
Quante volte ci sentiamo scarichi, privi di vitalità, anche se non abbiamo fatto cose che giustifichino questa sensazione? E quante volte, invece, dopo una giornata piena di impegni, siamo vitali e felici con una stanchezza che potremmo definire fisiologica?
Il concetto di energia
Nel linguaggio comune il riferimento alla vitalità intesa come energia è molto frequente. E quasi sempre associamo l’energia, alla vitalità e al benessere. Spesso ci lamentiamo della scarsa energia proprio perché lo percepiamo come un detrimento nella qualità della nostra vita. Nello stesso tempo se andiamo dal medico e diciamo che abbiamo poca energia possiamo ricevere il generico consiglio di riposarci un po’ che – sappiamo tutti per esperienza personale – non risolve che limitatamente il nostro problema energetico. Perché?
Diversi tipi di stanchezza
Intanto dobbiamo distinguere tra un livello di stanchezza giustificabile dalle nostre attività quotidiane e una stanchezza che possiamo invece trovare inspiegabile perché presente al risveglio o anche dopo una giornata di riposo. Spesso definiamo quella stanchezza “mentale”. E non abbiamo tutti i torti. Infatti una stanchezza non collegata all’attività fisica è spesso una stanchezza che deriva da una sopraffazione delle modalità automatiche di risposta, modalità che hanno una strutturazione psico-fisica.
Le modalità automatiche di risposta
Queste modalità automatiche hanno la funzione di renderci più efficienti e di farci risparmiare energia. Sono costituiti dai nostri modi abituali di funzionamento e sono diretti tutti ad attività – fisiche o mentali – regolate dalla modalità del fare. Questa modalità è attivata dal nostro rilevatore di discrepanza. Quando troviamo una discrepanza tra la nostra aspettativa e la realtà, iniziamo a fare delle cose che riducano questa discrepanza. Continuiamo ad agire fino a che la discrepanza non si è sanata. Purtroppo molte delle nostre discrepanze non sono riparabili: o perché non dipendono da noi o perché sono più complesse di come sembra. Questo sistema quindi funziona bene per molte cose ma può portarci a dei livelli di attività che, non essendo accompagnati da un risultato e quindi dal riposo successivo, esauriscono le nostre riserve energetiche. In queste attività il modello classico di “attività + risultato = riposo“non può funzionare e se non siamo consapevoli possiamo andare avanti all’infinito perché non riceviamo il segnale di STOP che identifichiamo con il raggiungimento del risultato. Questa è una delle prima cause della sensazione di esaurimento.Ma non l’unica.
La fatica emotiva
Quando emergono delle emozioni attiviamo anche – indipendentemente dalla nostra consapevolezza – degli schemi di risposta muscolare. Questo perché ad ogni emozione corrisponde una risposta fisica. Se esprimiamo la nostra emozione ci troviamo nella situazione del nostro pattinatore qui a fianco. L’emozione dà una carica, che si esprime attraverso l’energia cinetica che permette di arrivare sull’altra sponda ed essere quindi pronti ad un’altra emozione. Ma noi non possiamo e non vogliamo esprimere tutte le nostre emozioni. In parte per buoni motivi, in parte perché siamo emotivamente bloccati e un po’ nevrotici. Le emozioni non espresse ci mettono nella condizione di rimanere in una situazione di energia potenziale. Cosa significa? Significa che il corpo si attiva per il movimento ma il movimento non avviene. Se prima o poi ci esprimiamo emotivamente – cioè se ci buttiamo con la skate – il problema è risolto. Al massimo sommiamo le due cariche emotive e rispondiamo più emotivamente del necessario. Ma se esprimiamo poco o quasi nulla ci costringiamo a rimanere a lungo nella posizione di energia potenziale del ragazzo qui accanto: una situazione decisamente faticosa e paradossale che prima o poi deve terminare.
Molta della nostra stanchezza è di questo tipo e non è una stanchezza che passa attraverso il riposo. Anzi. Stiamo molto meglio se, in queste situazioni, facciamo un’attività fisica, corriamo, nuotiamo, giochiamo a calcio o a tennis. Perché, in questo modo, direzioniamo l’energia potenziale rimasta nel corpo. Ovviamente la espressione fisica non compensa la mancanza di espressione emotiva che richiede un’attività più direzionata e rivolta alle emozioni. In questi casi dobbiamo trovare un’attività che ci permetta di raccogliere il filo delle emozioni inespresse e possiamo farlo attraverso la classe d’esercizi o la psicoterapia
Perché la bioenergetica
L’analisi bioenergetica può essere una buona risposta perché permette che ci sia l’analisi verbale ma anche l’espressione corporea delle emozioni, cogliendo così la realtà della nostra esperienza energetica. Parlare, se non è davvero espressivo, non ci dà una sensazione di recupero energetico ma, anzi, può rafforzare la sensazione di scaricarci. Questo è legato all’altro aspetto delle modalità automatiche di risposta. In bioenergetica infatti ad una modalità di funzionamento fisico corrisponde una modalità di funzionamento mentale, quella che Wilhelm Reich chiamava identità funzionale mente-corpo.
Schematicamente possiamo immaginare l’energia espressa da una freccia che parte dal punto centrale in basso, dà una spinta all’azione. Se percepiamo questo impulso come non adeguato avviene un blocco che, dal punto di vista fisico corrisponde al blocco muscolare che ci lascia alla partenza e dal punto di vista mentale si traduce con una modalità automatica di risposta. Queste modalità automatiche di risposta sono espresse dai nostri pensieri ripetitivi ed automatici, che danno a ciò che ci accade una risposta preconfezionata. Attribuiamo il “solito significato” se andare a verificare se le cose, nel presente della nostra vita, sono proprio così.
Spesso la nostra stanchezza dipende anche proprio da questa sensazione che si ripetano sempre le stesse difficoltà, senza renderci conto che frequentemente questo dipende da ciò che sta nella nostra mente e nelle nostre modalità automatiche di risposta, più che dagli stimoli che la vita ci offre.
A conferma di ciò questa stanchezza può svanire improvvisamente difronte ad uno stimolo nuovo che riattiva la nostra creatività e il piacere di vivere. Perché questo accada non abbiamo bisogno che cambi “la nostra vita”, possiamo cambiare il nostro modo di viverla! In poche parole – parafrasando Lowen – possiamo cambiare il corpo perchè cambi anche la mente!
a cura di ©Nicoletta Cinotti
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