
Stavo conducendo una giornata di meditazione intensiva a Boston. Dopo aver studiato gli insegnamenti Buddhisti e aver parlato di come applicarli nelle nostre vite, ho invitato i partecipanti a scrivere in modo anonimo qualcosa con cui si tormentavano.
I foglietti vennero messi in una ciotola a dozzine e, uno a uno, vennero estratti perché queste domande potessero esser lette ad alta voce, divenendo materiale di contemplazione per il gruppo. Ce ne fu una che mi fermò il cuore. Non scorderò mai la prima volta in cui la vidi.
“Il mio ragazzo non mi ha mai detto che mi ama. Mi sento indegna di essere amata. Che cosa posso fare?”
Per questa situazione specifica il gruppo diede moltissimi e saggi insegnamenti. Questa domanda però, restò a tormentarmi nelle settimane a venire. Ero in viaggio per uno dei miei libri – presso centri di meditazione, comunità yoga, università, librerie, ovunque. Più mi spostavo e più entravo in contatto con varianti di questo stesso tema.
“Non credo troverò mai qualcuno che possa amarmi per come sono”.
“Se io non riesco ad amarmi, come posso pretendere che qualcun altro lo faccia?”.
“Perché sono single? Ho qualcosa che non va?”
Nella società consumistica in cui viviamo ci viene spesso insegnato che abbiamo qualcosa che non quadra. E poi, ci vengono proposte le buone notizie: c’è qualche cosa che possiamo comprare o che possiamo ottenere, di esterno a noi stessi, che ci aggiusterà. Anziché abbracciare chi siamo, ci ritroviamo a dar retta ai sussurri della società che ci dicono che non siamo abbastanza buoni, sufficientemente amabili o desiderabili. Ci viene detto che ci servono cose per scalare la piramide del successo e che solo quando saranno in nostro possesso saremo felici. Ci viene detto che, per liberarci da questa sensazione di sofferenza, dobbiamo diventare diversi da quelli che siamo realmente in questo momento. In realtà non è proprio così. Da un punto di vista Buddhista, ci sono delle vere buone notizie. Non serve nulla di esterno per essere amabili. Siamo perfetti e innatamente degni di amore proprio così come siamo.
Quando il Buddha si sedette a meditare sotto l’albero della bodhi 2600 anni fa, non si mise lì per escogitare un piano su come diventare diverso da sé stesso. Riconobbe che stava soffrendo e che voleva fare qualcosa al riguardo. Iniziò una semplice pratica meditativa per iniziare a contemplare quella sofferenza. Più la osservava, più realizzava che alla sua base non c’era niente di “incasinato”, niente di sbagliato. Era fondamentalmente buono e fondamentalmente risvegliato. E non è solo. Anche noi abbiamo questa potenzialità. È come un diamante sepolto dalla polvere, è comunque lì, dobbiamo solo scoprirlo.
Quando parliamo del Buddha c’è una parola in Sanscrito che viene spesso usata: lui è il Tathagata. Tathagata può esser tradotto come Buddha, ma in maniera più diretta anche come “il Risvegliato”. Ma a cosa si è risvegliato il Buddha? Si è risvegliato alla sua natura indistruttibile. Ha svegliato la sua mente e il suo cuore con pienezza e si è risvegliato alla realtà così come è, piuttosto che così come l’avrebbe voluta o così come soleva essere. Quando si parla di meditazione ed illuminazione si parla di questo. Parliamo di come possiamo seguire i passi del Buddha, diventando più presenti e svegli sul cuscino e nella vita di tutti i giorni.
Una delle cose che il Buddha scoprì era che non doveva più raccontarsela. Vide la realtà per quello che era e fu in grado di lavorare con le persone e le situazioni in maniera diretta e genuina. Non era un diplomatico né un politico. Era un rivoluzionario nel senso che presentò sé stesso in maniera autentica alla gente, e questi risposero. Chiunque incontrasse veniva ispirato dalla sua presenza. Con il semplice atto di rimanere con il cuore aperto, invitava le persone ad unirsi a lui in quello spazio e con cuore aperto. Parlo di questa storia perché possiamo fare anche noi come fece il Buddha e presentarci in maniera autentica.
Nella mia esperienza ci sono tre step da seguire in questo processo:
1. Guarda te stesso
Una delle parole tibetane che preferisco per “meditazione” (e ce ne sono svariate) è gom, che può anche esser tradotta con “familiarità”. È il concetto per cui, attraverso la semplice pratica di osservazione del respiro e dei pensieri che fluttuano nella mente, si diventa più familiari. Più familiarità si sviluppa con i vari modi in cui ci si incastra con le emozioni, in cui si reagisce con i soliti pattern automatici, in cui la mente ci intrattiene abitualmente, più si sviluppa familiarità con l’essenza di chi siamo davvero.
2. Scopri la tua bontà di base.
Quando diventi consapevole della tua vera essenza, puoi vedere quello che vide il Buddha: che oltre agli strati di confusione e dolore sviluppati nel corso degli anni, c’è un’innata pace. Sei innatamente saggio, buono e forte. Questa è la tua vera natura, quello che nella tradizione Shambhala viene chiamata “bontà di base”. Questa bontà di base è l’esperienza di essere originariamente interi. È questo che sei. E non sei solo tu; tutti posseggono questa stessa natura.
3. Sviluppa la fede in questa bontà.
Una volta che hai scorto di essere fondamentalmente buono, dovresti sviluppare una fede in questo. È facile mollar la presa e ritrovarsi a seguire sussurri interni o esterni che dicono come in realtà non sei buono abbastanza, ma se riesci ad esperire questo senso di integrità primordiale, allora questo può sovrastare qualunque cosa ti venga scagliata contro. Non è un’idea, come l’idea di aver bisogno di un nuovo iPad, ma è una comprensione. Possiamo avere fiducia nella nostra esperienza di bontà di base e continuare a coltivarla sia sul cuscino che fuori.
L’essenza di quello che sei è innatamente amabile. Quando abbandoniamo le costanti critiche che sorgono nelle nostre giornate facciamo esperienza di un senso di pace e calore. Impariamo ad amarci. Il grosso del tempo lo spendiamo a spostarci e pensando “vorrei non averlo detto” o “devo davvero farlo meglio la prossima volta”. Difficilmente ci fermiamo per apprezzare tutto il buono che abbiamo fatto. Troppo raramente celebriamo il nostro potenziale umano.
La bellezza della meditazione Buddhista è che è un semplice strumento per fare proprio questo. Sì, diventiamo più familiari con sanità e follia che imperversano la nostra mente quando meditiamo, ma notiamo anche, a tratti, il nostro essere umani degni di amore. Notiamo che non ci serve affidarci a quel nuovo prodotto, lavoro o addirittura partner per essere interi. Il mio insegnante Buddhista, Sakyong Mipham Rinpoche, scrisse “Il vero amore è l’energia naturale della nostra mente calma”. Attraverso l’allenamento nello stare con qualcosa di semplice come il respiro, si impara a dimorare in sé stessi e a stare con la propria innata capacità di essere consapevoli. All’interno del tuo stato naturale c’è un profondo amore. Questo è quello che ha scoperto il Buddha e questo è quello che potresti scoprire anche tu.
Originale: https://www.elephantjournal.com/2015/09/you-are-worthy-of-love-i-promise/. Traduzione autorizzata da Elephant Journal
© Lodro Rinzler
Traduzione di Niccolò Gorgoni Foto di ©*SusieQ*