Il movimento è la parte espressiva del linguaggio del corpo. Così, come abbiamo bisogno di portare la consapevolezza all’uso delle parole, abbiamo bisogno di portare la stessa consapevolezza ai movimenti del corpo. Perché, attraverso il corpo e le sue percezioni, siamo nel flusso di dialogo tra noi e il mondo. Solo se lasciamo che la nostra consapevolezza integri e si espanda su entrambi questi piani possiamo dire di essere presenti e di conoscere chi siamo.
Se scegliamo solo uno di questi linguaggi – solo il linguaggio del corpo o solo il linguaggio delle parole – rimaniamo privati della ricchezza della nostra presenza nel mondo. Non sono due registri separati, in cui prima parla uno e poi l’altro. Sono due aspetti in continua interazione. Una interazione il cui prodotto è la sensazione di esistere e di essere conosciuti e compresi. Conosciuti e compresi prima di tutto da noi stessi.
Se i segnali del corpo rimangono misteriosi entriamo nell’inquietudine, proprio come le parole non comprese ci suscitano ansia. Perché abbiamo fame di questa integrazione e l’ansia e l’irrequietezza sono i segnali di questa fame. Una fame di significato.
Si provi ad immaginare una freccia senza punta e si avrà idea di ciò che è il corpo con le sue sensazioni senza una testa che possa tradurle efficacemente in azione. Non dimentichiamo però che una punta di freccia senza asta, o un io senza corpo, è un relitto di ciò che una volta era una forza vitale. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: Il panorama della mente
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Könrad
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