
Siamo da pochi giorni entrati nella primavera. Abbiamo già sentito l’allungarsi delle ore di sole, le prime fioriture, i raggi più caldi del sole, le prime passeggiate in spiaggia.Amiamo la primavera perché è una promessa rispetto all’inizio di qualcosa di nuovo.
Una promessa di quello che potremo fare nelle vacanze e, forse un anticipo di vacanze.
Amiamo la primavera perché ci fa lasciare alle spalle il peso del freddo inverno e ci ricorda che è sempre possibile cambiare.Che è sempre possibile iniziare qualcosa di nuovo e lasciar andare qualcosa di vecchio.
“Solo chi ha la forza di scrivere la parola fine può scrivere la parola inizio”. Lao Tzu
Per iniziare qualcosa di nuovo abbiamo bisogno di lasciar andare qualcosa di vecchio: di concluderlo o di accettare che quello che era possibile è già stato fatto. Può darsi che non sia esattamente quello che volevamo ma se non lo lasciamo andare ci sarà molto difficile avere le energie per aprirsi alla novità. Questa è una delle ragioni che rende il cambiamento difficile e una delle spinte che la primavera sollecita.
La tendenza ad aggrapparsi allo stato di benessere o ad un ideale porta ad entrare in allarme quando la realtà differisce dalle nostre aspettative oppure ci spinge ad evitare le situazioni che producono emozioni negative e turbamento, finendo però in questo modo per restringere moltissimo il campo della nostra esperienza. Ci aggrappiamo ad un piacere che, con il tempo, diventa sempre meno piacevole e sempre più grigio per sfuggire alla nostra paura del cambiamento.
Cosa ci insegna la primavera sul cambiamento?
Il cambiamento della primavera è una piccola sorpresa: bastano pochi giorni e quello che sembrava fermo, prende vita e fiorisce quasi improvvisamente. Spesso il cambiamento è così: ci coglie alla sprovvista quando non siamo stati noi a deciderlo.
Quando avviene senza la nostra volontà è più semplice. Anche noi abbiamo aree della nostra vita in cui vorremmo portare delle novità e il modo – improvviso – con cui arriva la primavera ci apre alla fiducia che questo possa essere contagioso. È la stagione dei buoni propositi che passano all’azione. Forse nel freddo inverno abbiamo trascurato qualcosa e la vitalità della primavera ci aiuta a riattivarli.
Ciò che cresce porta nuova energia e richiede tutta la nostra attenzione e vitalità. Per questa ragione, a volte, la primavera può essere anche difficile. Ci rende un po’ bipolari, con improvvisi sbalzi d’umore e un’alternanza tra scoppi d’energia, pigrizia e demotivazione. Tanto che, per alcune persone, la primavera è anche la stagione più faticosa dell’anno.
Se cambiare quando non dipende da noi può esseer facile e avventuroso, quando siamo noi a dover decidere qualcosa può diventare insolitamente difficile.
Un ciliegio non ha paura di fiorire. Noi sì.
Uscire dal letargo
È a questo punto che possiamo nasconderci dietro al rimandare, dietro all’evitamento. Sia rimandare che evitare ci portano a vivere in una specie di torpore che assomiglia al letargo ma, quando arriva la primavera, che senso ha rimanere in letargo?
Ogni essere vivente attraversa fasi in cui funziona con meno vigore: per noi la procrastinazione, l’evitamento, il rimandare possono essere queste fasi. Sono fisiologiche, magari abbiamo bisogno di un riposo riparativo. Magari abbiamo bisogno di riprendere le forze ma se rimaniamo troppo a lungo nella stessa situazione il letargo di trasforma in stagnazione e quella perdita di vitalità diventa una perdita di colore della nostra vita.
In questi casi il sentimento dominante diventa la paura e abbiamo bisogno di riti di passaggio per uscire dalla paura. Riti di passaggio che possono essere riassunti in tre fasi:1) affrontare sé stessi allo specchio; 2) riconoscere le proprie risorse; 3) trasformare la pigrizia in azione.
Affrontare se stessi allo specchio
Alla fine quello che evitiamo è guardarsi allo specchio. Abbiamo paura di vedere i nostri limiti e in questo modo perdiamo la possibilità di vedere chi siamo davvero. A volte abbiamo paura di fare i conti con gli errori del passato. Altre volte di scoprire che non riusciamo ad imparare. In verità quando mettiamo i piedi nel fiume non ci sono più problemi. Affrontare se stessi è un’esperienza che ci restituisce un’immagine migliore di quella che pensavamo. Soprattutto se ci decidiamo a lasciar andare la nostra tendenza a pensare che un ideale sia la migliore soluzione per vivere. L’ideale che abbiamo è la migliore soluzione per svalutarsi.

Riconoscere le proprie risorse
Quando ci affrontiamo con onestà possiamo scoprire quali sono le nostre vere risorse. Le nostre capacità nascoste. Quelle che copriamo per paura di vedere chi siamo. Le nostre risorse nascono dalla connessione con la mente originaria. Una connessione che è possibile ristabilendo la calma, la quiete dalla quale nascono le giuste azioni. Il risveglio della primavera non è buttarsi a caso in qualcosa di nuovo: è sentire che cosa vogliamo sia il nuovo nella nostra vita e lasciare che questa spinta si concretizzi. Non vuol dire diventare impulsivi. Anzi, vuol dire lasciare che fiorisca la giusta azione.
[box] Puoi avere la pazienza di aspettare che il fango si depositi e l’acqua torni chiara? Puoi rimanere immobile fino a che non sorge la giusta azione? Lao Tzu[/box]
Non possiamo pensare però di riconoscere le nostre risorse se rimaniamo nascosti a noi stessi per coprire i nostri errori. Ecco quindi che lo svelamento della verità è il primo passo e solo dopo che l’abbiamo compiuto siamo pronti al passo successivo: nutrirsi con le nostre qualità.
Trasformare la pigrizia in azione
C’è un momento in cui l’azione ha inizio: se nel nostro corpo c’è troppa stagnazione questo inizio naturale risulta ritardato dal trattenimento.
Possiamo trattenere perché siamo abituati a tenere dentro. Trattenere perché siamo abituati a tenerci al di sopra delle esperienze difficili. Trattenere perché siamo abituati a tirarci indietro rispetto al flusso dell’azione. Tutte queste forme di trattenimento alimentano la pigrizia e rendono stagnante la nostra energia.
Insomma uscire dal letargo è la cosa più naturale che sia ma se leggiamo il processo nei singoli passaggi ci rendiamo conto di quante volte corriamo il rischio di fermarci. Perché abbiamo paura di vivere e abbiamo paura della nostra grandezza
[box] Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all’altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d’ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.[/box]
Il ritiro è un rito di passaggio
Quando vogliamo favorire il cambiamento abbiamo bisogno di riti di passaggio. Un ritiro di meditazione ha proprio questa funzione.Un rito di passaggio è una pratica che segna il cambiamento di un individuo da uno status socio-culturale ad un altro, da una situazione emotiva ad un’altra. Da un passato ad un presente nuovo. Spesso viene affrontato attraverso una sorta di iniziazione. Nella nostra cultura non abbiamo più veri e propri riti di iniziazione anche se, ovviamente, abbiamo anche noi molti momenti di transizione come ci insegna la primavera. Possono essere momenti stagionali di transizione o momenti di vita che segnano il passaggio da una situazione all’altra. I riti di passaggio permettono di legare la nostra storia a quella di altre persone. Permettono di ri-scoprire la nostra comune identità.

Permettono di comprendere che le difficoltà ci appartengono ma ci appartiene anche il coraggio, la nobiltà e la dignità. Ci chiedono di sapere dove vogliamo andare e tutta la nostra tribù ci accompagna e sostiene.
Arnold Van Gennep identifica tre fasi: uscire dal gruppo, isolamento e solitudine, tornare in un nuovo gruppo o tornare nuovi alla propria vita.
Spesso queste tre fasi sono quelle che attraversiamo quando avviene in noi un cambiamento e una crescita. Ci separiamo da qualcuno o qualcosa, passiamo un periodo di solitudine e poi costruiamo qualcosa di nuovo.
I ritiri di meditazione
Queste tre fasi sono presenti anche nei ritiri di meditazione: ci stacchiamo, lasciamo i nostri luoghi abituali per andare in un luogo altro, dove, con un gruppo di persone che condividono la nostra stessa esperienza, ci “isoliamo”, per poi tornare, diversi, ad una nuova aggregazione. Quella del nostro quotidiano. Non credo che sia possibile rinunciare a queste tre fasi dell’iniziazione: possiamo cambiare la forma ma ci è necessario separarci, isolarci per poi, infine, tornare alla socialità.
Qualcosa che ci rende grandi
Iniziare qualcosa di nuovo ci rende grandi. Indipendentemente da cosa iniziamo. Perché dichiariamo che siamo in grado di creare una novità, una discontinuità con il passato. Non permettiamo che la paura di vivere ci tolga questa opportunità!
La paura di vivere è quello spavento che ci coglie ogni volta che ci troviamo di fronte a “qualcosa che ci rende grandi”.È la paura di crescere e diventare chi siamo veramente. Vuol dire realizzare noi stessi, compiere quell’impresa che rende più significativa la nostra vita e che ci permette di sentirci vivi e padroni di se. Ecco perché risolversi a cominciare è la più nobile delle azioni: una volta iniziato basterà seguire il flusso. Ma aver iniziato avrà voluto dire essere stati in grado di sorridere alla paura.
© Nicoletta Cinotti 2023
https://www.nicolettacinotti.net/eventi/be-real-not-perfect-crescita-e-cambiamento/