
Molta della nostra sofferenza si chiama delusione. È una sofferenza che in genere è associata alla ripetizione di episodi simili e ogni goccia di delusione la riaccende e l’appesantisce un po’ fino a renderla, talvolta, così intensa da provocare un vero e proprio ritiro.
Anche senza arrivare al ritiro, la delusione colpisce sempre la nostra fiducia, verso quella specifica persona ma anche, e soprattutto, verso gli altri in generale. Il danno che produce quindi è molto grande perché indebolisce il senso di legame e connessione con gli altri. Qualche volta pensiamo di curarla cercando persone diverse, migliori.
L’interruttore della delusione non è all’esterno ma dentro di noi e risiede nella nostra tendenza ad illudersi e nella nostra vulnerabilità alla noia. La noia infatti nasconde la delusione per una vita che vorremmo sempre con i fuochi artificiali e, a volte, è solo una timida fiammella.
L’interruttore della delusione e della noia non è fuori di noi: è la nostra tendenza ad illuderci, la nostra credenza in un mondo giusto, in persone solo buone e belle, in attività solo eccitanti e gratificanti che l’accende. E quell’interruttore possiamo riconoscerlo e spegnerlo solo noi. Quell’interruttore ha un nome la cui dimensione non è né piccola né grande; né buona né cattiva; né giusto né ingiusto. Si chiama realtà.
La vitale energia che sta nel fidarsi di ciò che emerge, può sollevarci dal nostro torpore, rivelare la contingenza di tutte le cose e forse può far svanire la noia con la spada della saggia incertezza. Gregory Kramer
Pratica di mindfulness: Il panorama della mente
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©jl.cernadas
Lascia un commento