genitori di sé stessi . Enrico Damiani Editore. 

Accettazione e consapevolezza

La ragione dell’importanza particolare attribuita ai processi di accettazione è strettamente collegata al ruolo centrale della consapevolezza. Ogni processo di rifiuto, critica o giudizio, infatti, finisce per provocare una restrizione del campo di consapevolezza. Non riusciamo a rimanere a lungo consapevoli dei nostri aspetti negativi se non attraverso il filtro dell’accettazione incondizionata, del perdono e della compassione verso di sé. Il tema dell’accettazione è, quindi, inevitabilmente e strettamente connesso al sostegno agli aspetti positivi di compassione, benevolenza e perdono nei confronti di sé stessi e degli altri. Aspetti che sappiamo essere connessi con la pratica della meditazione. Questo comporta la rinuncia a qualsiasi elemento direttamente trasformativo degli aspetti negativi. Una rinuncia che comporta una piccola rivoluzione terapeutica: non è la manipolazione e l’attacco diretto al sintomo quello che guida il processo di cambiamento. E’ piuttosto il riconoscere l’esistenza di un tratto che necessita di quell’amoreprofondo che gli è stato originariamente negato e che ha prodotto una sorta di scissione interna alla nostra personalità.

Il paradosso centrale del processo di cambiamento è propri qui: abbandonando il desiderio di essere qualcosa di diverso da ciò che siamo, sperimentiamo il cambiamento. Un compito importante della terapia mindfulness based consiste nell’aiutare i pazienti ad abbandonare i loro tentativi di manipolazione di sé per muoversi verso l’accettazione.

 

Il ruolo della resistenza

Questo nuovo approccio alle difese ha origini lontane nella storia della clinica. Già nel 1941 Fenichel affermava.<<L’analisi deve sempre procedere secondo il livello che in quel momento è accessibile all’io. Quando una interpretazione non ha efficacia ci si chiede spesso:”Come avrei potuto dare un’interpretazione più profonda?” Spesso però il problema andrebbe posto in maniera più corretta:”Come avrei potuto interpretare in maniera più superficiale?”>>(Fenichel, 1941,41). Prima ancora Reich (1934), attraverso l’analisi del carattere, aveva avanzato l’ipotesi che le resistenze costituissero una protezione contro il pericolo psichico, fornendo al terapeuta informazioni essenziali rispetto al modo di funzionare nella realtà del paziente. Questo significa che la resistenza è una parte del Sé con la quale è essenziale imparare a collaborare e ad allearsi.

In questo senso il paziente va aiutato ad assumersi non la responsabilità del cambiamento ma la responsabilità delle proprie azioni, ossia sperimentare le azioni consuete come qualcosa di scelto e voluto. Perché questo sia possibile è necessario che il paziente possa essere in grado di accettarsi nel momento e nel contesto della relazione con il terapeuta. Una accettazione che deve essere bipersonale.

La contrazione del corpo e della mente:mindfulness e bioenergetica

Sotteso al tema dell’accettazione è quindi il ruolo chiave delle resistenze che costruiscono il nostro modo di funzionare nella realtà. In questo alveo si comprende l’attenzione centrale ai processi corporei che ci permettono di riconoscere le nostre contrazioni fisiche, che sono sia modi di ridurre la consapevolezza, che aspetti corrispondenti a contrazioni mentali da esplorare. In questo senso mindfulness e bioenergetica declinano insieme l’attenzione alla consapevolezza corporea e alla padronanza ma anche il senso del principio di identità funzionale mente-corpo. Questo principio, di origine reichiana, afferma che ad ogni stato corporeo corrisponde uno stato mentale e quindi ad una contrazione cronica nel corpo, corrisponde una contrazione cronica nella mente, uno schema maladattativo di risposta.

Il lavoro sull’accettazione quindi non può prescindere da un lavoro corporeo perché, altrimenti, il rischio è che l’accettazione sia una scelta “pensata” ma non “sentita”.

© Nicoletta Cinotti 2023

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