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Pablo neruda

Ode al giorno felice

17/09/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

Pablo Neruda

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Restare in silenzio

15/04/2023 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ora conteremo fino a dodici
e tutti resteremo fermi.
Una volta tanto sulla faccia della terra,
non parliamo in nessuna lingua;
fermiamoci un istante,
e non gesticoliamo tanto.

Che strano momento sarebbe
senza trambusto, senza motori;
tutti ci troveremmo assieme
in un improvvisa stravaganza.

Nel mare freddo il pescatore
non attenterebbe alle balene
e l’uomo che raccoglie il sale
non guarderebbe le sue mani offese.

Coloro che preparano nuove guerre,
guerre coi gas, guerre col fuoco,
vittorie senza sopravvissuti,
indosserebbero vesti pulite
per camminare coi loro fratelli
nell’ombra, senza far nulla.

Ciò che desidero non va confuso
con una totale inattività.
È della vita che si tratta;….

Se non fossimo così votati
a tenere la nostra vita in moto
e per una volta tanto non facessimo nulla,
forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza
di non riuscire mai a capirci
e di minacciarci con la morte.

Forse la terra ci può insegnare,
come quando tutto d’inverno sembra morto
e dopo si dimostra vivo.

Ora conterò fino a dodici
e voi starete zitti e io andrò via. Pablo Neruda

 

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Lascia andare la battaglia per essere speciale

16/12/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

C’erano una volta due rabbini cha stavano camminando nella sinagoga, quando incontrarono l’uomo delle pulizie che mormorava tra sé e sé mentre puliva “Dio abbi misericordia di me che non sono nessuno, nemmeno una pagliuzza nel tuo occhio”. Uno dei due rabbini si avvicinò all’orecchio dell’altro e con disprezzo gli sussurrò “Guardalo, pensa di essere nessuno”.

Il rabbino si sentiva superiore all’uomo delle pulizie. Dopo tutto erano rabbini. Che cosa avrebbe potuto conoscere un uomo delle pulizie sull’umiltà? O, più profondamente, al di là del valore dell’umiltà, come avrebbe potuto un semplice uomo delle pulizie cogliere, attraverso la storia del suo ego, il luminoso silenzio che è dovunque? Perchè questo è quello che per ognuno di noi è così difficile da accettare: vivere senza una centrale operativa che mette il nostro nome sopra ogni cosa.

La vera umiltà può essere una porta d’accesso a questo modo di vivere. Vedersi in proporzione, uno tra tanti, ammorbidendo i confini e rendendoci più sensibili ad una conoscenza più profonda. Molti di noi cercano di sentirsi superiori paragonandosi a qualcun altro rispetto al carattere, alla professione, alla conoscenza, e giudichiamo che siano meno di noi. Paragonarsi è uno dei modi con cui rafforziamo il nostro ego, sia che ci sentiamo speciali sia che ci sentiamo da meno perchè questo senso di inferiorità è l’altra faccia della medaglia. Non è necessario essere narcisisti per godere della sensazione di essere speciali. Il problema è l’identificazione con l’elogio di una nostra caratteristica preminente: quando cominciamo a credere ad una immagine splendente di noi e crediamo che ci debba garantire un trattamento speciale, in quel momento, il caldo sentimento dell’essere apprezzato diventa grandiosità.

C’è qualcosa di bello e appropriato nel coltivare un talento o una abilità. C’è qualcosa di veramente gratificante nel fare qualcosa bene. La nostra civiltà è debitrice alle persone che hanno dedicato la loro vita ad un talento o ad una causa che ha elevato il senso dell’essere umani. Nelson Mandela, Rosa Parks, il Dalai Lama, Yo Yo Ma, Beethoven, Tolstoj, Emily Dickinson, Pablo Neruda, Marie Curie: la lista di individui eccezionali può essere infinita.

Hanno avuto un dono e sarebbe stato facile e forse anche perdonabile se si fossero sentiti speciali ma alcuni di loro hanno preso questo dono senza considerarlo un fatto personale. Hanno lavorato per dare la loro vita, per dedicarla a questo talento, sapendo bene che questo potere, creativo o spirituale che dir si voglia, non gli apparteneva in senso personale. Molte di queste persone sanno quello che molti di noi dimenticano: che più sai e più comprendi quanto poco conosci, che più ti dai una disciplina, più realizzi quanto è breve il cammino che hai fatto e quanto è lunga la strada da percorrere.

Roger Housden

© www.nicolettacinotti.net Addomesticare pensieri selvatici

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Andare al cuore della relazione: la mindfulness interpersonale

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Inseguire la perfezione

16/11/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Non c’è nulla più del perfezionismo che dia un senso di urgenza: sembra che, se non riesci ad arrivare allo standard che ti sei auto – imposto, accadrà qualcosa di terribile. Così spesso non ci rendiamo conto di essere perfezionisti ma solo di avere fretta e di avere tante cose da fare.

È una sensazione che nasce da un misto di cose: la prima – forse la più pervasiva – è la paura di fermarsi e scoprire qualche errore. La seconda è la paura della distanza tra dove siamo e dove vorremmo essere. Così la cosa più importante è sempre quella che dobbiamo fare dopo. La persona più importante è sempre quella che dobbiamo incontrare dopo. E l’obiettivo più significativo è sempre quello che non abbiamo ancora raggiunto.

In questo modo siamo sempre sotto la minaccia di una urgenza. O, forse, potremmo dire che viviamo con un costante senso d’urgenza che è la spinta a diventare perfetti.

Non c’è nulla che arresti la nostra corsa. Solo dei bruschi contrattempi – fisici o emotivi – hanno il potere di fermarci.

In realtà quello che può darci la possibilità di sperimentare davvero un senso di calma, davvero un senso di pace è proprio quell’attimo di pausa alla fine dell’espirazione, quell’attimo di pausa quando cessa lo sforzo, quell’attimo di pausa quando cessa il rumore. Quello è il momento in cui celebriamo la fine. È il momento della grazia: la grazia di essere presenti. La grazia di essere vivi. Quel momento è solo essere, non c’è avere, non c’è aggrappamento. Il senso d’urgenza nasce dalla contrazione di questo spazio. Il senso di pace nasce dal restituire dimensione alla pausa tra una attività e l’altra.

Celebrare la fine di quello che abbiamo appena concluso è dimorare nella grazia del presente, nella grazia di essere vivi. E onorare nel miglior modo possibile, il sorgere del momento successivo.

Piena di te è la curva del silenzio. Pablo Neruda

Pratica formale di mindfulness: Centering meditation (File audio)

Pratica informale di mindfulness: Ascolta il breve spazio tra la fine di qualcosa prima dell’inizio di qualcosa di nuovo. Ascolta la sensazione che sorge alla fine di un suono, tra la fine di un respiro prima dell’inizio del respiro successivo. tra la fine dello sforzo, prima di iniziare qualcosa di nuovo.

© Nicoletta Cinotti 2017 Andare al cuore della relazione

Foto © * claudia* assente ma vi penso !

PS: Il numero di Novembre dello Yoga Journal è dedicato a Grazia e imperfezione (Clicca per andare alla versione digitale)

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