
Quando portiamo l’attenzione al corpo, quando apriamo uno spazio di consapevolezza di ciò che ci muove interiormente, si apre, inevitabilmente, una domanda: devo dare o non dare espressione, voce, a quello che sento?
E, soprattutto, quello che sento è una verità comunicabile agli altri? Costruisce o distrugge la mia relazione con gli altri? A volte quello che possiamo dire e comunicare risente fortemente delle passate esperienze, delle situazioni in cui ci siamo sentiti responsabili di aver “rotto” una situazione di equilibrio; contribuito a distruggere un paradiso che adesso ci sembra irrimediabilmente perduto.
La verità è che tutto è soggetto a cambiamento: il piacevole come lo spiacevole. La felicità come il dolore. Se ci è più facile accettarlo per il dolore dobbiamo scendere a patti con il fatto che non sarà diverso per la felicità. Anche quella è soggetta a cambiamento.
La vera domanda a questo punto rimane un’altra: ciò che sento è espressione della mia verità o frutto delle mie difese? Mi porta a crescere o mi mette in una spirale ripetitiva? È il solito disco o è una nota di novità? Purtroppo finiamo per scegliere spesso il solito disco perché, alla fine, la nostra paura più grande è la paura del cambiamento.
La discontinuità con le abitudini del passato è un cambiamento enorme. Gregory Kramer
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2017
Nel fluire si possono trovare le ragioni del cambiamento, ragioni da intendersi con la sensibilità del gatto, forse.
L’acqua non è mai la stessa.
La paura si dipana in uno spettro infinito.
In questo momento mi va di generalizzare dicendo che la paura delle paure sia quella della solitudine. Forse, sempre generalizzo, perché non si è abbastanza centrati. Si è uomini. Per fuggire a questa paura si cercano soluzioni transitorie. Transitoria è la vita dell’uomo.
Eterno, pur nella dimensione temporanea terrena, il ritmo delle maree.
Dello Spirito…un’altra volta…ascoltiamo la notte e la presenza dell’alba dietro l’angolo.