
La sensazione di essere fuori casa è una sensazione ricorrente. A volte dà forma ai nostri sogni: sogni in cui rincorriamo, vanamente, il ritorno. Oppure l’arrivo ad un appuntamento che ci sfugge. Sogni in cui cerchiamo, tra prove ed errori, la stanza giusta, la porta giusta, il luogo giusto.
Altre volte attribuiamo questa sensazione di disorientamento, o di estraneità, al fatto che passiamo molte ore fuori casa, per lavoro. Come se, indipendentemente da dove lavoriamo, uscire di casa fosse iniziare una specie di trasferta. Che ci allontana dalla sicurezza della familiarità.
È una sensazione delicata e sottile eppure così profonda da lasciare un vago senso di inquietudine. È una sensazione preziosa: preziosa perché può far attivare i nostri sistemi difensivi. Preziosa perché ci rivolge un invito “torna a casa“. Non è l’invito a rinchiuderci, non è l’invito a tornare sui nostri passi: è l’invito a tornare in contatto con quella dimora natia che è il nostro sé più profondo, la nostra mente originaria. Il luogo in cui siamo noi stessi, indipendentemente da dove ci troviamo all’esterno.
Cerchiamo questa casa sempre, perché molto spesso perdiamo la direzione del ritorno. Nello stesso tempo ci torniamo infinite volte ed ogni volta, apre spazio ad un reale senso di pace e sicurezza. Una sicurezza che non nasce dalle nostre difese ma nasce dal nostro radicarci in noi per vivere l’incertezza – il groundlessness – della vita.
Quando torni a casa fanne memoria: basta dirti Benvenuto.
Se rappresentiamo la conoscenza come un albero, noi sappiamo che le cose che sono divise sono anche connesse. Noi sappiamo che osservare le divisioni e ignorare le connessioni significa distruggere l’albero. Wendell Berry
Pratica di mindfulness. La meditazione del lago (Vuoi praticare con i miei file audio senza pubblicità? Scarica https://brave.com/it/ e non ci sarà più pubblicità!)
© Nicoletta Cinotti 2023 Tornare a Casa. Giornata di pratica in presenza a Genova
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