
Ci sono molti momenti in cui è necessario combattere. Sono momenti precisi, definiti. Forse non sarebbe mai indispensabile combattere ma il nostro istinto di sopravvivenza ci ha insegnato a fare così. Ma combattere è diverso da lottare.
Lottare non ha un nemico preciso, ha una meta, uno standard, un obiettivo da raggiungere. E, soprattutto ha la necessità di spingerci oltre i nostri limiti. Lottiamo perché vogliamo andare avanti in una direzione che abbiamo deciso: né essenziale, né fondamentale. Semplicemente qualcosa di importante per noi. E allora lottiamo silenziosamente, quotidianamente, stringiamo i denti e andiamo avanti. Non c’è il clamore della battaglia, c’è lo sfinimento della guerra di posizione.
Tra tutte le nostre lotte la lotta per essere speciali occupa una bella posizione. Forse, per alcuni di noi è al primo posto. Non vogliamo essere mediocri, non vogliamo stare nel mezzo. Non ci basta essere unici: abbiamo bisogno di essere speciali. A volte speciali per qualcuno che desideriamo e amiamo. A volte speciali e basta. Con desideri speciali, bisogni speciali, necessità speciali. E per diventare così speciali siamo disposti a lottare quotidianamente, tendendo il corpo e la mente verso questo obiettivo. L’illusione è sempre la stessa: essere speciale ci renderà felici. Il risultato è ondivago, dipende da quanto è difficile soddisfare il nostro senso di specialità. E poi, siccome è una battaglia silenziosa – che vinciamo solo attraverso l’approvazione nostra e altrui – possiamo riprendere in qualunque momento a lottare. Peccato che con questa lotta neghiamo chi siamo davvero o lo riteniamo insufficiente.
Quando moriremo Dio e gli angeli ci chiederanno conto di tutti i piaceri che ci siamo concessi negando noi stessi. Roger Housden
Pratica di mindfulness: Be water
© Nicoletta Cinotti 2017 Scrivere storie di guarigione
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