
Negli indiani d’America, quando una persona si ammalava, l’uomo medicina chiedeva “Quand’è l’ultima volta che hai cantato?”. Più era lontano il tempo in cui la persona aveva cantato, più era grave la malattia da curare.
Non è una cattiva idea. Noi ascoltiamo molta, moltissima musica ma cantare è un’altra cosa. È dare voce a se stessi. Far uscire la nostra nota. Farla risuonare nel mondo. Dare una forma alle nostre emozioni.
Ma, ancora più, è raccontare la nostra storia attraverso le canzoni che hanno accompagnato momenti diversi della nostra vita. Che canzone ha accompagnato la nostra infanzia e i primi amori? E la nostra vita adulta? Perché quando cantiamo non ripetiamo solo le parole di altri. Ripetiamo e diamo eco alle emozioni che abbiamo legato a quel momento. E, felici o tristi che siano, non permettiamo che il nostro cuore appassisca, se cantiamo le nostre emozioni. Gli diamo aria e respiro e sogni ed estensione.
Così forse potremmo chiederci “Quand’è l’ultima volta che ho cantato? E qual è la canzone di questo momento? Quella che risuona dentro e diventa il nostro modo – personale – di orientarsi. Il nostro modo di praticare l’arte della leggerezza, l’insegnamento del soffio. È impossibile cantare e non sentire che, quella musica, ci immerge dentro quello che proviamo, anche solo per un attimo. E in quell’attimo prendiamo vita, prendiamo voce. E non rimpiccioliamo la nostra vita a misura dei nostri dolori.
Siamo inclini a trasformare quel che ci blocca la via nella via da seguire. Mark Nepo
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale Foto di ©Cherry Marmelade
Canto e danza direi, specificatamente in forma libera,, li trovo strumenti che facilitino il dialogo interno.Diventano disegni nello spazio che ci fanno parlare,anche del profondo, senza parole…..da farsi da soli o in
compagnia.