
Quante volte ci capita di sapere perfettamente come fare qualcosa e di ritrovarci a farla diversamente da come sappiamo sarebbe, teoricamente, giusto? Sappiamo che quel passo in più è nocivo ma ce ne accorgiamo dopo averlo fatto perché la nostra memoria dell’esperienza ci spinge a ripetere la stessa azione, familiare. Questo succede tantissimo con la scelta del partner: siamo attratti da uno stesso tipo di partner. Sappiamo, in teoria, che non funziona. Che alla lunga saltano fuori sempre lo stesso tipo di problemi ma la memoria dell’esperienza ci spinge in una direzione familiare. Verso quella relazione che, poi, ci farà male.
In genere cerchiamo di uscire da queste situazioni facendoci, verbalmente, degli ammonimenti. “Stai attenta/o”, “Ricordati cos’è successo la volta scorsa”. E cose di questo genere. Che, puntualmente, non funzionano. Sono stati scritti libri sul perché fare così non funziona. Non pretendo di aggiungere una informazione nuova ma un’idea del perché non funziona, un po’ diversa dal solito, l’avrei.
Non funziona perché parliamo alla parte di noi che si infila nei guai come se fosse altro da noi. Come se fosse un fratello, sorella pasticcione e infantile. Anzi, di più: le parliamo come se fosse un po’ scema, minus habens. Non chiediamo mai a questa parte che cosa l’attrae dell’esperienza. Cosa cerca ripetendo quella situazione. E, soprattutto, dove vuole andare. Le diciamo cosa non fare ma non ascoltiamo cosa sta cercando e qual è la convinzione che sta dietro alla sua azione. Ci mettiamo nella situazione di parlare ad un sordo che non vuol sentire. Forse però, quel sordo vuol raccontare quello che ha in mente. E potremmo così iniziare a mettere insieme la memoria della teoria e la memoria dell’esperienza. Potremmo scoprire così che non c’è solo il gioco che vediamo esplicitamente ma che ce n’è uno interiore e alla fine è quello che giochiamo davvero fino in fondo.
Come focalizzare la tua attenzione e come fidarti di te stesso è qualcosa che ha molto più valore che imparare a fare bene qualcosa. Timothy Gallwey
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© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
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