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Stop Rain in relazione

11/12/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Nei protocolli MBSR usiamo spesso una pratica informale che si chiama STOP RAIN. Stop è un acronimo ( è in inglese e quindi le lettere non corrispondono all’italiano) che significa fermarsi, prendere un respiro, osservare e procedere dopo aver osservato cosa sta succedendo. Rain significa riconoscere, accogliere, investigare e non identificarsi con una sola emozione ma guardare con equanimità a tutte le emozioni presenti. È un modo per non entrare in una modalità reattiva ma aprirci ad una risposta riflessiva.

In questi giorni di festa abbiamo molte occasioni di contatto e molte ragioni di tensione. In famiglia finiamo per maturare vecchie emozioni, per ripetere vecchie ferite. Così ho creato una versione relazionale di STOP RAIN. I passaggi sono gli stessi che ho detto in precedenza: quando ci troviamo in uno scambio relazionale difficile – Fermarsi, prendere un respiro, osservare cosa sta succedendo, riconoscere le emozioni che ci sono in gioco – e, prima di rispondere, consolare e confortare il proprio disappunto, il proprio dolore, la propria irritazione. È un modo per prendersi cura delle nostre emozioni. Potrebbe sembrare una modalità egoistica – ti prendi cura di te prima di rispondere all’altro – in realtà se non siamo in grado di riconoscere ed accogliere quello che proviamo sarà molto probabile che cercheremo di far soffrire l’altro quanto lui ha fatto soffrire noi.

È questo quello che sta dietro alla nostra reattività relazionale: mi fai soffrire e io, reagendo, cerco di farti provare lo stesso sentimento che ho sentito io. Non è per crudeltà (anche se qualche volta può esserci crudeltà): è una maniera primitiva per cercare di risvegliare empatia nel nostro interlocutore. Essendo primitiva è rapida e veloce. Dovrebbe bloccare la sofferenza che l’altro ci infligge ma, purtroppo, rischia di amplificarla. Rischiamo di innescare un circolo vizioso. Tu mi fai male e io faccio altrettanto, in un botta e risposta di tensione

Per uscire da questa modalità abbiamo bisogno di fare il primo passo – quello indispensabile – di fronte al dolore: confortarci. In questo modo inneschiamo una modalità virtuosa di relazione. Diamo all’altro il tempo di accorgersi che ci ha ferito. Gli permettiamo di sintonizzarsi su questa nuova informazione e di scegliere come procedere. Potrebbe aver voglia anche lui di fermarsi!

Facendo Pausa nell’Insight Dialogue, diventiamo consapevoli di questa microprogrammazione, rilassiamo la tensione che ci sta dietro, ci apriamo al nostro partner e al gruppo e – in quel preciso istante – lasciamo andare quei piccoli piani e confidiamo nell’emergere.

Gregory Kramer

Pratica di Mindfulness: Stop rain in relations (La trovi sulla mia pagina FB se clicchi qui)  Oppure sulla pagina Meditazioni live ( se clicchi qui))

© Nicoletta Cinotti 2018

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/amore-e-passione-tra-mindfulness-e-bioenergetica/

Foto di ©veronica ciccarese

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La memoria della teoria e la memoria dell’esperienza

18/09/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Quante volte ci capita di sapere perfettamente come fare qualcosa e di ritrovarci a farla diversamente da come sappiamo sarebbe, teoricamente, giusto? Sappiamo che quel passo in più è nocivo ma ce ne accorgiamo dopo averlo fatto perché la nostra memoria dell’esperienza ci spinge a ripetere la stessa azione, familiare. Questo succede tantissimo con la scelta del partner: siamo attratti da uno stesso tipo di partner. Sappiamo, in teoria, che non funziona. Che alla lunga saltano fuori sempre lo stesso tipo di problemi ma la memoria dell’esperienza ci spinge in una direzione familiare. Verso quella relazione che, poi, ci farà male.

In genere cerchiamo di uscire da queste situazioni facendoci, verbalmente, degli ammonimenti. “Stai attenta/o”, “Ricordati cos’è successo la volta scorsa”. E cose di questo genere. Che, puntualmente, non funzionano. Sono stati scritti libri sul perché fare così non funziona. Non pretendo di aggiungere una informazione nuova ma un’idea del perché non funziona, un po’ diversa dal solito, l’avrei.

Non funziona perché parliamo alla parte di noi che si infila nei guai come se fosse altro da noi. Come se fosse un fratello, sorella pasticcione e infantile. Anzi, di più: le parliamo come se fosse un po’ scema, minus habens. Non chiediamo mai a questa parte che cosa l’attrae dell’esperienza. Cosa cerca ripetendo quella situazione. E, soprattutto, dove vuole andare. Le diciamo cosa non fare ma non ascoltiamo cosa sta cercando e qual è la convinzione che sta dietro alla sua azione. Ci mettiamo nella situazione di parlare ad un sordo che non vuol sentire. Forse però, quel sordo vuol raccontare quello che ha in mente. E potremmo così iniziare a mettere insieme la memoria della teoria e la memoria dell’esperienza. Potremmo scoprire così che non c’è solo il gioco che vediamo esplicitamente ma che ce n’è uno interiore e alla fine è quello che giochiamo davvero fino in fondo.

Come focalizzare la tua attenzione e come fidarti di te stesso è qualcosa che ha molto più valore che imparare a fare bene qualcosa. Timothy Gallwey

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro    

Oppure la  meditazione live del lunedì

in diretta alle 7.30 oppure in differita cliccando qui

© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale

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Scorrere come l’acqua

17/07/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

A volte ho l’impressione di portare uno zaino sulle spalle. Uno zaino con la mia storia. Anzi forse tutti portiamo uno zaino sulle spalle con dentro la nostra storia. È uno zaino che pesa e nel quale sono finite dentro cose che potremmo fare a meno di portare con noi. Cianfrusaglie di ricordi, biglietti di vecchi concerti. E poi quelle due o tre cose essenziali che non vorremmo mai dimenticare.

Come tutti gli zaini pesa ma, dopo un po’ non lo senti più. Torna a pesare quando qualcosa ti costringe a rovistarci dentro. Quello è un momento di svolta. Rovistando dentro infatti possiamo scegliere se continuare a tenere quel ricordo nello zaino o lasciarlo andare. Che non vuol dire dimenticare. Vuol dire piuttosto non coltivare le emozioni e le tensioni che quel ricordo attiva. Vuol dire prendere atto che ne è passata di acqua sotto i ponti e che, nel frattempo siamo cambiati. Forse vuol dire misurare la distanza tra allora e adesso. La nostra mente è associativa e quindi pesca vecchi ricordi, vecchie storie, un po come un jukebox. E, per un attimo, quel disco torna a suonare di nuovo. Le stesse tensioni nel corpo e nella mente. Che possiamo scegliere di lasciar andare.

Possiamo farlo portando un’attenzione sensoriale, non narrativa, che segua il flusso di continuo cambiamento della nostra percezione. Se rimaniamo in questa flessibilità del corpo, in questo continuo mutare delle percezioni, smettiamo di rinforzare la catena di associazioni attraverso i pensieri.

Possiamo così scegliere cosa mettere nello zaino, scoprire che più lo zaino è leggero e più noi siamo leggeri. Che più lasciamo scorrere e più siamo aperti a quella fresca novità del momento presente che ci aspetta, più siamo nel presente. Senza troppi pesi che ci aggrappano al passato.

Non è il passato che è un problema: lo è il modo con cui ci aggrappiamo, lo ripetiamo, lo rigurgitiamo, principalmente per dare a noi stessi un senso di consistenza e identità. Roger Housden

Pratica di mindfulness: [fblivevideoembed id=”1″]  oppure Be water

© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale

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Quando salta il tappo

10/07/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Ti è mai capitato di trovarti a saltare improvvisamente e passare così da uno stato di calma (apparente) ad una reazione intensa? Oppure di reagire senza capire bene perché ti succede?

Bene è qualcosa che è collegato con la consapevolezza: noi tendiamo a separare le esperienze (in termine tecnico si dice compartimentalizzare). Chiudiamo quello che ci sembra pericoloso per il nostro equilibrio in un cassetto. Lo facciamo così velocemente che spesso non ce ne rendiamo conto. poi succede un evento banale e il cassetto relativo – con tutto il contenuto annesso e connesso – si rovescia fuori all’istante. Lasciando noi per primi meravigliati. Non “sapevamo” di aver quella roba dentro. o almeno non credevamo fosse così forte. La forza in realtà è data da quanto immagazziniamo senza consapevolezza.

Quando pratichiamo impariamo a stabilizzare l’attenzione, a consolarci ma se pratichiamo sempre su un oggetto definito di attenzione non possiamo conoscere cosa sta nei nostri cassetti chiusi. Con la pratica di consapevolezza senza scelta è molto importante.  Ci insegna a stare davanti alla nostra vita in modo semplice e accurato nello stesso tempo. Per imparare a non chiudere nei cassetti e, soprattutto, per non saltare come mine quando vengono toccati certi argomenti.

Esplodere non serve: né a noi, né agli altri. Così ti invito a praticare la consapevolezza senza scelta con il video live su FB oppure con il file audio su Youtube.

Il mondo è buono malgrado tutte le evidenze contrarie. Roger Housden

© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale

 

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