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gratitudine

La gratitudine e la resilienza

24/09/2023 by nicoletta cinotti

Il 21 settembre era la giornata mondiale della gratitudine, un’emozione positiva che, come altre emozioni positive, sta avendo sempre maggior attenzione per i suoi benefici effetti. A cosa si deve tanta rinnovata attenzione a quella che può sembrare solo un’emozione da persone ben educate?

Tre fattori cruciali

Sappiamo tutti che nella vita incontreremo delle difficoltà ma l’esito di queste difficoltà dipende da tre fattori cruciali:

  • come gestiamo le sfide,
  • come proteggiamo la nostra vulnerabilità
  • come potenziamo le nostre risorse.

Sono tutti fattori importanti e l’ultimo, che riguarda il potenziamento delle risorse, ha un impatto centrale perché rafforza il nostro sistema corpo-mente senza attivare il sistema difensivo che è un sistema ad alto costo energetico.

Forse ti domanderai di quali risorse stiamo parlando; capacità come la determinazione, la resilienza, la capacità di provare soddisfazione, sono le caratteristiche principali di un sistema che si autoalimenta. Interiorizzando le esperienze di appagamento, potenziamo le nostre risorse e aumentiamo la nostra resilienza. Potremmo addirittura affermare che appagamento e resilienza sono due aspetti che si alimentano reciprocamente e che possono cambiare la mente grazie ad una neuroplasticità positiva.

Mente e cervello

Il nostro cervello si struttura sulla base delle nostre esperienze, attraverso la ripetizione. Ogni volta che ripetiamo un’esperienza rafforziamo una risposta, proprio come ogni volta che muoviamo un muscolo rafforziamo il suo tono.

Le risorse mentali si sviluppano in due fasi: la prima fase è sperimentare quello che vogliamo coltivare, per esempio la gratitudine, oppure la sensazione di essere amati o la sicurezza di sé. Il secondo passo è fondamentale: convertire quel cambiamento transitorio, legato all’esperienza, in qualcosa di definitivo affinché possa esserci crescita e trasformazione. Questo lo possiamo fare attraverso piccoli sforzi ripetuti nel tempo. Non basta provare gratitudine una volta: bisogna imparare a provare gratitudine in molti momenti della giornata perchè questo diventi un assetto stabile e capace di modificare lo sguardo che abbiamo sulla nostra vita.

Gratificazione

Ogni persona ha dei bisogni fondamentali che riguardano la socialità, la sicurezza e la gratificazione. La gratitudine aumenta le risorse del nostro sistema di gratificazione, sostiene la nostra motivazione e le nostre aspirazioni migliori. Per coltivarla abbiamo bisogno del sostegno della consapevolezza perchè è una sensazione delicata che può svanire facilmente, coperta dalla voce, più forte e urgente, delle necessità di sicurezza e protezione.

Quando siamo grati significa che il nostro appagamento ci offre un senso di sicurezza e soddisfazione, proprio l’opposto di quell’inquietudine che proviamo quando siamo o diventiamo reattivi.

Nella reattività si attivano le difese e tutto il corpo entra in allarme. Possiamo provare rabbia, frustrazione o paura e questo potrebbe condizionare anche aree della nostra vita che non sono in allarme. Se abbiamo avuto una giornata difficile sul lavoro potremmo essere nervosi a casa anche se nessuno si merita il nostro nervosismo. Se abbiamo coltivato l’accesso alle nostre risorse abbiamo la possibilità di non entrare automaticamente in reazione o di entrarci meno frequentemente . Ecco perché la gratitudine e la riconoscenza aiutano: offrono un’alternativa e migliorano la resilienza allo stress, aspetto inevitabile della vita quotidiana .

La gratitudine

Passiamo la vita in attesa di una felicità futura: la gratitudine porta la felicità nel presente, senza dover aspettare niente di speciale. Se torniamo all’ultima esperienza di gratitudine che abbiamo vissuto possiamo facilmente ricordare il senso di serenità, appagamento  e soddisfazione  che l’accompagna.

I benefici della gratitudine sono molteplici, come dimostrano le ricerche di Robert Emmons:

  • più ottimismo e felicità
  • più compassione e generosità
  • miglioramento del sonno
  • maggiore resilienza

Ma come possiamo svilupparla?

Modi per sviluppare la gratitudine

Se siete felici, diceva Vonnegut, fateci caso. L’attenzione ai piccoli momenti di soddisfazione può immediatamente ampliare il nostro senso di gratitudine e riconoscenza verso i doni che possiamo ricevere. Scrivere ogni giorno tre cose per le quali vogliamo dire grazie può aiutarci a rompere la nostra atavica distrazione sulla felicità. Prendere l’abitudine di dire grazie più spesso, anche per attenzioni che riteniamo scontate, può aiutare. Esercitarci in uno degli esercizi di gratitudine proposti: può fare la differenza.

Esercizio di gratitudine

La prossima settimana, ogni sera, prima di andare a letto, o quando sei sotto le coperte, metti a fuoco tre punti:

  • cosa ho ricevuto oggi dagli altri?
  • cosa ho offerto oggi agli altri?
  • quali problemi o difficoltà ho causato?

Nel farlo non tralasciare le piccole cose, anzi, se possibile parti proprio dalle cose più piccole quelle che possono sembrare insignificanti e alla fine della settimana manda un messaggio di ringraziamento alla persona che ha fatto qualcosa per te. Esercizio tratto da  Gregg Kreck, Naikan, Mimesis

Guardare all’agenda con gratitudine.

Come ci sentiremmo se guardassimo alla nostra agenda non dal punto di vista del carico ma della gratitudine? Se prima di incon-fare qualcuno ci sintonizzassimo sull’opportunità di quell’incon-tro, sulla fortuna di poterlo fare, di poterci essere. Sulla fortuna di avere un corpo che ci porterà li e che ci accompagna da quando siamo nati? Non è un invito a essere educati ma a coltivare – attraverso l’attenzione – i sentimenti delicati, quelli che non urlano ma che hanno lo stesso dimora nel corpo. Quelli che nutrono l’appagamento, la soddisfazione, la consapevolezza di ciò che è stato fatto invece che del tanto che ancora dobbiamo fare. Come sarebbe se i nostri movimenti fisici ed emotivi partissero da questo luogo, il luogo della gratitudine, che non dà mai per scontato che tutto rimarrà come prima? Esercizio tratto da Nicoletta Cinotti “Mindfulness ed emozioni”, Gribaudo editore

Gratitudine in pratica

Metti in pratica la gratitudine scegliendo tra questi suggerimenti.
•Ogni settimana scegli un’azione che sostenga l’ambiente, la bellezza del mondo che ci è dato, un’azione che migliori la sostenibilità ecologica.
•Pratica la pazienza. L’impazienza è un segnale di rifiuto o di allontanamento. Quando emerge questo impulso aspetta e pratica la fiducia. Una risposta prematura può ferire o ferirci, osserva cosa fa nascere la pazienza e cosa produce l’impazienza.
•Passa un’ora all’aperto ogni giorno per aumentare il benessere e la salute. Più tempo passiamo nella natura e più ci è facile entrare in contatto con la nostra natura interiore.
•Offri gratitudine per quello che la natura ti ha insegnato in questo mese o per aver coltivato le tue qualità naturali. Esercizio tratto da Nicoletta Cinotti “Mindfulness ed emozioni”, Gribaudo editore

Quali problemi o difficoltà ho causato?

Forse la terza domanda del primo esercizio potrebbe lasciarti un po’ in dubbio, essendo in sé foriera di un sentimento scomodo come il senso di colpa. In realtà lo scopo di questa domanda è quello di aiutarci a passare da un’attenzione ego-riferita ad un’attenzione disinteressata. Qualche esempio di attenzione disinteressata o ego-riferita?

Per esempio un’attenzione ego-riferita può essere stare attenti alla mancanza di disponibilità nei nostri confronti delle altre persone. Un’attenzione disinteressata può essere diventare più sensibili rispetto a come possiamo essere più disponibili verso gli altri. Oppure anziché vedere cosa non otteniamo da qualcuno vedere cosa riceviamo da quella persona; anziché dare le cose per scontate imparare a ringraziare perchè non consideriamo nulla di ciò che abbiamo o ci viene dato scontato.

Gli ostacoli alla gratitudine

Basta davvero poco perché, quando lavoriamo sulla gratitudine, emergano i principali ostacoli a questa emozione. Eccone un elenco che forse ti permetterà di riconoscere qualcuna delle tue obiezioni:

  • un’attenzione mal riposta, troppo ego-riferita e poco disinteressata
  • un’assenza di riflessione
  • la convinzione che gli altri siano a conoscenza dei nostri bisogni
  • la procrastinazione, il rimandare un ringraziamento
  • dimenticarsi di ringraziare, presi da troppi impegni e scadenze
  • pigrizia fisica o mentale
  • ritenere che quello che abbiamo ricevuto sia un nostro diritto, una mancanza di gratitudine che è tipica delle relazioni intime
  • considerare che quello che ci viene dato sia un dovere, una mancanza di gratitudine per i camerieri, i taxisti, i commercianti che, siccome sono retribuiti non hanno diritto a ricevere gratitudine per il loro lavoro
  • minimizzazione dell’impegno che quello che abbiamo ricevuto ha comportato per l’altra persona

PACE

C’è un acronimo che può aiutarci nel percorso verso la gratitudine. La parola è PACE

Positività: quando accade un evento positivo soffermarsi nella percezione della sua risonanza

Arricchimento, mettere a fuoco come quello che è accaduto ci arricchisce

Comprensione degli aspetti e effetti positivi di quello che è accaduto

Equanimità che permette di riconoscere che esperienze positive e negative sono entrambe presenti e che possiamo trovare il positivo nel negativo e viceversa.

Così concludo augurandoti la pace che viene dal riconoscere la fortuna che abbiamo e come dice Mariangela Gualtieri

…ringraziare desidero
per il mare che è il più vicino e il più dolce tra tutti gli Dei
ringraziare desidero
perché son tornate le lucciole
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri per quando siamo allegri e grati…da Le giovani Parole

© Nicoletta Cinotti 2023

Archiviato in:approfondimenti, esplora, mindfulness Contrassegnato con: affetti positivi, risorse, gratitudine, gratitudine e scrittura

Uscire dall’imbuto

27/08/2023 by nicoletta cinotti

La nostra mente di povertà funziona come un imbuto. Ci fa andare avanti in una direzione via via sempre più stretta. Siamo convinti che la direzione, la via d’uscita, sia davanti a noi. Man mano che procediamo tutto diventa più oppressivo ma noi andiamo avanti fino alla fine. A quel punto rimaniamo incastrati perché l’uscita è troppo piccola. Questa descrizione ti ricorda qualcosa? A me sì, ricorda la sensazione di oppressione che a volte provo nell’andare avanti a testa bassa. Allora qual è la via d’uscita? Finire tutto il lavoro che ho in programma di fare? Vedere il risultato di qualche nuovo progetto? No, in realtà questo non fa che aggiungere stress allo stress. La via d’uscita è girarsi indietro, fare retromarcia, uscire dalla mente di povertà per entrare, finalmente, nella mente di abbondanza.

La mente di povertà e la mente di abbondanza

La nostra mente di povertà ha tre braccia: la wanting mind, la wandering mind e la comparing mind che hanno un unico grande effetto: ci sintonizzazno su quello che manca e sul desiderio di ottenerlo ma funzionano come la carota messa davanti all’asino per farlo camminare. La carota penzola di fronte a lui ma è legata ad un bastone e, per quanto cammini, rimane sempre alla stessa distanza. E così funziona la nostra mente di povertà. Ci fa credere che se andiamo avanti a testa bassa – e soprattutto con determinazione – raggiungeremo quello che ci manca. Ma non arriviamo mai e rimaniamo incastrati in questo disegno ostile che ci fa vedere solo la mancanza.

Se ci giriamo indietro possiamo iniziare a fare esattamente l’opposto: possiamo incominciare a mettere a fuoco tutto quello che abbiamo. È come se volessiomo cucinare un piatto con gli ingredienti che non abbiamo comprato, avendo la dispensa piena di ingredienti che già abbiamo. È un cambiamento di prospettiva piccolo ma significativo: incominciare a ragionare in base alle risorse che possidiamo, come recita la poesia di oggi, la famosa, Poesia dei doni di Jorge Luis Borges.

Non dare nulla per scontato

La nostra mente di povertà dà per scontato tutto quello che abbiamo che acquista valore solo quando abbiamo paura di perderlo. Ci rendiamo conto di quanto amiamo qualcuno quando temiamo che la relazione finisca. Oppure ci accorgiamo di quanto è preziosa la salute ogni volta che ci ammaliamo. Questo succede perché perdita e mancanza non sono la stessa cosa. La mancanza la avvertiamo sulla base della nostra wanting mind, la mente che desidera e che ci rende ostaggi di quello che non abbiamo realizzato. È una sofferenza che raramente percepiamo con chiarezza, quella che viene dalla sensazione di non essere interi, dalla sensazione, spesso sottile e sconosciuta, che qualcosa manchi. A noi o alla nostra vita.Non la sentiamo perché viene coperta subito da qualcosa. Un acquisto, una sigaretta, un boccone di cibo. Qualsiasi cosa che, in quel momento, ci da l’idea che sarà in grado di farci sentire più felici.Quando affidiamo la nostra felicità e il nostro senso di interezza a qualcosa di esterno iniziamo a percorrere una strada che ci condurrà presto alla delusione. Non c’è nulla che il mondo possa darci per questa sottile sensazione di mancanza o di perdita.

Tradiamo noi stessi se pensiamo che avere quel pezzetto in più ci renderà felici. Vogliamo quello che non abbiamo, spinti dalla nostra wanting mind a cercare all’esterno anziché dentro. E quindi paragoniamo la nostra vita a quella altrui, la nostra storia a quella altrui, confondendo la felicità che vediamo negli altri con il possesso e rendendoci così ostaggio di quello che non abbiamo ancora realizzato.

Perché non rendere onore invece a quello che abbiamo già realizzato? Quando lo facciamo pratichiamo una goccia di gratitudine che distende il cuore e la mente.

 

Prova a riflettere su questi tre aspetti:

  • ho bisogno di qualcosa in più per essere grato o felice, un’atteggiamento che alimenta il senso di scarsità
  • non devo niente a nessuno, un atteggiamento che alimenta un fallace senso di invulnerabilità
  • mi merito di più (o non mi meritavo questo) come se per qualche misterioso fattore ci meritassimo solo cose belle e invece i guai fossero riservati solo agli altri

Adesso prova a fare il movimento opposto, a voltarti indietro, a camminare verso l’imboccatura larga dell’imbuto invece che dalla chiusura stretta:

  • di cosa potresti essere grato o grata adesso?
  • chi ti ha aiutato nei momenti difficili? Quali sono stati gli incontri, diretti o indiretti, che ti hanno aiutato ad essere come sei adesso? Includi i libri, i viaggi, le persone incontrate per caso e le amicizie durevoli
  • guarda quali sono stati i regali inaspettati i che la vita ti ha fatto. Quello che hai ricevuto senza aver fatto qualcosa di specifico per meritarlo. Se sposti lo sguardo a ciò che già hai puoi dire, onestamente, che nulla è stato un regalo e che tutto è stato meritato?

Coltivare la mente di abbondanza

Come mai la mente di abbondanza va coltivata e la mente di povertà sembra, invece, spontanea o naturale? La ragione è che la sopravvivenza è il nostro primo istinto, la gratitudine, la  sensazione di abbondanza invece richiedono un’attenzione intenzionale perchè siano percepite. Ecco perché la pratica di mindfulness è importante: perché ci aiuta a coltivare l’intenzionalità che non è la volontà di raggiungere quello che ci manca: è l’intenzionalità di coltivare stati mentali salutari perchè il vero danno della mente di povertà è che porta emozioni afflittive.

Cos’è che guida la nostra generosità, un’emozione tipica della nostra mente di abbondanza? Cos’è che ci permette di condividere con gli altri ciò che abbiamo?

Spesso mi faccio questa domanda e cerco di mettere in relazione i miei bisogni e il desiderio di condividere quello che posso condividere.

La chiave mi sembra che stia proprio nella percezione del bisogno. Nell’attimo in cui condividiamo con un’altra persona qualcosa che ci appartiene, in senso materiale o immateriale, in quel preciso momento il rumore del nostro bisogno è attenuato mentre è aumentato il volume della fiducia e del senso di comune umanità condivisa. Essere generosi è l’espressione della nostra mente dell’abbondanza, la percezione che possiamo dare perché ci sentiamo in una situazione di prosperità: è questo che ci rende generosi. Se, invece, la nostra mente di povertà è attiva – la mente che ci fa vedere solo quello che manca – il nostro bisogno, vero o presunto che sia, ci sembrerà sempre più grande del piacere di condividere.

La cosa interessante è che la generosità ha un doppio ritorno: condividendo nutriamo la percezione di abbondanza e abbassiamo la paura di perdere, di non avere, di non  essere abbastanza. Sembra una magia ma non è così: finiamo per assomigliare a quello che facciamo.

Il vero trucco, se di trucco possiamo parlare, è non scambiare la generosità per lusinga: non possiamo comprare nessuno con la nostra generosità. Né usare la generosità per lustrare la nostra immagine. Sarebbe una visione condizionata e condizionante di noi stessi che ci renderebbe ancora più vittime della mente di povertà. Essere generosi è il movimento che guida la nostra vita e la porta fuori dalla stagnazione. Ci sono infiniti atti di generosità nel nostro corpo: la generosità dell’incessante lavoro del cuore, dei polmoni, della pelle. Basta seguire il loro esempio per restituire alla nostra vita quel fluire di cui abbiamo bisogno per crescere. In fondo cos’è più generoso di una finestra?

© Nicoletta Cinotti 2023

 

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Gratitudine, gratefulness e cambiamento

21/05/2023 by nicoletta cinotti

Sono uscita di casa con animo allegro. Dopo pochi passi mi sono accorta che non avevo al polso l’orologio di mia madre. Un orologio che non si toglieva mai, nemmeno per dormire. Era l’orologio che io e i miei fratelli avevamo regalato a mio padre per il suo cinquantesimo compleanno. Lui non l’aveva amato perché apprezzava la tecnologia più avanzata e non aveva rinunciato al suo orologio digitale, mentre mia madre l’aveva indossato sempre.

Quando è morta ho chiesto ai miei fratelli di poterlo avere io e loro, generosamente, hanno capito le mie ragioni, assolutamente emotive, e me l’hanno lasciato.

Si diventa così animisti per affetto. Non è il valore economico che ci lega ad un oggetto ma il significato affettivo. Il lutto è fatto così, di oggetti che, improvvisamente, acquistano un grande valore. Succede per qualunque lutto. Ho visto partner distruggere reperti della relazione come se avessero trovato la soluzione al loro dolore. Un figlio distrutto perché aveva perso l’ultima lettera di sua madre. Potrei scrivere mille storie sul dolore degli oggetti perduti e sul senso degli oggetti dimenticati. Un paziente molto tempo prima di separarsi (e addirittura molto tempo prima di iniziare a parlare della sua crisi matrimoniale) dimenticò nel mio studio la vera nuziale. Perché nella vita incontriamo molte morti: separazioni, abbandoni e perdite ci allenano. Sono “piccole morti” da cui imparare. Imparare a continuare a vivere sapendo che il cambiamento non è qualcosa che possiamo controllare. C’è un dolore legato al cambiamento e un dolore legato all’invecchiamento, alla morte, alla malattia. Consideriamoli allenamenti per arrivare splendenti. Sembra che Michela Murgia lo stia facendo e ognuno di noi può farlo. Soprattutto se lasciamo andare la scaramanzia che abbiamo rispetto a questa parola e a tutte le parole collegate. Siamo animisti anche nella superstizione e le parole diventano oggetti concreti, tangibili e intoccabili.

La scelta di Michela

Sto leggendo il libro di Michela Murgia, Tre ciotole. L’ho preso perché sapevo che avrebbe parlato della sua malattia. È un libro in cui le parole sono come i sassi che trovi sulla spiaggia di Camogli, alcuni riescono a camminarci sopra con apparente anestesia. Io no, devo sempre mettermi delle ciabatte. Il libro di Michela Murgia declina, attraverso diverse storie, le nostre reazioni alle piccole e grandi morti della vita. È un libro discontinuo, scritto di getto (e si sente) ma ti lega alla lettura perché capisci che dentro c’è un pezzo del cuore della persona che l’ha scritto. Non scherzava con la penna quando scriveva. Ci metteva dentro quello che c’era. Non ha la raffinatezza di Matteo B. Bianchi nel raccontare il lutto e nemmeno la profondità di Joan Didion che estrae il suo lutto e lo trasforma in un succo prelibato e squisito ma ti incatena per la sua autenticità. Perché il punto, dovremmo avere il coraggio di riconoscerlo, è che le cose acquistano valore alla luce della perdita. Come dice Michela in un’intervista “Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano? Ho chiesto a Vogue di poter fare un viaggio sull’Orient Express. Posso andare alle sfilate di moda, farò un sacco di cose. Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così”. Ecco molto spesso, troppo spesso, diamo valore a quello che “abbiamo” nel momento in cui lo stiamo perdendo. Eppure odiamo il lutto, lo scansiamo, a volte facciamo finta che non ci sia.

L’ Harvard Business Review ha dedicato più di un articolo al tema del lutto perché, se non accettiamo di riconoscere il lutto che viviamo di fronte ai cambiamenti, rimaniamo paralizzati nella nostra creatività ma, soprattutto, rimaniamo bloccati nella nostra vita. Durante e dopo la pandemia globale, è emerso un senso di lutto collettivo. Il lutto è un sentimento multiplo che non possiamo evitare ma è necessario imparare a gestire. Le cinque fasi del lutto (negazione, rabbia, contrattazione, tristezza, accettazione) ci aiutano a vivere e non sono – come molti temono – un preludio della fine ma un preludio per ogni nuovo inizio. L’alternativa al lutto è il ristagnare, aggrapparsi ad un passato che non c’è più e che non è in alcun modo ripetibile.

Passare dalla perdita per essere felici

Come forse saprai ho appena fatto un ritiro monastico. Un ritiro è, in qualche modo, un grande esercizio di perdita. Ci esercitiamo lasciando la solita vita, lasciando il cellulare, lasciando il modo consueto di comunicare, lasciando il contatto con la vita quotidiana. In un ritiro monastico lo facciamo in modo ancora più estremo ma in ogni caso, qualsiasi ritiro ha una quota di rinuncia dell’ordinario. Perché?

Proprio perché accettando di incontrare volutamente qualcosa che ci fa paura ci apriamo ad una nuova e diversa felicità: la felicità essenziale e non quella che proviamo nel momento in cui si realizza qualcosa di desiderato ma quella che è alla base ed è espressione della nostra mente originaria. Per conoscere quella felicità è necessario attraversare il vuoto, trovarsi, almeno per qualche attimo, nel mezzo del niente.

David Steind-Rast ne fa un sunto perfetto nella sua distinzione tra gratitude (gratitudine) e gratefulness (lascio le parole in inglese perché non c’è un corrispettivo in italiano). La gratitudine è un sentimento che sorge nel momento in cui riceviamo qualcosa che ci sorprende e che abbiamo desiderato. La gratefulness è uno stato di base che nasce dal sentirsi grati per qualsiasi cosa, incluso anche per quelle esperienze che potremmo definire di perdita. È una condizione mossa dal riconoscere la bellezza, la speranza, la qualità della nostra vita, la vulnerabilità, l’incertezza e l’impermanenza come condizioni e ragioni per essere grati.

La gratitudine è una cosa fantastica. Quando riceviamo qualcosa che desideriamo, quando le esperienze ci danno piacere o quando la vita va per il verso giusto, è naturale e significativo provare gratitudine (…) Immagina di poter avere una gratitudine incondizionata e duratura. Una gratitudine che non dipende da ciò che accade, ma che viene da dentro di noi. (…) Come tessuto connettivo tra i nostri momenti e le nostre esperienze, la gratitudine ci permette di trovare gratitudine nella “grande pienezza” della vita in tutti i suoi momenti reali di disordine e magnificenza. Kristi Nelson

Confondere l’ansia con il lutto anticipatorio

L’ansia è un’emozione che ci accompagna. Ne ho parlato molto in “Mindfulness ed emozioni”.

Il ruolo dell’ansia è principalmente quello di funzionare come attivatore di fronte alle situazioni nuove o come rilevatore di pericolosità. Per questa ragione può presentarsi in tutti i sistemi emotivi: possiamo provare ansia di fronte a un esame medico (emozione del sistema difensivo), ansia durante la partecipazione a un concorso (emozione del sistema di ricerca delle risorse), ansia prima di incontrare una persona che ci piace molto (ansia del sistema affiliativo). In qualche modo l’ansia è un interruttore dell’intensità emotiva. Quando una situazione è molto intensa diventiamo ansiosi. Se è un’ansia funzionale al compito attiva tutte le nostre risorse, ma può portarci alla paralisi quando è disfunzionale. E spesso confondiamo l’ansia con altre emozioni come la vergogna e il lutto anticipatorio. Il lutto anticipatorio è quello che proviamo quando sappiamo che, prima o poi, accadrà un cambiamento non desiderato. È il lutto anticipatorio quello che sta alla base di tutto l’enorme marketing dei cosmetici (tra parentesi la cosa che mi è mancata di più nel ritiro è stata la mia crema viso!) e molte persone provano, nei confronti dei segni dell’invecchiamento, un vero e proprio senso di vergogna. Insomma, per quanto tentiamo di far finta di nulla, sappiamo che la vita è impermanente e che ogni cosa che può accadere, potrebbe succedere anche a noi: “nulla di ciò che è umano mi è estraneo”. Non basta lo scudo della disapprovazione per i comportamenti sbagliati e l’arma della prevenzione per evitare che qualcosa accada. La protagonista del libro di Michela Murgia chiede, “cosa ho sbagliato?” nel momento in cui le viene comunicata la diagnosi di cancro come se sapere che è stato un errore rendesse l’evento più comprensibile.

Gli stati mentali

Adesso spero che non sarai arrivato o arrivata troppo depressa leggendo fino a qui perché non c’è una ragione per essere depressi ma, piuttosto, molti buoni motivi per essere consapevoli. Consapevoli di cosa? Forse penserai che ti stia rispondendo del “respiro” e invece ti sorprenderò dicendoti che l’invito, per stare nell’incertezza, nella vulnerabilità, nell’impermanenza è essere consapevoli del nostro stato mentale. Cercare di sperimentare gratefulness oltre che gratitudine, ricordarsi che la nostra tendenza a focalizzare l’attenzione sul pericolo ha bisogno di essere compensata da pari attenzione alla gioia (Trovi qui una pratica di meditazione su Mudita: la gioia). Non ci serve a nulla essere ansiosi su quello che potrebbe succedere. Ci serve, invece, tantissimo, essere aperti per poter contare sulle nostre risorse più che sulle nostre difese. Il lavoro è instabile, il clima è fuori controllo, non abbiamo molto potere sugli eventi importanti della nostra vita. Però possiamo scegliere di guardare con gratefulness al fatto che siamo vivi e gustarcela fino in fondo la nostra unica, preziosa e selvaggia vita.

Tornare indietro

Forse ti domanderai com’è andata a finire la storia dell’orologio. Ho fatto due passi avanti, senza orologio. Mi sono fermata. Mi sentivo nuda. Mi sono girata e ho fatto tre passi indietro, provavo desiderio. Sono rimasta un attimo lì, ferma tra l’andare avanti e tornare indietro. Poi ho deciso: sono tornata a prendere l’orologio. Mi sono concessa il lusso di riconoscere che avevo ancora bisogno di essere animista: non mi sono tolta quell’orologio nemmeno durante il ritiro anche se era stato consigliato di farlo. Non dobbiamo sforzarci di essere radicali ma di sapere dove siamo. Prima o poi lo lascerò.

So perché ci sforziamo di impedire ai morti di morire: ci sforziamo di impedirglielo per tenerli con noi.
So anche che, se dobbiamo continuare a vivere, viene il momento in cui dobbiamo abbandonarli, lasciarli andare, tenerceli così come sono, morti. Joan Didion

Perdere il lavoro

Ti rivelerò un segreto di Pulcinella: lavoro moltissimo con persone che perdono il lavoro e con persone che devono comunicare ad altre la perdita del lavoro. Il lavoro non è più una garanzia. In nessun settore, nemmeno per noi liberi professionisti. A volte fantastico di poter parlare direttamente alle persone che si devono confrontare con la minaccia della perdita del posto di lavoro e che, lottano, paradossalmente quanto inutilmente, per rimanere aggrappati. E più quel lavoro era ben remunerato – e meno indispensabile rimanere aggrappati – e più lottano. È la paura e la difficoltà a fare i conti con il lutto del cambiamento. Rimandare l’accettazione fa arrivare stanchi al cambiamento. Non farlo. Trasforma la memoria di tutto quello che hai ricevuto in gratitudine. Non lasciare che la memoria diventi una trappola che ti incatena al passato ma trasformala in una quantità di gratitudine che ti permetta di fare un passo avanti. Il passo che non volevi fare.

Inizia da molto vicino, non fare il secondo passo o il terzo, inizia dalla prima cosa, quella più facile, il passo che non vorresti fare. David Whyte

© Nicoletta Cinotti 2023

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Gratitudine

07/04/2023 by nicoletta cinotti

Gratitudine è un piccolo – grande libro – di Oliver Sacks. Raccoglie quattro brevi articoli che raccontano i suoi ultimi mesi di vita, quando scopre, poco dopo la pubblicazione della sua autobiografia, di avere un cancro metastatico che gli avrebbe lasciato ancora poco tempo da vivere.

Oliver fa della gratitudine il suo saluto: racconta con serenità una vita che è stata ricca di interessi e stimoli ma, cosa ancora più interessante, racconta, in una circolarità che sembra disegnata per caso, le ragioni della sua uscita dalla famiglia e la conclusione con il suo rientro in famiglia.

Nell’arco di 54 pagine ci accompagna a come si può essere grati e assaporare ogni momento, anche quelli conclusivi, anche se si ha paura.

Non posso fingere di non aver paura. A dominare, però, è un sentimento di gratitudine. Ho amato e sono stato amato; ho ricevuto molto e ho dato qualcosa in cambio; ho letto e viaggiato e pensato e scritto. Ho avuto un contatto con il mondo, di quel tipo particolare che ha luogo tra lettori e scrittori. Più di tutto sono stato un essere senziente, un animale pensante, su questo pianeta bellissimo, il che ha rappresentato di per sé un immenso privilegio e una grandissima avventura. Oliver Sacks

© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici

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L’avvento della Mindfulness

20/11/2022 by nicoletta cinotti

Ho una passione per i calendari dell’avvento. Non sempre ne compro uno ma spesso ne faccio uno. Così quest’anno ho pensato di fare un Calendario dell’avvento speciale. L’avvento inizia domenica 27 Novembre e termina sabato 24 dicembre anche se di solito il calendario dell’avvento va dal 1 Dicembre al 24 dicembre.

Durante questo periodo offro durante i giorni feriali di ogni settimana, una pratica gratuita la mattina alle 8 su zoom (Clicca le parole in rosso o sul Cervo per iscriverti). Le pratiche rimarranno registrate e saranno raccolte in una pagina dedicata sul sito in modo da poter usufruire anche di contenuti di approfondimento.

Saranno 16 pratiche gratuite sui temi della Gratitudine, Assaporare e Apprezzare sé stessi. Se vorrai potrai fare un’offerta liberale per il Progetto Caritas “Bollette sospese”, un modo per sostenere un Natale più leggero per chi è in difficoltà.

La “bolletta sospesa” aiuta chi non riesce a sostenere le spese essenziali di luce, acqua e gas.
Si possono fare donazioni alla Caritas Diocesana di Chiavari sul c/c bancario intestato DIOCESI DI CHIAVARI- CARITAS DIOCESANA IT02Z 05034 31950 05034 31950 000000102862 indicando nella causale: fondo bolletta sospesa.

Clicca qui per iscriverti

Calendario

1 dic 2022
08:00 AM
2 dic 2022
08:00 AM
5 dic 2022
08:00 AM
6 dic 2022
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Appunti di viaggio: di yoga, gratitudine, genitorialità e relazione

06/08/2019 by Valeria Maggiali

“Laugh loudly. Laugh often and most importantly, laugh at yourself.”

“Ridi forte, ridi spesso e, più importante, ridi a te stesso”

(Chelsea Handler)

Si viaggiare…

Lentamente e quasi quasi con amore, non solo una meravigliosa canzone di Battisti, ma il motto mio e di mio marito in questo mese di viaggi, strade, mari e incontri in campeggio e a bordo di un furgone con i piccoli esseri umani che hanno magicamente rivoltato ogni piega della nostra vita.
L’ora e mezza di yoga che accompagnava ogni mio risveglio è diventata una piccola pratica di respiro e radicamento prima che il giorno mi trovi immersa in tutte le attività di cura, relazione, preparazione, spostamenti, organizzazione, movimento, gioco, decisioni, acroyoga, allenamento, nanne, routine e corse a vedere i treni che passano (per fortuna non troppo spesso) vicino al campeggio che ci vede espandere sempre di più.
E, sembrerà banale, ma quei 2, 5, a volte addirittura 10 minuti al giorno in cui mi posso concentrare solo sul mio respiro e la natura intorno sono ciò che mi salva la giornata e forse addirittura la vita! Sono così attaccata a quei 5 minuti che la loro mancanza mi genera un affanno sommerso come se non avessi avuto il tempo di sintonizzarmi con la giornata che mi aspetta e la sensazione è di essere partita già col treno in corsa, in ritardo. Salva la vita a me, ma anche ai tre uomini con cui condivido lo stretto spazio di un furgone e le ampie pieghe del giorno. A volte il mio piccolo yoga quotidiano termina qui, a volte ha lo spazio ancora più stretto del tempo di lavarmi faccia e denti da sola (condivido il bagno ovviamente come ogni madre almeno con uno dei miei due figli, molto spesso entrambi) a volte raggiunge l’ora e arriva a comprendere la colazione, magari due righe al pc, una lista della spesa ragionata, eccezionalmente una corsa o una nuotata. Quando i 5 minuti raggiungono l’ora mi sento una regina, il corpo ringrazia, la mente si calma, il cuore si allarga e una sensazione di gratitudine e vitalità mi invade. Questo è lo yoga cinque stelle, meglio di qualsiasi giornata alle terme, perché i suoi effetti sono a lungo termine e anche mio marito ringrazia!
A fronte di questo mese e mezzo di viaggio con nanetti e marito, non solo di vacanza ma anche di lavoro e tanti incontri, mi viene da sorridere quando affiora il pensiero che anche la genitorialità passa dal respiro, che lo Yoga è sempre di più, come la meditazione, un modo di stare nelle cose della vita, nelle relazioni che il giorno ci porta, in contatto con l’universo, non sempre calmo, dentro di noi.
E voi… qual’è il vostro yoga in viaggio? come mantenete connessi mente e corpo, parola e azione nel vostro essere genitori, amici, partner?

Vi aspetto a settembre con qualche nuova idea da esplorare sul tappetino presso lo Studio di Bioenergetica e Mindfulness a Genova, Via Frugoni 15/2:

  • 29 Sett- 14 Dic,Yin Yoga Journey: 4 sabato mattina interamente dedicati alla pratica Yin
  • Dal 1 Ottobre, Corso di Vinyasa e Yin Yoga ogni martedì dalle 20 alle 21.30

per info e iscrizioni: valeria@acroyoga.it

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