Non possiamo sbagliare se diciamo che il corpo è la nostra casa: senza questa dimora non saremmo qui! Eppure è abbastanza frequente che per cambiare qualcosa nella nostra vita il corpo sia l’ultimo dei luoghi a cui pensiamo di rivolgerci. Come mai?
Identificarsi con la mente
Siamo molto abituati ad identificarci con la mente. Quello che normalmente chiamiamo IO non corrisponde al nostro corpo ma alla nostra mente. Questa identificazione è culturale oltre che personale. Tutta la nostra cultura sostiene questa identificazione almeno da Cartesio in poi. Il suo “cogito ergo sum” è stata la base per lo sviluppo del pensiero scientifico e, per estrapolazione, la base su cui abbiamo appoggiato molte delle nostre convinzioni educative.
Dobbiamo arrivare ad anni molto recenti perché si aprano degli spiragli di dubbio sull’identificazione tra Io e mente.
Nella psicoterapia quando è arrivato il corpo?
Il corpo arriva nella psicologia con Freud. Non dobbiamo dimenticare infatti che Freud collega lo sviluppo evolutivo all’attivazione di specifiche aree corporee: la fase orale, anale, fallica, la fase di latenza e quella genitale comportano l’attivazione di funzioni psico-fisiche. Nel passaggio dalla teoria alla pratica il corpo, nella psicoanalisi, finì per perdere il ruolo centrale diventando una “talking cure” che lasciava il corpo abbandonato sul lettino.
[box] La prima, famosa paziente a parlare di talking cure fu Anna O., al secolo Bertha Pappenheim, in seguito diventata sociologa di qualche rilievo, che chiama la psicoanalisi ‘talking cure’, cioè cura parlata, o cura della parola.[/box]
Quando, attorno alla seconda metà degli anni ’20 del secolo scorso, Wilhelm Reich cercò di ripristinare l’attenzione al corpo i risultati non furono brillanti. Nel 1934 infatti fu espulso dalla Società psicoanalitica viennese e fondò un suo orientamento clinico definito inizialmente Vegetoterapia carattero-analitica e poi Orgonoterapia. Le sorti di Reich però furono molto difficili. Finì in un penitenziario americano per le sue ricerche sull’orgone e qui morì nel 1957. Nel frattempo, alcuni dei suoi allievi americani dettero vita all’approccio della Gestalt (Fritz Perls) e della Bioenergetica (Alexander Lowen)
Il corpo torna a casa
Così l’attenzione al corpo torna ad essere centrale nella psicoterapia bioenergetica. Un’attenzione che non viene accolta favorevolmente nell’ambito psicoanalitico ma che, malgrado le voci avverse, continua a svilupparsi attorno alla figura di Lowen e al lavoro dell’International Institute of Bioenergetic Analysis.
[box] “L’analisi bioenergetica è un approccio che integra il corpo nel processo analitico, perché il corpo è la persona. Qualunque problema presente nella personalità quindi si manifesta sia nell’espressione corporea che nell’espressione psicologica. Questi problemi posso essere individuati in modo accurato a partire proprio dalla motilità del corpo se si è in grado di leggerne il linguaggio. Il corpo inoltre contiene la memoria di ogni esperienza che la persona abbia attraversato, pertanto è possibile leggere la biografia di una persona a partire dalla struttura dinamica del suo corpo. Da un punto di vista teorico possiamo affermare che ogni esperienza vissuta si struttura nel corpo delle persone così come nella loro mente.” Alexander Lowen[/box]
Le basi di questo approccio – mutuato dall’esperienza reichiana – sono semplici:
- spostare l’identificazione dalla mente al corpo;
- lavorare sulla percezione come strumento per modificare i processi mentali;
- la comprensione della personalità, del carattere di una persona è strutturata sulla base di quanta energia ha e di come la utilizza. L’energia disponibile è strettamente in relazione con l’organizzazione muscolare delle difese.
- esiste una identità funzionale tra la mente e il corpo. Ad un livello profondo, corpo e mente sono un’unica realtà: la parola corpo include la mente così come quest’ultima implica l’esistenza di un corpo. Non possono essere separati e non esiste esperienza che non abbia impatto su entrambi. A livello superficiale, il corpo e la mente sono antitetici ed ognuno rappresenta un aspetto differente ed opposto della personalità.
Il corpo diventa scientifico
L’analisi bioenergetica rimane però una voce abbastanza isolata fino a che anche le neuroscienze iniziano ad occuparsi in maniera più diretta dell’influenza dei processi corporei nello sviluppo psichico e mentale. Una figura centrale in questo cambiamento di paradigma fu quella di Francisco Varela con le ricerche sulla percezione enattiva. Nel suo approccio neurofenomenologico il movimento e l’esperienza giocano un ruolo fondamentale nei processi percettivi, affermando così quanto sia fondamentale che cambi la nostra percezione delle cose perché possa avvenire un cambiamento della mente. Ma non fu una voce isolata. Tutte le ricerche neuroscientifiche – dagli anni ’90 in poi – hanno confermato unanimemente il ruolo centrale del corpo nella formazione della mente e nel suo cambiamento. Una strada nuova e antica insieme si è riaperta.
Il corpo nelle pratiche tradizionali
Tanto entusiasmo nei confronti delle conferme scientifiche non deve farci dimenticare che la scienza conferma ciò che la saggezza conosceva da secoli. La capacità di diventare riflessivamente attenti alle sensazioni del corpo e all’esperienze sensoriali è al centro di molte diverse tradizioni, dalla mindfulness all’Hatha Yoga, dal Qigong al Tai Chi, solo per citarne alcuni. Il punto centrale e comune è l’attenzione alla consapevolezza corporea nelle sue diverse componenti. Ma cosa cerchiamo con questa attenzione? Il benessere che viene dall’essere presenti a se stessi e quella migliore capacità di utilizzare le proprie risorse che è sostenuta da una attenzione focalizzata nel qui e ora.
[box] Cerchiamo non flessibilità, bensì apertura, consapevolezza. Possiamo immaginare la consapevolezza come il sole, dove arrivano i suoi raggi scaldano e sciolgono le tensioni, aprono, ovvero creano spazio dove accogliere e abbracciarsi è di nuovo possibile. Mi piace sentire che ci muoviamo alla ricerca dell’equilibrio tra: shtira– ciò che è stabile, forte, radicato e, sukha, – ciò che è morbido, senza tensioni, in agio; due parole pali per dire equilibrio tra effort e surrounding ovvero sforzo e arrendevolezza, grace e gravity o grazia e gravità. Valeria Maggiali[/box]
L’ancoraggio al corpo
Tutti noi siamo attraversati da emozioni, a volte di grande intensità. Cosa fare?Trattenere non serve, scaricare è distruttivo: come essere fedeli a se stessi senza cedere all’aggressività o alla paura?Il primo passo per la regolazione delle emozioni è stabilizzare l’attenzione e per fare questo il corpo, il fluire delle sensazioni fisiche, indipendenti dalla qualità positiva o negativa che possono avere, è centrale. L’ancoraggio può avvenire attraverso la consapevolezza del respiro o delle sensazioni fisiche e apre un nuovo panorama di cura: possiamo stare meglio facendo una pratica corporea anche se non è una psicoterapia. Così tornare a casa non è più solo un semplice riportare l’attenzione al ruolo basilare del corpo nei processi di guarigione ma anche un riconoscere che il lavoro corporeo – che sia una classe di yoga, di tai chi, di bioenergetica o un protocollo mindfulness – ha effetti terapeutici in se e per se.
Inoltre ogni emozione ha una radice corporea e aumentare la consapevolezza del corpo quindi ci può rendere maggiormente in contatto con le proprie emozioni, fornendoci, nello stesso tempo, una base sicura per non lasciarci travolgere dalla loro forza. Questo radicamento nel corpo aiuta sia a mantenere le emozioni che sperimentiamo entro la nostra finestra di tolleranza,che a rendere la nostra finestra di tolleranza più ampia e flessibile.
Torniamo all’inizio
Così torniamo, in qualche modo, da dove eravamo partiti. Il corpo ha finalmente guadagnato un ruolo nelle pratiche di meditazione e di cura così come nella psicoterapia. Possiamo dire che occuparci del corpo cura il corpo e la mente. Dobbiamo riconoscere però che occuparsi del corpo non è neutro ma spesso solleva emozioni e riflessioni che possono aver bisogno di una risonanza empatica e, altre volte, di cura. È necessario quindi una saggezza discriminatoria: a volte abbiamo bisogno di pratiche corporee come lo yoga, il Ci kung o il Tai chi – e sono più che sufficienti per noi – altre volte abbiamo bisogno di cura del corpo – osteopatia, fisioterapia, metodo Feldenkrais e altre tecniche ancora – altre volte abbiamo bisogno di una cura corpo mente: di psicoterapia o di medicina integrata. Saper riconoscere questi diversi bisogni è fondamentale per avere una risposta, che sia adeguata alle nostre necessità.
[box] Il corpo è l’arpa della vostra anima, E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni.Gibran[/box]
© Nicoletta Cinotti 2016
Foto di ©DebsterH