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mindfulness 4 kids

Succubi dell’amore

20/10/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Impariamo ad amare nelle nostre relazioni familiari. Nel rapporto con i nostri genitori e con i nostri fratelli. Impariamo ad amare da bambini con i compagni di scuola e con gli amici di gioco. In questo corso intensivo di apprendimento all’amore ogni bambino vive sentimenti intensi perché prova emozioni di cui non ha la padronanza. Il senso di abbandono, di solitudine, la gelosia, il desiderio di attenzione, il desiderio di cura sono tutti ingredienti che entrano nella ricetta dell’amore. E, soprattutto, che entrano nelle nostre difese.

I bambini hanno una mente essenziale: se il mio amico non è più mio amico perché è arrivato in classe un altro bambino, la traduzione emotiva di questa esperienza può diventare “Tutti i bambini nuovi sono pericolosi”. Se la mamma esce dopo un rimprovero, la traduzione emotiva può diventare “Se sono cattivo mi abbandona”. Sono traduzioni emotive improprie perché prendono una singola esperienza e ne fanno una legge generale.

Man mano che cresciamo ampliamo queste traduzioni emotive e le rendiamo più ricche. Capiamo che le cose non sono semplici, che più elementi concorrono ad una situazione. Che le relazioni iniziano e finiscono e che questo è perfettamente normale.

Lo capiamo su quasi tutto perché poi, per ognuno di noi, rimane attiva almeno una traduzione emotiva impropria: quella che nella nostra infanzia ci ha fatto più paura. E così diventiamo succubi dell’amore. Succubi perché facciamo di tutto perché nella nostra relazione attuale non succeda di nuovo quello che temiamo. Siamo gelosi perché l’arrivo di un fratellino ci ha spodestato? Facciamo di tutto per non venire più spodestati dal cuore di chi amiamo. Tutto vuol dire che facciamo troppo. Accettiamo troppo, sopportiamo troppo e riduciamo la nostra vita e la nostra relazione ad un cassetto troppo piccolo per noi. E in questo modo rimaniamo intrappolati dalla nostra paura prima ancora che dalla relazione con l’altro. E la persona che amiamo diventa, a sua insaputa, attore di una commedia – o tragedia – scritta molti anni prima. È il momento di rinnovare il calendario degli spettacoli: ogni teatro lo fa. Facciamolo anche noi: quest’anno mettiamo in scena qualcosa di nuovo. Come fare? Basta lasciar andare e riconoscere e accettare la nostra paura più profonda. Se non ci ha uccisi da bambini non ci ucciderà di certo da adulti.

Se coltivi la consapevolezza non c’è una sola esperienza della tua vita che non possa insegnarti qualcosa, rispecchiando la tua mente e il tuo corpo. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: Cullare il cuore (File audio di pratica. Clicca sulle parole per ascoltarlo)

© Nicoletta Cinotti 2017 Il protocollo MBCT

Foto di ©paololongo48

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Uno schienale pret a porter

22/09/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

All’inizio dell’estate, quando ero nel pieno della preparazione del ritiro “Verso un’accettazione radicale” ho avuto un piccolo incidente. La cui conseguenza non è stata tanto piccola perché mi sono rotta una vertebra. Una vertebra pilastro del movimento tra la parte alta e la parte bassa del corpo. Una di quelle vertebre che uniscono la terra al cielo.

Mi è sembrata una sfida, proprio nel momento in cui stavo lavorando intimamente con l’accettazione, trovarmi con una frattura e con un busto, piuttosto vistoso e rigido, che doveva accompagnare ogni movimento. Potevo lasciarlo solo da sdraiata. La prima reazione è stata di stupore: ho capito subito di essermi fratturata e, nello stesso tempo, mi sembrava impossibile. La seconda reazione è stata di vergogna. La vergogna di dovermene andare in giro con un attrezzo vistosissimo – di quelli che attirano l’attenzione sia per forma che per rumore – la vergogna per la mia vulnerabilità. La vergogna per la mia schiena. Non è la prima volta che porto un busto: l’ho portato per molto tempo da bambina, nel tentativo di arrestare una scoliosi che, invece, ha fatto il suo corso. Mi vergognavo di non riuscire a giocare come gli altri. Mi vergognavo di essere rigida e di non riuscire a fare nulla bene se non studiare. Credo che la passione per lo studio sia nata lì: è piuttosto comodo studiare se hai un busto che ti tiene su: è come avere lo schienale del divano sempre con te. Uno schienale pret a porter.

Ho capito quanto la vergogna per la vulnerabilità giochi un ruolo centrale – almeno per me – nell’accettazione. Accetto più facilmente i problemi che vanno nella direzione dell’eroismo che quelli che vanno nella direzione della vulnerabilità. E qui, lo sapevo, un’altra persona non si sarebbe fratturata. Io mi fratturo perché le mie ossa sono fragili. Ho dato loro tutta la determinazione della mia mente ma rimangono fragili. Vorrei poter dire che non succederà più ma so che potrebbe ri-succedere. Malgrado tutta la cura che ho imparato a dare al corpo mio e altrui c’è una lezione che il corpo insegna – a volte duramente – la biologia ha un suo spazio e delle sue leggi. E la mente deve imparare a inchinarsi alle leggi della biologia. Sfidarle è una profonda non accettazione della verità delle cose.

Oggi, finita l’estate, lo devo lasciare. Devo togliere il busto e abbandonare il mio schienale pret a porter e, lo confesso, mi dispiace. Gli sono grata per il sostegno che mi ha dato. Il sollievo che mi ha offerto. La verità che mi ha insegnato e l’umiltà che ho praticato chiedendo alle persone, “Mi vieni a prendere per favore? Non posso guidare”

Inizia oggi la seconda edizione del ritiro “Verso un’accettazione radicale”. Molte persone sono rimaste in lista d’attesa ma questo ritiro verrà ripetuto ogni anno, perché non si finisce mai di imparare la direzione dell’accettazione

Pratica di mindfulness: Self compassion breathing

© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radiclae

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La ripetizione e la mente del principiante

14/03/2017 by nicoletta cinotti Lascia un commento

Per molte persone fare due volte la stessa cosa è un problema. Si annoiano, e tendono ad evitare la ripetizione. Eppure tutti noi – anche chi dice di annoiarsi facilmente – tendiamo ad essere ripetitivi, ossia ad avere abitudini che ci costringono, quasi senza che ce ne accorgiamo, ad una continua ripetizione.

Stessi gesti, oppure stesse risposte.

La noia che spesso sentiamo nella ripetizione è frutto delle nostre abitudini occulte, di quel ripetere – fuori dalla consapevolezza – lo stesso modo di stare nel mondo. E gli stessi pensieri.

Così dovremmo distinguere tra essere ripetitivi e ripetere un’esperienza.

Essere ripetitivi vuol dire avere pregiudizi, sostituire l’esperienza con gli stereotipi, giudicare prima di sapere, agire con il pilota automatico innescato. E spesso non proviamo noia per questo tipo di ripetizione: l’associamo alla forza perché nasce dall’attivarsi delle nostre difese, eterni guardiani della nostra ripetitività.

Ripetere un’esperienza più e più volte vuol dire invece andare in profondità, esplorare in tanti modi diversi, coltivare la mente del principiante, permettere che lo stupore diventi una parte della nostra vita quotidiana. Uno stupore che non è cercato dalla continua novità ma è costituito dal trovare la novità in ogni momento.

Poiché le abitudini ci permettono di delegare certe forme di pensiero al pilota automatico, il pensiero stesso diventa sempre più abitudinario. Certi pensieri si trasformano in abitudini. Pensieri come “Perché non ci riesco?”, “Cosa c’è che non va oggi?”o “Quello ce l’ha con me” possono diventare ritornelli che il pilota automatico innesta nella nostra testa con la stessa facilità con cui ci aiuta a lavarci i denti o a trovare la strada per raggiungere l’ufficio. Danny Penman

Pratica di mindfulness: Il panorama della mente

© Nicoletta Cinotti 2017 Risolversi a cominciare

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È più facile crescere bambini forti che riparare uomini rotti

23/09/2016 by nicoletta cinotti Lascia un commento

È più facile crescere bambini forti che riparare uomini rotti. Frederick Douglass

Tutti noi conosciamo l’importanza degli anni di crescita per la salute e la felicità adulta. Tutti noi conosciamo l’importanza delle emozioni nella crescita. Adesso sappiamo qualcosa in più: sappiamo che come impariamo a regolare le nostre emozioni nell’infanzia e nell’adolescenza determina la struttura della nostra mente.

Ecco perché stiamo dando tanta attenzione alla mindfulness in età evolutiva.

Mindfulness in Famiglia: Presentazione delle attività di mindfulness a Genova 1 Ottobre 2016 dalle 10 alle 12.  Se abiti a Levante di Genova non perdere la presentazione di Chiavari 8 Ottobre 2016 dalle 10 alle 12.

Programma Mindfulness per bambini dai 6 agli 11 anni. 1 sabato al mese per 8 mesi alla mattina. Sede di Genova

Programma Mindfulness per adolescenti 12 – 17. Otto settimane di programma da Lunedì 17 Ottobre dalle 17.30 alle 19.30. Incontro di presentazione Lunedì 3 Ottobre alle 17.30. Sede di Genova

Vuoi fare un’esperienza prima di decidere? Mindfulness 4 kids: giochi di mindfulness Sabato 1 Ottobre dalle 15 alle 17.30.

Vuoi informazioni? Compila questo form. Ti risponderemo al più presto!

Errore: Modulo di contatto non trovato.

© www.nicolettacinotti.net  www.mindfulnessinfamiglia.com Foto di ©kelly ishmael

 

 

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Sedersi con se stessi e regolare le proprie emozioni

25/06/2016 by nicoletta cinotti

Spesso tendiamo a compensare un senso di incertezza e precarietà creando una vita in cui praticamente tutto diventa “chissà cosa”. Visto che manca un senso appropriato del nostro valore intrinseco, sentiamo un bisogno di esagerare, di piegarci al rovescio, di analizzare eccessivamente.

Esagerare

Per esempio, nostro figlio prende i pidocchi e ci comportiamo come se fosse successo un maremoto. Si fanno un livido e corriamo a medicarlo, spesso esagerando. Prendono un brutto voto e partono le ripetizioni. Un altro bambino li picchia e siamo pronti a portare la sua famiglia in tribunale. Ci dicono una bugia e andiamo su tutte le furie. Si annoiano, allora compriamo loro più regali, regali il cui valore di intrattenimento sarà lo stesso – limitato – di quelli che hanno già. Compiono tredici anni e lanciamo su di loro un vestito da festa per un matrimonio.

Credendo che “di più” significhi “meglio”, che “più grande” significhi “più splendente”, che ciò che è costoso abbia valore, perdiamo la capacità di rispondere alla vita senza trasformarla in una maggiore produzione. Di conseguenza, i nostri figli crescono credendo che la vita vada vissuta in fretta e furia. Nella loro esistenza di tutti i giorni, la tragedia batte la semplicità, l’agitazione sconfigge la tranquillità. Crescono drogati da una vita di alti e bassi, incapaci di sopportare l’ordinario e con una prospettiva ridotta su come attingere gioia dal quotidiano.

Sedersi con se stessi

I bambini imparano chi sono e cosa davvero li fa divertire se hanno il permesso di sedersi con loro stessi. Sommersi da attività e sottoposti a lezioni su lezioni, come possono sperare di riconoscere la loro vera voce in mezzo al rumore di tutto questo “fare”?

Quando i bambini si annoiano diventano irritabili e difficili da accontentare, continuano a dire che si annoiano e che non hanno niente da fare. Il primo istinto è quello di metterli in salvo – e, nel contempo, salvare noi stessi! Non ci si aspetta che un “buon” genitore organizzi il tempo di suo figlio? Ma mentre facciamo piani per distrarli può anche arrivare l’intuizione: “Come imparerà a governare la sua noia se io la salvo tutte le volte?”

Regolare le proprie emozioni

I nostri figli sviluppano una solidità emotiva quando hanno a che fare con le loro emozioni senza l’assistenza di un aiuto esterno. Così dire “Va bene essere annoiati. Non c’è niente di male a sentirsi annoiati. Continua pure ad annoiarti”non è un dramma.

Possono rimanere delusi per un po’, guardarci come se fossimo matti ma dopo alcuni minuti possiamo trovarli che canticchiano con soddisfazione davanti alle bambole. Hanno imparato così a regolare un’emozione che non migliora con la sovrastimolazione: la noia. La nostra insoddisfazione infatti è strettamente correlata con un deficit di attenzione, con il cercare continuamente qualcosa di stimolante. Fermarci e sentire il presente è la migliore cura, sia per la noia che per la distrazione.

Rispondere con il corpo

Fantasiosi di natura, i bambini sanno rispondere alla realtà così com’è con il corpo, l’anima e lo spirito. Ai nostri figli basta una stanza vuota, la loro immaginazione, e un complice a disposizione. Non hanno bisogno di regali costosi e di una stanza piena di giochi, ma solo della loro creatività che nasce da un centro stabile. Una volta che sono a contatto con il loro centro, imparano ad essere felici con qualsiasi cosa hanno, accorgendosi che la contentezza non nasce dal di fuori, ma da cosa si trova all’interno di noi.

Osserva qualsiasi bimbo piccolo e proverai meraviglia della sua capacità di tirare fuori qualcosa dal niente – la sua capacità di trasformare una stanza vuota in una tela per le sue fantasie e convertire il più normale dei giorni in quello più magico. Aspettiamo con nostro figlio alla fermata del bus e in tempo zero stanno giocando al negozio, vendendo oggetti ai clienti immaginari. E noi, lì che ci agitiamo e faccio fumo, chiedendoci quand’è che arriverà il bus, incapaci di immaginare un’altra realtà al di là dello stato tormentato e ansioso. Andiamo a comprare le verdure, con la fretta di scegliere, impazienti di entrare e uscire fuori. E loro, invece, sono contenti di toccarle tutte. “Questo pomodoro è rotondo come le mie guance”, “e questa melanzana è fatta come le mie lacrime”. Come fanno a vedere solo possibilità, quando tutto ciò che noi vediamo è fatica e seccatura?

Interi mondi dentro di loro

I nostri figli a questa età sono veri pionieri, scultori, cantanti, attori, drammaturghi, parrucchieri, designer di moda, piloti di macchine da corsa. Sono chef, giardinieri, pittori e scienziati. Abitano interi mondi dentro di loro.  Cosa succede a questo potenziale creativo una volta che si scontrano con le scuole medie? Dov’è che si dissolve questa libera esplosione di magia in movimento? Quanto siamo responsabili di questa perdita?

Spazziamo via la capacità dei nostri figli di pensare l’impossibile in infiniti modi, più o meno sottili, limitandoli così a vivere in scatole che sono comode per noi. Ci diciamo che è per il loro bene, ma in realtà è per calmare la nostra ansia. Spazziamo via costantemente la loro percezione di una vita magica in nome della “realtà”. Alcune delle cose che diciamo loro:

-Non puoi fare il pilota di macchine da corsa, è troppo pericoloso

-Prima impara a stare fermo, poi penserai a fare lo scienziato

-Se non hai orecchio per la musica come fai a diventare un cantante?

-Recitare è per sognatori

-In questa famiglia non si diventa giardinieri

-Sei troppo bassa per fare la modella

-Penso che dovresti fare la maestra

-Penso che saresti un bravissimo dottore

Pieni di fiducia e liberi di volare

Quando i bimbi sono pieni di fiducia, vedono solo ricchezza, opportunità, espansione e avventura, hanno una fede immensa nella bontà dell’universo. E’ un nostro dovere spirituale consentire loro di alimentare e nutrire la loro capacità innata di rapportarsi alla vita. E’ troppo presto per scoppiare le loro bolle di sapone. Lasciamo che danzino senza preoccuparci della performance finale. Lasciamo che disegnino senza che interessi loro se il risultato è bello o brutto. Lasciamo che vadano a scuola senza essere ansiosi del voto che prendono, realizzando che se investiamo troppo sui voti o su quanto sono bravi in un determinato hobby, loro iniziano a perdere interesse sull’insegnamento e si focalizzano solo sulla perfezione del risultato. Lasciamoli volare con l’immaginazione senza dire loro che non sono pratici per farlo.

Detto questo, così come gli ormoni influenzano i bambini nell’utero, noi continuiamo a influenzarli con il nostro comportamento per tutta la vita. Per questo non esporre i bambini al nostro stress è un ottimo modo per educarli alla felicità. Non esporli non significa fare finta di essere calmi. Significa essere gli adulti che vorremmo che loro diventassero. Essere genitori consapevoli il prima possibile nella vita del bambino diventa davvero importante.

E qualsiasi passo verso la consapevolezza, non importa a che punto dello sviluppo del figlio, è meglio che niente.

In ogni occasione, incoraggiamo figli ad ascoltare la loro voce più intima, ad amare il processo dell’apprendimento, ad essere felici di padroneggiare una competenza, a festeggiare nel correre un rischio, a ridere di se stessi quando fanno degli errori. Questo è il modo in cui insegniamo loro a manifestare il loro vero potenziale creativo.

© Nicoletta Cinotti 2016 © Silvia Cappuccio 2016

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Lo shock di un figlio: 4 cambiamenti radicali

04/06/2016 by nicoletta cinotti

La nascita di un bambino rappresenta un punto di rottura rispetto al prima, una rivoluzione delle abitudini, una specie di shock. Diventare genitori è un passaggio solo lontanamente immaginabile prima che accada. La fame, il sonno, i pannolini e i pianti ci costringono fin da subito a rivedere completamente le nostre priorità, a regolarci su ritmi nuovi, che possono anche esasperarci. Qualsiasi fantasia si potesse avere inizialmente, viene spiazzata dalla realtà di quello che è e sarà sempre un segno indelebile nella nostra vita. Ma cosa cambia più di tutto? Si possono sfruttare questi cambiamenti radicali per stare meglio? Che opportunità ci sono dietro le nostre notti bianche?

Cambiare velocità – A ritmo con la vita

-Sono io!

-Io chi?

-Pinocchio.

-Chi Pinocchio?

-Il burattino, quello che sta in casa colla Fata.

-Ah, ho capito – disse la lumaca. – Aspettami costì, che ora scendo giù e ti apro subito.

-Spicciatevi, per carità, perché io muoio dal freddo.

-Ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.

Intanto passò un’ora, ne passarono due, e la porta non si apriva: per cui Pinocchio, che tremava dal freddo, dalla paura e dall’acqua che aveva addosso, si fece cuore e bussò una seconda volta, e bussò più forte.

A quel secondo colpo si aprì una finestra del piano di sotto e si affacciò la solita lumaca.

-Lumachina bella – gridò Pinocchio dalla strada – sono due ore che aspetto! E due ore, a questa serataccia, diventano più lunghe di due anni. Spicciatevi, per carità!

-Ragazzo mio – gli rispose dalla finestra quella bestiola tutta pace e tutta flemma – ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.

La fretta ci accompagna per gran parte del nostro tempo. Ci arrabbiamo se in coda prima di noi c’è una persona tarda a capire, o se in macchina qualcuno dorme al semaforo: ci arrabbiamo nel nostro pieno diritto ad avere fretta. Sembra qualcosa di naturale e inevitabile.

Eppure un figlio è in grado di far dimenticare la fretta. Si fa aspettare per quasi un anno prima di essere pronto per uscire, poi si fa aspettare per quasi un altro anno prima di iniziare a camminare… Ancora un altro per iniziare a parlare. E noi, in tutto questo tempo, non abbiamo nessuna fretta. Impariamo a stare nel ritmo naturale delle cose, così come sono, nel loro naturale progredire.

Il figlio è uno specchio della realtà così com’è, del momento presente da cui spesso siamo lontani.

La sua imprevedibilità costringe a vivere momento per momento, sincronizzandosi con i suoi bisogni.

Con un figlio possiamo non essere più “quelli al semaforo”, quelli di fretta, che pensano solo al futuro, a quello che li aspetta dopo, ma imparare a sincronizzarci con la realtà come ci si presenta.

Cambiare direzione – Essere presenti per qualcun altro

Nei primi tempi dopo la nascita di un figlio si vive in una sorta di simbiosi con lui, si sincronizzano i tempi e le abitudini. Si sincronizza il respiro, il battito, le nostre emozioni. Lo teniamo in braccio, e mentre ci occupiamo di dare conforto e nutrimento, di prenderci cura di lui, ci accorgiamo che quello che viene fuori è la nostra parte più umana e più profonda.

Abituati a essere concentrati su noi stessi, ad essere noi la nostra direzione, ci troviamo a doverci concentrare su “altro da noi” in un modo nuovo e quasi totalizzante. La nostra presenza è fondamentale, se non ci siamo fisicamente manca il nutrimento e manca quella sicurezza che servirà al figlio per poter sviluppare un senso di fiducia e sicurezza verso il mondo esterno.

Richiede impegno questo passaggio dall’essere altrove, distratti dalle nostre preoccupazioni, all’essere presenti per qualcun altro. Camminando per strada ogni tanto vedo dei bimbi sul passeggino, che si guardano intorno curiosi o annoiati mentre le mamme e i papà sono completamente assorti dai loro cellulari. Se quando il genitore è intento a chattare il figlio inizia a piangere o chiamare, è possibile che l’adulto si spazientisca, che reagisca d’impulso: la sua risposta non sarà davvero connessa alla domanda – “Ci sei?”-, ma a qualcosa d’altro. In quel momento c’è una disconnessione.

Saper rispondere a questo bisogno di essere presenti, e non solo reagire d’impulso quando viene richiamata la nostra attenzione, è alla base dell’empatia. E’ come essere pronti per l’altro, essere in ascolto.

Un figlio può davvero far cambiare direzione al nostro sguardo, spesso concentrato altrove e chiuso ad ogni imprevisto. Ci fa voltare verso di lui, non solo parzialmente, per entrare in contatto con il “dare” nel suo senso più autentico, con la nostra capacità più autentica di amare.

Cambiare linguaggio – La voce del corpo, i codici della fantasia

C’è un altro stravolgimento che la nascita di un figlio porta con sé. Nelle prime fasi della vita il rapporto è soprattutto fisico, il contatto è fondamentale. Il corpo e la comunicazione non verbale si trovano ad avere, come raramente accade, un ruolo chiave. Perché i bambini non imparano subito a usare le parole.

Così diventa importante, più delle parole che pronunciamo, come li abbracciamo, come li guardiamo, il modo in cui sorridiamo o facciamo loro il solletico, la calma che può infondere la nostra voce. Siccome siamo abituati a dare molta importanza alle parole, ci troviamo quasi a riscoprire un nuovo linguaggio.

Allo stesso modo, mano a mano che i bimbi crescono, impareremo a capire e parlare la loro lingua, mantenendoci sul loro stesso livello. Per esempio, usando il linguaggio della fantasia: facendo arrivare i nostri messaggi attraverso storie, personaggi fantastici, usando codici a loro familiari. Impareremo ad ascoltare le loro passioni e le loro sensibilità, a vedere la loro immaginazione come un aiuto in più per noi, anche per insegnare loro passaggi utili e quotidiani. Per comunicare in modo creativo con loro, come per riuscire ad andare oltre le parole,vengono prima di tutto l’ascolto e l’osservazione del mondo misterioso che portano con sé.

Cambiare intensità – la forza delle piccole cose

Per un bimbo è tutto radicalmente nuovo, un bimbo è in grado di renderti partecipe della novità di ogni cosa, così come della grandezza delle cose più piccole. Un sorriso, un gesto, acquistano un’intensità completamente diversa. Tutto ciò che consideriamo ovvio, un bambino lo deve ancora imparare.

Mi ricordo ancora una delle prime volte che assistetti mia cugina nel fare il bagnetto al suo bimbo. Quel giorno fui testimone di alcune piccole scoperte, o progressi importanti. Ricordo il mio grandissimo stupore nel vedere quella scena. Mia cugina chiedeva: “Ale, dov’è il piedino?”, e lui rispondeva sorridendo e toccandosi un piede. Chiedeva: “Ale, e l’orecchio? Dov’è l’orecchio?” E lui ci pensava un po’, poi si toccava l’orecchio. Lo trovai meraviglioso.

I bambini, con i loro tempi “da lumaca”, sono la prova vivente che niente si può dare per scontato.

Tutto è cambiamento

Ogni età porta con sé le sue sfide e i suoi cambiamenti. I primissimi sconvolgimenti – e insegnamenti – sono semplicemente i primi di un percorso unico e imprevedibile. I figli crescono, cambiano e ci trasformano. Iniziano ad esplorare la loro individualità. In poco tempo, dal soddisfare ogni bisogno, ci troviamo a dover fare i conti con ogni capriccio. Quegli esserini che dormivano sempre diventano vulcani di energie che non dormirebbero mai. Da lì in poi saranno sempre diverse le situazioni in cui imparare ad andare a ritmo con la vita, ad andare oltre noi stessi,  a imparare nuovi linguaggi e a riconoscere la grandezza di ciò che apparentemente è minuscolo.

E noi siamo chiamati a stare nel cambiamento, a riconoscerlo e a prenderne parte.

© Silvia Cappuccio 2016 tratto dathe conscious parent

Foto di ©simply.present ©redwaves ©Out of the Blue Photography

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