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Farmaci e meditazione

16/09/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Qualche settimana fa ho pubblicato un post – che ha ricevuto moltissima attenzione – su meditazione e/o psicoterapia. 

Proseguo l’approfondimento con questo brano di Tara Brach su farmaci e psicoterapia. Molte persone mi chiedono, se prendo farmaci posso meditare lo stesso? Oppure se medito posso eliminare i farmaci? Ecco cosa dice la nostra autrice, insegnante di meditazione e psicoterapeuta.

Per alcune persone, indipendentemente da quanto seriamente si impegnano, la meditazione non basta. È necessario qualcosa d’altro per potersi sentire sicuri e avere un livello gestibile di paura.

Sia che la causa sia un trauma che una predisposizione genetica, la chimica dei neuromediatori e la conformazione del sistema nervoso porta alcune persone a livelli intollerabilmente alti di paura. Per loro la prescrizione aggiuntiva di ansiolitici e antidepressivi può offrire un aiuto, a volte cruciale, nel trovare quella sicurezza che permette di fidarsi degli altri e di seguire una pratica meditativa.

L’uso di antidepressivi per persone che meditano è un tema caldo. A volte le persone mi chiedono “prendo il Prozac, non sarebbe meglio se smettessi? Oppure “Il fatto che continuo a prendere antidepressivi non è come ammettere che la meditazione non funziona?” Molte persone sono spaventate all’idea di poter diventare dipendenti dal farmaco e di non poterne più fare a meno. Altri sono preoccupati che il farmaco diminuisca l’efficacia della pratica “I farmaci non offuscano la mia esperienza riducendo così l’accettazione?”. Una volta una persona mi ha chiesto addirittura “Non è impossibile che io arrivi allo stato di liberazione (lo stato di realizzazione massima nelle pratiche meditative n.d.t.) se continuo a prendere farmaci? È difficile immaginare che il Buddha prendesse Prozac sotto l’albero della Bodhi (L’albero sotto il quale ha raggiunto l’illuminazione n.d.t.).

È vero che alcuni dei più usati antidepressivi possono creare un senso di distanza dallo stato più acuto di paura, una sorta di ovattamento emotivo. È anche possibile sviluppare una dipendenza psicologica da un farmaco che produce un senso di sollievo.. Ma quando la paura è troppo grande, l’intervento medico, almeno per un certo periodo di tempo, può essere la risposta più compassionevole che possiamo dare. Come l’insulina per un diabetico, i farmaci ridanno equilibrio riportando uno stato dis-regolato verso la normalità.

Per alcune persone questo può essere un passo saggio e fondamentale sul sentiero spirituale. Ho visto persone che, dopo aver iniziato la terapia farmacologica, iniziavano finalmente a guardare a se stessi con consapevolezza e gentilezza amorevole. I farmaci, per alcune persone, rendono possibile il fermarsi e praticare.

I farmaci e la meditazione possono funzionare insieme. Mentre il farmaco riduce l’esperienza biologica della paura, la pratica di mindfulness può aiutare a sciogliere quel complesso di pensieri reattivi e sentimenti che vengono attivati dal loop della paura. Tara Brach

©www.nicolettacinotti.net “Addomesticare pensieri selvatici”  Foto di © Carmen Moreno Photography

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