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Reaparenting

Errori magici

09/03/2021 by nicoletta cinotti

Anche se può sembrare strano non dovremmo rimuginare troppo sui nostri errori. Di fatto quando sbagliamo qualcosa la prima risposta è un sobbalzo e la seconda è incominciare a pensare a quello che abbiamo fatto e a quello che non avremmo dovuto fare. Succede perché entra in campo la più pestifera delle emozioni: la vergogna. Parlare della vergogna non è facile. Probabilmente la proviamo tutti ma cerchiamo di nasconderla. In genere proviamo vergogna quando qualcosa interrompe bruscamente una situazione piacevole (o una fantasia piacevole) e quindi la vergogna è successiva al senso di gioia ed eccitazione. Possiamo perdere entrambi o una sola delle due emozioni piacevoli. Di sicuro ci ritiriamo in un angolino del cuore e della mente.

Spesso l’ansia si accompagna alla vergogna e a volte è difficile distinguerle. Abbiamo più facilità a riconoscere di essere ansiosi che a riconoscere che è stata la vergogna per qualche errore del passato che ancora ci fa male e produce ansia. Può sembrare strano ma la cura per la vergogna è riconoscere di aver sbagliato. Sentire il dolore e il rimorso e avere uno spazio di conforto. Tre passi che, come anelli di una catena, ci aiutano ad uscire dalla tana della vergogna (È per questo che ieri ho messo il form di condivisione sugli errori: per fare il primo passo e sabato faremo il terzo) Non ci sono soluzioni che riparano gli errori passati se non quella di imparare da quello che è successo e non permettere che la vergogna paralizzi le nostre possibilità di apprendimento.

Il vero danno della vergogna è che paralizza la nostra curiosità: non ci ri-mettiamo in gioco e in questo modo finiamo per non darci la possibilità di avere un’esperienza diversa. Eppure sbagliare è l’unico modo che abbiamo per imparare. Sbagliare è la nobile arte dell’apprendimento.

La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta. Frase attribuita a Confucio

Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/mindfulness-e-psicoterapia-formazione-in-reparenting/

 

Archiviato in:Mindful Self Compassion, Reaparenting Contrassegnato con: accettazione, amore, Bioenergetica e Mindfulness Centro Studi, emozioni, meditazione di consapevolezza, Nicoletta Cinotti, nicoletta cinotti blog, pratica di mindfulness, protocollo di mindfulness interpersonale, ritiri di mindfulness e bioenergetica

Errori magici

08/03/2021 by nicoletta cinotti

Nell’ultimo mese ho ascoltato spesso dei podcast. In particolare ho ascoltato “Donne del futuro”, un podcast condotto dallo scorso Novembre da Maria Latella per il Sole 24ore. È una serie di interviste a donne, tutte sotto i quarant’anni, che sono top manager di aziende internazionali e nazionali. Donne che ce l’hanno fatta. Molte di loro partendo da condizioni di assoluto vantaggio culturale. La domanda più bella di queste interviste – tutte interessanti – è quella sugli errori. Da quali errori hai imparato di più e cosa hai imparato, chiede quasi alla fine dell’intervista maria Latella

Una domanda fondamentale perché le donne non si perdonano gli errori e spesso rimangono con un sottofondo di critica.  Tutti possono sbagliare meno noi.Le risposte sono tutte interessanti. Forse la più interessante è quella di Alessandra Montrasio che, una volta al mese, tiene un incontro di storytelling proprio sugli errori, invitando un personaggio famoso a raccontare il suo “errore magico”, quello da cui ha imparato di più.

Il mio errore magico è essere convinta di non aver studiato abbastanza, di non sapere abbastanza, di non essere abbastanza pronta. Un errore che mi ha insegnato ad essere umile, e di questo gliene sono grata. Un errore che non mi consente riposo e per questo ho deciso di darmi compassione. Ti invito a farlo anche tu, rispetto ai tuoi errori. Sia quelli magici, dai quali hai imparato molto, che quelli che, invece, fai fatica a perdonarti.

Partecipa al mio sondaggio. Compila questo modulo (Clicca sulle parole in grassetto) perché condividere è un modo per smitizzare la vergogna legata agli errori. Le tue risposte rimarranno anonime ma tu saprai di aver condiviso, un modo per dirti, che puoi iniziare a perdonarti.

Puoi svalutarmi nella storia
Con le tue amare, contorte bugie,
Puoi schiacciarmi a fondo nello sporco
Ma ancora, come la polvere, mi solleverò

La mia impertinenza ti infastidisce?
Perché sei così coperto di oscurità?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
Che pompano nel mio soggiorno

Proprio come le lune e come i soli,
Con la certezza delle maree,
Proprio come le speranze che si librano alte,
Ancora mi solleverò

Volevi vedermi distrutta?
Testa china ed occhi bassi?
Spalle che cadono come lacrime,
Indebolita dai miei pianti di dolore.

La mia arroganza ti offende?
Non prenderla troppo male
Perché io rido come se avessi miniere d’oro
Scavate nel mio giardino

Puoi spararmi con le tue parole,
Puoi tagliarmi coi tuoi occhi,
Puoi uccidermi con il tuo odio,
Ma ancora, come l’aria, mi solleverò. Un estratto da Mi solleverò di Maya Angelou

Pratica di mindfulness: Be water

© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/mindfulness-e-psicoterapia-formazione-in-reparenting/

 

 

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Ansia, coraggio e intenzione

05/03/2021 by nicoletta cinotti

Durante i protocolli, e non solo, accade abbastanza spesso che le persone ad un certo punto mi rivelino, con un po’ di imbarazzo, che non riescono ad essere fedeli alla pratica. Oppure che mi confessino che fanno cose che sanno benissimo che sono dannose per la loro salute o per la loro vita. Ovviamente tutto questo è confidato con un tono di rimprovero e di auto-svalutazione. A volte questa diventa la ragione per cui alcune persone arrivano alla conclusione di non essere adatte alla pratica di Mindfulness. Raramente però mi parlano della vera ragione per cui evitano la pratica o evitano cose che le fanno stare bene. Perché non siamo abituati a dare nome all’ansia. Siamo più abituati ad identificarci con i comportamenti di evitamento che stanno dietro all’ansia. Ad usarli come attacchi contro di noi, a rimproverarci senza compassione né comprensione. Più abituati alla critica che a dire, semplicemente, la verità. E la verità è sempre semplice, soprattutto quando è nuda e cruda: abbiamo paura.

Paura di cambiare, paura di uscire dalla nostra comfort zone, paura di guardare dentro, una paura simile alla paura del buio che avevamo da bambini.

Tranquilli, non stiamo evitando di praticare perché siamo cattivi soggetti, resistenti a qualsiasi forma di cura. Evitiamo di praticare perché abbiamo paura e più siamo a disagio, più abbiamo paura di fermarci e guardare cosa succede. Siamo organizzati per sopravvivere prima ancora che per essere felici. Quando c’è un rivolo di paura evitiamo, scappiamo e ci confortiamo con i nostri soliti mezzi impropri. Basta riconoscerlo perché la paura svanisca. Pema Chödrön dice spesso che ci vuole coraggio per sedersi su un cuscino e guardare le cose così come sono. Per questo definisce il sentiero della meditazione il sentiero dei “senza paura”. Che non significa non avere paura. Significa non lasciarsi dominare da questo sentimento. Anche perché più scappiamo e più scapperemo. Più scappiamo e più avremo paura.

Molti anni fa tornavo da scuola a piedi facendo un sentiero nel bosco. Non era un sentiero molto frequentato. Ad un certo punto iniziò a seguirmi un cane. Io mi misi a correre, spaventata. E lui iniziò a corrermi dietro abbaiando. Era un cane piccolo ma anch’io ero piccola. Dopo qualche centinaia di metri di corsa mi resi conto che non riuscivo a tenere la distanza, che era sempre più vicino. E feci la cosa più assurda del mondo. Mi girai e iniziai a corrergli incontro urlando. A dire la verità facevamo entrambi un gran baccano perché lui abbaiava e io urlavo (meno male che eravamo in un bosco). E lì successe una cosa che non dimenticherò mai. Una delle migliori lezioni della mia vita, nata non si sa da quale intuizione. Il cane si spaventò (almeno credo), invertì la corsa e iniziò a scappare tornando indietro. Per un breve tratto fui io ad inseguire il cane. Non ho mai riso così di gusto. Oggi, tutte le volte che ho paura – e non è un sentimento raro – mi ricordo di quel volpino e faccio la stessa cosa. Corro incontro alla mia paura e non ho ancora trovato sistema migliore per ridimensionarla. Metto una mano sul cuore e la guardo. Tanto ho capito che dalla paura non si può scappare. Non è qualcosa che è fuori. è qualcosa che è dentro.

Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo.Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.

Attraversarlo, un passo dopo l’altro. Non troverai sole né luna, nessuna direzione, e forse nemmeno il tempo. Soltanto una sabbia bianca, finissima, come fosse fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo. Devi immaginare questa tempesta di sabbia. Haruki Murakami

Pratica di mindfulness. La meditazione del fiume

© Nicoletta Cinotti 2021 Un cuore coraggioso

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/un-cuore-coraggioso-ritiro-di-bioenergetica-e-self-compassion/

 

Archiviato in:mindfulness continuum, Protocollo MBCT, Reaparenting

Duro fuori, morbido dentro

01/03/2021 by nicoletta cinotti

Molto recentemente ho fatto una piccola scoperta rispetto alla rabbia. In genere non sono facile all’ira ma quando mi fanno male posso avere una reazione rabbiosa che scatta quasi prima che ne possa essere consapevole. Questo non è strano perché la rabbia è un’emozione difensiva molto veloce.

La scoperta però non è questa. Mi sono accorta che quando mi arrabbio è come se la parte esterna di me diventasse dura, tonica (o iper tonica) per proteggere il nucleo interno, la parte che ha sofferto. Posso parlare direttamente a questo nucleo morbido senza pretendere che la durezza esterna si allenti. Posso saltare direttamente a quella parte interiore e chiederle di che cosa ha bisogno ma, soprattutto, di che cosa ha bisogno per essere felice. Così posso passare dalla rabbia ad un senso di apertura. La parte esterna si ammorbidisce e si rilassa. Questo avviene ogni volta che trovo le parole giuste per parlare a quel nucleo morbido e vulnerabile. Se provo a raggiungerlo dall’esterno, ammorbidendo la corazza, esercito molto più sforzo e intenzionalità. Le parole giuste invece mi permettono di fare un salto e andare al cuore del problema. Allora lì ho fatto la seconda scoperta, quella più intima.

Ho scoperto che quando qualcuno mi fa male si risveglia un vecchio, vecchissimo dubbio – sembra che sia un dubbio che molte persone hanno – sarà sincero l’amore che gli altri mi dichiarano? Sarà vero che mi amano? Sarò amabile e amata? Dubbi – bambini, che hanno il sapore delle ginocchia sbucciate, del pane e marmellata, della mamma arrabbiata. A volte la distanza tra la corazza esterna e questo nucleo interno morbido è così grande che possiamo rimanere sorpresi dalla differenza che c’è tra una parte e l’altra di noi. Feriti dalla differenza che c’è tra una parte e l’altra della persona che ci ha ferito. Siamo double-face non perché siamo menzogneri ma perché coesistono in noi luoghi diversi.

Sono passati così tanti anni dalla mia infanzia. Sono passati così tanti anni dalla nostra infanzia ma il nucleo morbido non invecchia mai. È quel nucleo morbido che fa chiamare la mamma negli ultimi respiri. Quello che fa tornare bambini quando si invecchia. Chissà perché rimane dentro di noi? Forse, mi sono detta, è li che torniamo ogni volta che si sveglia la mente del principiante. È lì che torniamo quando impariamo qualcosa. In quel luogo fuori dal tempo dove crescere non vuol dire invecchiare ma imparare. Forse quello è lo spazio dove coincidono tutti i nostri luoghi.

…per vedere se appaio ancora se appaio ancora
se riappariamo entrambi tenendoci per mano
nello spazio
dove coincidono
tutti i nostri luoghi. Oscar Hahn

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro oppure la meditazione delle 8 su Facebook

© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves. Ritiro a Casa Cares

https://www.nicolettacinotti.net/eventi/mindfulness-e-psicoterapia-formazione-in-reparenting/

Archiviato in:mindfulness continuum, Reaparenting

La storia del rubinetto

24/02/2021 by nicoletta cinotti

Tutti noi abbiamo rubinetti in casa. Li apriamo e chiudiamo mille volte. Ci sembra che sia la cosa migliore del mondo avere la possibilità di aprire e chiudere secondo il nostro bisogno. Se un rubinetto perde capiamo subito che dobbiamo intervenite. Cerchiamo di chiuderlo meglio e, se proprio non riusciamo, chiamiamo qualcuno per aggiustarlo.

Essere ansiosi è come avere un rubinetto che perde.

Quando un rubinetto perde quella goccia cattura tutta l’attenzione. Stessa cosa con l’ansia. La nostra attenzione viene catturata e diventa autocritica. “Non dovrei sentirmi così….il fatto che provo ansia dimostra che sono debole”…Facciamo una cosa paradossale. Proviamo un’emozione e invece che intervenire sull’emozione ci attacchiamo e svalutiamo perché la proviamo. Come dire che il rubinetto perde e quindi cambio casa.

Provare ansia è normale e utile in molte situazioni. L’ansia infatti attiva le nostre risorse quando è usata a scopo protettivo. Inevitabile in altre: difficile non provare ansia per un esame o per un impegno difficile e importante. Il 90% del danno legato all’ansia è dovuto all’attacco che facciamo a noi stessi con la critica. Ci critichiamo perché proviamo quello che proviamo. Ci critichiamo perché siamo ansiosi e lottiamo per mandare via questa emozione perché la riteniamo sbagliata. Basterebbe dirsi “Va bene così, posso aprirmi anche con questa esperienza” e aprire l’attenzione al mondo circostante, ai suoni, alla luce. Guardare la stanza attorno a noi. Espandere la nostra attenzione che, con l’ansia, diventa concentrata su un mondo troppo piccolo: il nostro sintomo. Basterebbe separare noi stessi dall’ansia che proviamo. Non trasformarla in un tratto caratteriale, in una caratteristica di personalità. Non siamo la nostra ansia, l’ansia è una emozione mutevole come tutte le emozioni. Se smettessimo di attaccarci perché la proviamo e di cercare, in modo improprio, di ridurne l’intensità, l’ansia tornerebbe ad essere quello che è: un rubinetto che possiamo aprire e chiudere. Un rubinetto che a volte gocciola perché non l’abbiamo chiuso bene. I rubinetti si chiudono bene quando onoriamo con l’attenzione i micro momenti di appagamento della nostra vita.

Una mattina ci sveglieremo e avremo smarrito tutte le nostre teorie sul perché e sul per come e a chi, avremo ingannato tutte le cronologie del quando, e tutti i piani dei cosa, e non balzeremo subito a scrivere nuove teorie. Rosemerry W. Trommer, Citato in Germer C., Neff K

Pratica di mindfulness. Addolcire, confortarsi, aprire

© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves

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Crudele non è una parola straniera

19/02/2021 by nicoletta cinotti

Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perché parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso. Brano di una poesia di Federico Garcia Lorca

Ogni tanto rileggo questa poesia. Mi colpisce perché è così incisiva. Mi colpisce perché dice qualcosa che conosco sulla pelle, “tratto crudelmente il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso“. L’ho visto infinite volte. L’ho ascoltato nelle battute ironiche che le persone fanno su di sé. L’ho ascoltato nella mia voce autocritica che si mette sempre dalla prospettiva del giudice. L’ho fatto ogni volta che non ho ascoltato la mia stanchezza per qualche misteriosa ragione d’ambizione o di generosità.

La generosità – qualità così nobile e umana – è, per me come per molte donne, una delle fonti più radicate di crudeltà nei confronti di me stessa. Dichiaro che l’altro, o quello che è altro da me, vale di più, conta di più fino ad essere un modo per rinnegare noi stessi. Ma non è solo questa la crudeltà. Crudeltà più grande è quella distanza che prendiamo, vestendoci di superiorità, nei confronti della nostra parte perdente. La nascondiamo dietro la perfezione, la richiesta inarrivabile, gli standard elevati. La nascondiamo non per metterla al sicuro, non per curarla, non per proteggerla. la nascondiamo per la più crudele delle ragioni. Ce ne vergogniamo. Invece che essere un genitore affettuoso diventiamo un genitore narcisista. Così, come dice il poeta, parliamo stupidamente per non dire l’unica verità che avrebbe bisogno di essere ascoltata. Ne facciamo un dramma quando potrebbe essere solo un atto della commedia della vita. Ironizziamo su di noi invece che riderci su. E la differenza la fa quanto è aperto il cuore. Quando ironizziamo è chiuso, quando ci ridiamo su è sollevato. Così oggi ti auguro di sollevare il cuore, di trasformare la crudeltà in tenerezza e l’ironia in sorriso.

Pratica del giorno: Self compassion breathing

© Nicoletta Cinotti 2021

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